In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Mafia, infiltrazioni in due Comuni nel Messinese: 7 arresti

Sicilia

Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare ci sono anche il sindaco e la vicesindaca di Moio Alcantara e l’ex assessore ai Lavori Pubblici di Malvagna

Il tuo browser non supporta HTML5

Condividi:

I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti sette persone indagate associazione mafiosa e per reati contro la pubblica amministrazione. Le indagini hanno riguardato l'infiltrazione mafiosa ed il condizionamento di Cosa Nostra nelle amministrazioni comunali dei due paesi della fascia ionica del Messinese.

Le ordinanze di custodia cautelare

Tra i destinatari del provvedimento cautelare, emesso dal gip di Messina su richiesta della Dda della procura della Città dello Stretto, ci sono il sindaco e la vicesindaca di Moio Alcantara e l'ex assessore ai Lavori pubblici di Malvagna. Ai domiciliari è stato posto un imprenditore di Santa Teresa Riva, mentre in carcere è stato condotto il titolare di una ditta edile della provincia di Catania. 

Le accuse

Secondo l'accusa "il sindaco di Moio Alcantara" accettava "denaro o la promessa di averne" e, inoltre, "favoriva vendite di materiale edile da parte di una società in cui vantava cointeressenze, turbando la procedura di gara relativa al recupero del tessuto urbano locale, a favore di un imprenditore di Santa Teresa Riva". L'ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Malvagna, in carica fino all'ottobre del 2020, è accusato di avere, "abusando della sua qualità e dei suoi poteri", indotto "il rappresentante di una ditta edile di Barcellona Pozzo di Gotto, aggiudicataria di lavori pubblici, a rifornirsi di materiale edile da una ditta di Randazzo, per agevolare l'associazione mafiosa" in cambio di "una dazione corruttiva".

Le indagini

I finanzieri di Messina, oltre a basarsi su attività tipiche di polizia giudiziaria, come intercettazioni, rilevamenti, pedinamenti, perquisizioni e sequestri, si sono anche avvalsi del contributo fornito da un importante collaboratore di giustizia. Le indagini, eseguite su delega della Dda dal Gico delle Fiamme Gialle di Messina, spiega la procura, "hanno consentito di far luce sull'operatività criminale di una cellula decisionale e operativa mafiosa del tutto autonoma rispetto alle articolazioni di Cosa Nostra catanese che, in passato, gestivano gli affari mafiosi anche nel territorio della valle dell'Alcantara" e che, secondo l'accusa, è "risultata in grado di ingerirsi, condizionandole, nelle dinamiche elettorali e politiche dei due Comuni, oltre che nella relativa gestione dell'attività amministrativa, attraverso l'infiltrazione di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili alla stessa struttura criminale". E cambia il 'modus operandi' della mafia perché, scrive il giudice, "sfrutta la fama criminale ormai consolidata e non abbisogna di manifestazioni esteriori di violenza per intessere relazioni con la politica, le istituzioni, le attività economiche, al fine di imporre il proprio silente condizionamento".

Il modus operandi

Il gruppo indagato avrebbe fatto pervenire al sindaco di Moio quelle che per l'accusa erano "inequivoche sollecitazioni, cui aderiva, affinché interessasse gli amministratori comunali di altri distinti enti locali a bloccare, o sbloccare, indebitamente, procedure esecutive: comportamenti ritenuti sintomatici di una 'patente subordinazione del sindaco'". Dello stesso tenore è ritenuta "la disponibilità offerta alla cellula indagata dall'ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Malvagna" che, contesta la Procura, "si adoperava per l'assegnazione di appalti di lavori a ditte vicine, anche mediante il compimento di reati di corruzione e contro la pubblica amministrazione". "La corruzione, secondo ipotesi d'indagine e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato - sottolinea la procura di Messina - è risultata il collante dell'operatività generale dell'indagine". 

I ruoli

Avrebbe dato disposizioni dal carcere al padre e alla sorella per gli 'affari di famiglia': è l'accusa contestata dalla procura messinese a Carmelo Pennisi, ritenuto esponente di spicco del clan mafioso Cintorino, tra i destinatari delle sette ordinanze cautelari. Gli ordini su appalti da gestire, ricostruisce l'accusa, sarebbero divenuti esecutivi e operativi tramite suo padre Giuseppe e, soprattutto, la sorella Clelia, che è la vicesindaca di Moio Alcantara: queste ultime due persone sono entrambe destinatarie della custodia cautelare in carcere. I due sono stati arrestati, come il sindaco del paese del Messinese, Bruno Pennisi, solo omonimo della sua vice, e l'ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Malvagna, Luca Giuseppe Orlando. Carmelo Perrisi, a quanto ricostruito dalla procura cittatina, avrebbe dato disposizioni ai suoi sodali per prendere contatti con ditte appaltatrici di lavori assegnati dai due enti locali di Moio e Malvagna, anche garantendo sostegno ai candidati in occasione del rinnovo dei rispettivi consigli comunali.