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Blitz antimafia, arrestato il reggente di Cosa nostra a Caltanissetta

Sicilia

Le indagini hanno permesso di accertare che, approfittando del vuoto di potere creato dalle operazioni antimafia, in città era nato un nuovo gruppo legato a Cosa nostra che si autofinanziava con spaccio di droga ed estorsioni. In manette altre sei persone

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Sette persone sono state arrestate nel corso di una vasta operazione antimafia della polizia a Caltanissetta, dove gli agenti della Squadra Mobile hanno eseguito anche alcune perquisizioni nei confronti degli indagati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa dedita alla commissione di estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti. Secondo l'inchiesta, denominata 'Bella vita' e coordinata dalla Dda di Caltanissetta, Approfittando del vuoto di potere creato dalle operazioni antimafia, a Caltanissetta era nato un nuovo gruppo legato a Cosa nostra che si autofinanziava con spaccio di droga ed estorsioni.

Arrestato il reggente

Tra i sette arrestati, figura anche il 43enne C. B., indicato come l'attuale reggente di Cosa nostra a Caltanissetta. Secondo l'accusa, impartiva ordini da boss 'tradizionale', con i 'pizzini', che ingoiava dopo averli letti per non lasciare traccia, e garantendo l'assistenza ai detenuti e ai loro familiari, ma anche dure rappresaglie ai danni di chi non rispettava le regole o non pagava, oltre a mediare i contrasti. Una svolta nel lavoro della polizia è arrivata dopo la notifica di un avviso di conclusione indagini in un'inchiesta per droga. Il quell'occasione, a conferma del suo ruolo di vertice, C. B. si sarebbe preoccupato di fare accantonare del denaro necessario al suo mantenimento in caso di arresto.

Le indagini

La squadra mobile di Caltanissetta, che nelle indagini si è avvalsa di intercettazioni video e audio, ha anche registrato lo stupore del capomafia, che si è ritrovato indagato nonostante le accortezze impiegate, come spostarsi per chilometri per parlare di persona con i suoi sodali. Tra i suoi obiettivi economici i settori della compravendita immobiliare, dei lavori di edilizia, dopo essersi già inserito in quello della vendita di autovetture, per assicurarsi canali di investimento per il riciclaggio dei proventi delle attività illecite e ottenere così guadagni in nero da destinare anche al mantenimento delle famiglie dei carcerati. Tutta l'indagine è basata su tecniche tradizionali come intercettazioni e pedinamenti, mentre le vittime delle estorsioni non hanno collaborato, viene riferito. Oggi, durante il blitz, la polizia ha anche sequestrato 36.000 euro in contanti e un chilogrammo di cocaina.

I commenti

"Una delle cose che ci ha colpito nel corso dell'operazione è che i commercianti quando venivano avvicinati per pagare il pizzo divenivano accondiscendenti nel momento in cui veniva detto loro che i soldi servivano per mantenere i detenuti in carcere”, ha detto l'ex capo della squadra mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, che ha condotto le indagini dell'operazione. "Ci sono sei o sette ipotesi di estorsione - ha spiegato il Pm della Dda di Caltanissetta, Pasquale Pacifico - ma pensiamo che il fenomeno sia un po' più ampio di quello che è emerso. Spaziavano dall'imprenditore edile alla ristorazione. Gli importi richiesti agli imprenditori non erano eccessivi ma costanti, parliamo di centinaia di euro al mese. C'è stato anche un tentativo di entrare in una di queste attività alle loro condizioni. Stiamo vagliando le posizioni di alcuni di questi imprenditori”.

"Dopo tanti anni riprendiamo a parlare di mafia a Caltanissetta. Forse a qualcuno sembrava fosse un porto franco, invece non è così. Ci sono personaggi che hanno ripristinato quello che era un vero e proprio ordine mafioso, con un principio di mutua assistenza tra i sodali in libertà e quelli ancora in carcere”, ha commentato invece il procuratore facente funzioni di Caltanissetta, Gabriele Paci.