Gli investigatori hanno utilizzato intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese e hanno esaminato i flussi finanziari degli indagati
La guardia di finanza di Palermo ha eseguito cinque misure cautelari e sequestrato beni per 500mila euro ai componenti di un'organizzazione criminale accusati di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio. Uno è finito in carcere, tre ai domiciliari e uno ha il divieto di dimora nel territorio del capoluogo siciliano. Il provvedimento è stato emesso dal gip di Palermo. Il capo era Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano. Era lui a gestire la banda di usurai che per anni ha prestato denaro a tassi che arrivavano al 140% a decine di vittime: imprenditori, professionisti, antiquari e nomi eccellenti dello spettacolo come il conduttore Marco Baldini.
Le indagini
Gli investigatori hanno utilizzato intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese e hanno esaminato i flussi finanziari degli indagati. Cillari è finito in carcere, ai domiciliari il figlio Gabriele, che riciclava i soldi sporchi intascati con l'usura investendo in un locale alla moda nel quartiere Capo, a pochi metri dal palazzo di giustizia di Palermo. Il ristorante, "L'Acerba", è stato sequestrato. Dell'organizzazione facevano parte anche Matteo Reina e Giovanni Cannatella, anche loro finiti ai domiciliari e Achille Cuccia che ha avuto il divieto di dimora a Palermo. La banda operava tra Palermo e Roma. Cillari era di casa nella Capitale come risulta dalle intercettazioni delle drammatiche conversazioni con il conduttore radio Baldini che, tra il 2017 e il 2018, era finito nella rete degli strozzini. "Com'è finita Marco co 'sti soldi? Manco una lira", gli diceva Cillari, non sapendo di essere intercettato. "Domani ci vediamo, stai tranquillo", rispondeva Baldini. Ma il debito non veniva saldato e l'usuraio continuava a incalzare la vittima. "Venerdì vengo a Roma e ci resto fino a venerdì", aggiungeva Cillari con tono minaccioso. Secondo quanto accertato, l'organizzazione criminale, a partire dal 2016, avrebbe erogato prestiti con l'applicazione di tassi di interesse di tipo usurario nei confronti di decine di persone per un ammontare complessivo di circa 150mila euro.
Gli altri indagati
Altri indagati avrebbero agito a vario titolo come intermediari, entrando in contatto con le vittime, proponendo "piani di rientro" e invitando i debitori a rispettare la scadenza delle rate concordate. A spingere le vittime a rivolgersi alla banda è stato il grave stato di bisogno, aggravato dal lockdown causato dall'emergenza Covid. Ed è stato scoperto, inoltre, un sistema professionale basato sul rilascio di assegni postdatati utilizzati a garanzia dei prestiti erogati e su dazioni in contanti, prive di qualunque tipo di tracciabilità, con l'obiettivo di "schermare" i passaggi di denaro.
Le parole del gen. Quintavalle (Guardia di finanza)
"L'operazione dimostra il costante interesse delle organizzazioni criminali ad inquinare il tessuto economico legale mediante l'utilizzo di capitali illeciti. L'attività di usura degli indagati si è intensificata durante il periodo del primo lockdown causato dall'emergenza pandemica, sfruttando senza scrupoli il periodo di crisi economica a danno di piccoli commercianti in difficoltà. Purtroppo dispiace registrare che le vittime non sono state collaborative con gli investigatori nonostante le pressanti intimidazioni e minacce subite dagli usurai." Lo sottolinea il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della guardia di finanza di Palermo, commentando l'operazione "Tonsor". "Ribadisco ancora una volta che l'unico modo per uscire dalla morsa dell'usura, così come dell'estorsione, è denunciare questi criminali" conclude il generale della Guardia di Finanza.
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