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Palazzo Grazioli, il centrodestra e la realtà

Politica

Massimo Leoni

La riunione a palazzo, come qualche mese fa. Gli stessi protagonisti: Berlusconi, Salvini, Meloni. Un comunicato unitario. Come non fosse cambiato nulla. E invece

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Torna il Centrodestra. Cioè, tornano le riunioni del Centrodestra. Tutto è fatto con grande attenzione e assoluto rispetto della tradizione. Quel rispetto serve dare credibilità. Come la tradizione serve a resistere al tempo e a quello che dentro al tempo accade. Bisogna mostrare luoghi familiari e, a loro modo, storici. Ed ecco palazzo Grazioli. Bisogna che si mostri, e che parli – dopo un bel po’ di tempo – l’uomo simbolo del centrodestra da quando il centrodestra esiste in Italia. Ed ecco Silvio Berlusconi o uno che gli somiglia molto, moltissimo. Anche se è quasi impossibile dire se è più giovane o più vecchio del Silvio che ricordiamo e altrettanto difficile è capire dove guardino esattamente i suoi occhi. E sembra proprio tutto vero, quando Salvini e Giorgetti entrano a palazzo per l’ennesima volta. Quando entra Giorgia Meloni. Contenta di varcare quella soglia ancora una volta e ancora una volta aprire Atreju, festa inventata dalla giovane per i giovani di An tanto tempo fa. Dove Giorgia intervistava Silvio al culmine della popolarità e del potere. Birichina e ammirata nello stesso tempo. Giovane, appunto.

Insomma sembra proprio che il centrodestra esista. Perché esistono le riunioni. Perché esistono Berlusconi Salvini e Meloni, perché esiste palazzo Grazioli. Perché esiste il comunicato unitario alla fine della riunione. Perché esistono le parole del Presidente Silvio, che dicono di un governo pentaleghista come di un noioso accidente, uno scherzo che gli italiani hanno voluto fare a se stessi. Una parentesi che il centrodestra – nelle parole del Presidente – si augura si chiuda presto, a costo di danni enormi e in parte già evidenti.

In Forza Italia, per accelerare il processo, parlano della necessità di una “moderazione più attiva, non solo attendista”. Dicono che Tajani è finalmente “il collante, il motivatore che ci vuole”. E non vogliono nemmeno sentir parlare di un’alleanza repubblicana, europeista, magari col Pd, alle europee. “Siamo più di centrodestra che anti populisti”, mi confida un azzurro che ha esperienza e mente raffinata. Intanto si va con candidati comuni alle regionali.

Eppure, qualcosa non quadra. Perché, almeno per ora, la Lega prende tutto. Anche quello che sembrava impossibile o contro natura per i “moderati attivi”: Foa sarà presidente della Rai, per esempio. E, fatto mai abbastanza sottolineato, i sempre attivi moderati hanno votato pro Orbàn al parlamento europeo. Con Orbàn. In dissenso dagli amici del Ppe. Con la Lega.

A rafforzare l’idea che qualcosa non quadra, nel centrodestra che esce dal teatro di palazzo Grazioli, sono le parole di Giancarlo Giorgetti: “A livello nazionale resta l’accordo con il Movimento Cinquestelle per realizzare il programma di governo nei prossimi cinque anni, a partire dalla manovra economica”. Questo secondo Giorgetti e la Lega è quello che accade. Nel tempo. Dentro al tempo. Fuori da palazzo Grazioli.

 

Consigli per l’ascolto: “Send in the Clowns”, Frank Sinatra