L’autunno caldo del Movimento. Che rischia di restare polvere (di Cinque Stelle)

Beppe Grillo per descrivere Giuseppe Conte citerebbe volentieri Robert Musil. “L’uomo senza qualità”. Lo ha sopportato malvolentieri in questi anni. Fra una battuta e una frecciata. Ma l’ha lasciato fare. Era un’era geologica fa, l’estate del 2021, e le strade parevano dividersi, con il primo, plateale, scontro. E invece il Conte senza “visione politica” e “capacità manageriali”, il Conte “incapace” restò guida con la mediazione di Luigi Di Maio e Roberto Fico. Lo fece restare il fondatore, per far contento il partito ma anche per proprio interesse. Che nel tempo ha preso la forma, anche, di un contratto da consulente per la comunicazione. Un contratto con cinque zeri. Due leader incompatibili e poche alternative Convivenza mal digerita sin da subito ma che il risultato confortante delle elezioni politiche, con un movimento che resisteva sopra il 15%, mantenne in vita. Il tonfo delle elezioni europee ha riaperto tutte le distanze “ha preso più voti Berlusconi da morto che Conte da vivo” la fulminante battuta del’ex comico che, dopo la morte di Casaleggio, dopo le scissioni dimaiane, l’addio del figlio del cofondatore e dalla piattaforma Rousseau, sempre più lontano e meno in contatto con i parlamentari ,ha visto la sua creatura diventare, di deroga in deroga, “il partito di Conte”. I due sono e restano incompatibili: culturalmente e caratterialmente. E non solo. Soprattutto hanno idee differenti su quello che dovrebbe essere il futuro del Movimento 5 Stelle. Il comico e l’avvocato se lo sono detti a chiare lettere con uno scambio epistolare poco contemporaneo, rancoroso e piccato, ma anche affettato. Il fondatore patriarca vorrebbe un movimento meno partito, più radicale e battagliero, pronto a sfidare il Pd quando serve. Il presidente invece vuole un quasi partito progressista ma moderato, impegnato sui temi sociali, che sappia parlare ai mondi cattolici e che dialoghi con l’establishment. In realtà entrambi vogliono un Movimento a propria immagine e somiglianza. E gli altri? Le figure più rappresentative del Movimento 5 Stelle sono ormai poche. Azzoppate dall’unica regola mai derogata, il limite dei mandati, o scappate in molti altrove . Ballerini in una cristalleria, impegnati più a non urtare né Conte né Grillo resta qualche veterano, di quelli che in potenza potrebbero fare la differenza, tipo Chiara Appendino o Roberto Fico. E poi Virginia Raggi, raccontata da molti come la “prediletta” di Grillo, apologeta della linea movimentista, che pure si è spesa più per Schierarsi che per il M5s negli ultimi mesi. Una timida Costituente per ripartire Il risultato di questo scenario è quello di un Movimento in saldo alle Europee. Al 9,99%. Mai così in basso in un’elezione nazionale. Eppure Conte ha abbozzato. Prima ha timidamente ammesso una sconfitta. Poi ha dilatato i tempi della reazione. Quindi il rilancio, annunciando una Costituente. Prima per settembre, poi per il 4 ottobre, mitologica data di fondazione del Movimento che scelse San Francesco come icona pauperista, quindi per la fine dello stesso mese di ottobre. Forse. Per la Costituente Conte ha in mente un nuovo formato. Che pare più un’operazione di marketing. Il brand si chiama ‘democrazia partecipativa’. Per lucidarlo un contratto con una società che si occupa di public debate. La stessa che ha seguito Tav e Gronda. Tanto per dare un esempio di cosa sia il contrappasso. Politico si intende. Per parlare con i giovani poi l’idea di coinvolgere anche i quattordicenni. E il gruppo dirigente? Farà da contorno, per non influenzare i partecipanti. Insomma la politica fa un passo indietro. Conte punta sul metodo. E il merito? Poi si vedrà. “Decideranno gli iscritti”, ripete. E lo faranno su tutto. Pare un rilancio timido, per gestire le bizze di Grillo. E su cui aleggia la grande incognita del numero dei votanti, del quorum, di regole e commi da “statuto seicentesco” sempre per citare Grillo. Il terzo mandato Il presidente pentastellato vuole sterilizzare il patriarca. E usa le sue stesse armi: prima la partecipazione, poi tutto il resto. Uno schiaffo, che però non è gradito neanche al corpaccione del Movimento. Dai gruppi parlamentari ai territori. Perché se conta solo il metodo significa che le persone – eccetto lo stesso Conte – sono meno importanti. Convitato di pietra resta il terzo mandato. Uno spauracchio. Per Conte e per Grillo. Il fondatore consulente non lo vuole. Ne fa tema di principio e non solo. E comunque i nomi che avrebbe in testa stanno sulle dita di una mano sola. L’ex inquilino di Palazzo Chigi lo teme, perché potrebbe permettere la maturazione di una classe dirigente, magari antagonista. Ma ora è costretto a metterlo sul piatto, più per “i suoi” gruppi parlamentari che per le colonne del Movimento che fu. Fra Grillo e i “suoi parlamentari” l’avvocato sceglie i secondi. “Si muore un po’ per poter vivere”, cantava Caterina Caselli. Insomma “Arrivederci amore, ciao”. O chissà.