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Albo professionale per prostitute, la proposta di legge in Veneto

Politica
La proposta contiene anche norme contro lo sfruttamento (archivio Fotogramma)

La norma prevede un elenco comunale che consenta di registrare l'attività e pagare le tasse tramite l'emissione di fattura. Sarebbe tutelata la privacy dei clienti

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Il Veneto si ispira ad Amsterdam: la quinta commissione dell'assemblea regionale ha iniziato infatti a esaminare la proposta di legge che vorrebbe istituire in ogni Comune un albo delle prostitute. È stata presentata dal consigliere Alberto Guadagnini: l'esponente indipendentista di “Siamo Veneto” punta a trasformare le lucciole in lavoratrici autonome, anche associate tra di loro.

Come funziona l'albo

L'obiettivo della norma è far uscire le prostitute dalla zona grigia dello sfruttamento di strada per farne delle imprenditrici a tutti gli effetti con il diritto di ricevere un giusto compenso e il dovere di emettere regolare fattura. Dunque contribuenti non dissimili dalle altre categorie professionali, tenute al pagamento delle spese sanitarie, previdenziali e soprattutto fiscali. Il testo in discussione prevede, in particolare, che ogni Comune istituisca uno specifico albo, curato da un ufficio creato ad hoc, in cui verrebbero indicate le generalità complete delle prostitute. È contemplata la possibilità di cancellare il proprio nome dall'elenco in caso di cessazione dell'attività. Per le prostitute che non accettassero di mettere nero su bianco il proprio nome e il lavoro svolto viene ipotizzata una sanzione pecuniaria da 5mila a 50mila euro. Il nome dei clienti resterebbe top-secret: le prostitute, recita l'articolo 2 della proposta, sarebbero tenute al “rispetto del diritto alla riservatezza degli interessati”.

Nuove norme contro lo sfruttamento

Guadagnini punta a rivoluzionare il trattamento della prostituzione in sede penale, con la modifica dell'articolo del codice che riguarda chi si macchia di reati legati alla prostituzione minorile, inasprendo le pene previste da 10 anni all'ergastolo e le multe da 50mila a 500mila euro. “Era il 20 settembre 1958 quando venne istituita la legge che chiuse definitivamente le case di tolleranza, nei fatti bandendo la prostituzione - ha sottolineato il consigliere veneto - nonostante questo, oggi lavorano in Italia oltre 70mila donne”. Quasi la metà, secondo i dati della commissione Affari sociali della Camera, sono immigrate, 2mila sono le minorenni e altrettante le ragazze ridotte in schiavitù e costrette a vendersi. Le attuali norme, rileva Guadagnini, non sono riuscite “a debellare il fenomeno, anzi: è dilagato in strada” e le case chiuse di un tempo “si sono trasformate in appartamenti, stanze d'albergo, automobili”. “Chiunque - accusa Guadagnini - può trovare ragazze disponibili sul web, nei giornali o in certe discoteche” perché la legge “ha ottenuto risultati opposti a quelli voluti”. Alla fine si è arrivati all'"effetto struzzo": “Il fenomeno è dilagato, ma noi mettiamo la testa sotto la sabbia per non vederlo”.