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Moscovici, quattro chiacchiere con il commissario postino

Politica

Massimo Leoni

"Seguire le regole conviene innanzitutto agli italiani. Non credo che il vostro governo pensi di uscire dall'Europa. Sarebbe una scelta disastrosa". Così disse l'uomo dei conti europei

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Un portalettere di grande autorevolezza, Pierre Moscovici. La posta per il governo italiano era di quelle pesanti. La lettera della commissione, durissima, doveva essere ammorbidita dallo charme francese. Il disaccordo è profondo e resta, nonostante le parole vellutate tra Tria e il commissario, una enorme distanza. La risposta del governo è attesa per lunedì, entro le 12. La commissione dovrebbe rispondere già nelle successive 24 ore. Ci si aspetta che nulla cambi. Anche il pur moderato ministro dell’economia ha ribadito che i saldi non muteranno, mentre la commissione sottolinea che sono quelli il problema. Tria dice che il governo vuole convincerà la commissione spiegando le riforme strutturali che l’esecutivo ha in programma e il loro impatto sull’economia. La commissione non crede affatto che sia quello il problema. E comunque ci crede poco.

Pierre Moscovici ha accettato di fare una chiacchierata con noi, tra un impegno romano e l’altro. Cominciamo dalla ferita aperta. Lo spread sale ancora, forse spinto anche dai toni ultimativi della famosa lettera. Potevano essere più soft? La commissione è lì per calmare le acque, risolvere i problemi, ci dice Moscovici. La lettera non ha nessun tono. È precisa, tecnica, solleva punti precisi. Sollecita risposte che favoriscano sì la crescita ma riducano il debito. Con il vostro debito, il deficit strutturale è troppo alto. Non è mai il termometro che fa salire la febbre.

Lui è convinto che la manovra del popolo farà male al popolo. “alla fine un debito va rimborsato e a rimborsarlo saranno gli uomini e le donne di quel paese. Il debito italiano è 37mila euro pro-capite. E perché questo debito venga tenuto sotto controllo è necessario tenerlo sotto il 130% e aumentare gli sforzi per ridurlo.

L’Italia è “too big to fail”? Può ricattare l’Europa, per questo? Nessun ricatto, secondo il commissario. E snocciola numeri: “La flessibilità concessa all’Italia da questa commissione è stata già di 30 miliardi. Il fondo strutturale europeo è di 44 miliardi, in gran parte per il Mezzogiorno. Poi c’è il piano Junker, 5 miliardi di euro per l’Italia. Quindi, l’Europa è tutt’altro che un problema per per il vostro paese. Quello che stiamo facendo con voi non è diverso da quello che facciamo con gli altri: non esiste un ‘caso Italia’ o una volontà di scontro da parte della commissione. Semplicemente le stesse regole, che valgono per tutti.

L’ultima cosa che gli chiedo è più strettamente politica. Gli chiedo, cioè, se pensa che l’obiettivo del governo italiano posso essere quello di far dissolvere l’Unione Europea e l’eurozona. E se la commissione, in realtà, non stia lavorando, parlando e agendo per far cadere un governo scomodo. Sulla commissione: “Al Barleymont c’è di tutto: c’è gente di sinistra, di destra e di centro. Ma non siamo lì per esprimere le nostre idee. Non spetta a noi intervenire nella politica italiana. Gli italiani scelgono i loro governanti: che ci piacciano oppure no, non è un problema nostro. Tria, Salvini, Di Maio: rispettiamo la loro legittimità” E sulle intenzioni del governo italiano? “Non posso assolutamente immaginare che voglia uscire o distruggere l’Europa dall’Europa perché sarebbe disastroso per il popolo italiano il cui interesse è invece di rimanere centrale in Europa”

Il commissario mi consegna, alla fine, una profezia: “A quelli che pensano che la commissione sarà distrutta e il percorso comunitario stravolto dico chiaramente: sarete smentiti. L’Europa resisterà e sopravvivrà alle destre estreme”.

Moscovici dixit.

 

Consigli per l’ascolto: “Love Letters in the Sand”, Pat Boone