Jobs Act, oggi la decisione della Consulta sul referendum

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La Corte costituzionale è chiamata a esprimersi sull'ammissibilità dei tre quesiti proposti dalla Cgil, che riguardano articolo 18, voucher e responsabilità in solido tra committente e appaltatore in caso di violazioni nei confronti del lavoratore. LA SCHEDA

Dovrebbe arrivare nel pomeriggio la decisione della Consulta sui referendum sul Jobs Act, proposti dalla Cgil. La Corte, che prima di ritirarsi in camera di consiglio ha sentito a porte chiuse gli avvocati del sindacato e l’avvocato dello Stato, deve stabilire soprattutto se i tre quesiti hanno i requisiti di univocità e omogeneità. I giudici, quindi, questa volta non sono chiamati a valutare la legittimità di una norma (come, ad esempio, faranno il 24 gennaio con l’Italicum), ma dei quesiti referendari.

I tre quesiti - Le firme raccolte dalla Cgil per proporre il referendum sono state 3 milioni. Il primo quesito punta ad abrogare le modifiche apportate dal Jobs Act all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ripristinando le tutele per chi subisce un licenziamento illegittimo. Il secondo quesito chiede di abolire i voucher, i buoni lavoro da 10 euro l’ora per le prestazioni accessorie che il Jobs Act ha esteso ai redditi fino a 7mila euro. Il terzo riguarda il settore appalti e vuole reintrodurre la responsabilità in solido tra committente e appaltatore, senza deroghe, in caso di violazioni sul lavoratore.

La Corte spaccata sull’art. 18 - Per gli ultimi due quesiti il via libera della Consulta sembra più scontato. Per quello sull’articolo 18, invece, no Corte sarebbe spaccata. Una parte dei giudici ritiene, come l'Avvocatura dello Stato, che il quesito sia "manipolativo" perché non si limita ad abrogare una norma, ma punta a riscriverla (estendendo i limiti al licenziamento previsti sopra i 15 dipendenti a tutte le aziende che ne hanno più di 5). Un'altra parte ha una posizione diversa e ricorda come un referendum sull'art. 18 che estendeva le tutele a tutte le imprese fu vagliato dalla Consulta nel 2003 e fu ammesso, anche se poi quando fu sottoposto agli elettori non raggiunse il quorum. Altri giudici, poi, sarebbero ancora indecisi.

La decisione di 13 giudici - In questo momento, dopo le dimissioni di Giuseppe Frigo, il collegio della Consulta è formato da 14 giudici. Poteva verificarsi, quindi, un pareggio: in quel caso il voto del presidente sarebbe stato calcolato doppio. Eventualità che, però, non si verificherà: i membri costituzionali presenti oggi alla Consulta sono 13, manca il giudice Alessandro Criscuolo.

Le ricadute politiche - La decisione della Consulta sui referendum sul Jobs Act potrebbe avere una ricaduta politica. Sarà letta, a seconda dei casi, come un giudizio sulle politiche renziane, come un anticipo di quello che avverrà tra due settimane con la decisione sull'Italicum e, soprattutto, potrà rendere più o meno probabile il ricorso a elezioni anticipate, che una parte del sistema istituzionale vuole evitare e una parte del sistema politico tiene come carta nel cassetto. Un via libera al quesito sull'art.18, probabilmente, renderebbe molto più concreta una battaglia per il voto anticipato a giugno che punti a evitare la pericolosa consultazione referendaria, il cui esito rischierebbe di impattare sul governo, ma anche sul Pd di Renzi, già reduce dalla débacle del referendum costituzionale di dicembre. Se si andasse alle urne, invece, il referendum sul Jobs Act slitterebbe, per legge, di un anno.

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