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Catania, sgominata piazza dello spaccio: 25 arresti

Sicilia
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Anche le donne avevano un ruolo nella 'piazza di spaccio'. Tra le indagate ci sono anche la moglie e la cognata del 'capo piazza'

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Una 'piazza di spaccio' nello storico rione San Cristoforo di Catania, che 'fatturava' 10mila euro al giorno, è stata sgominata da un blitz dei carabinieri. Arrestate 25 persone. Ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Ventuno persone sono state arrestate e condotte in carcere mentre la moglie del 'capo' è stata posta ai domiciliari. Ad altri tre indagati è stato imposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Undici delle persone coinvolte sono risultate percettori del Reddito di cittadinanza e la Procura le ha segnalate all'Inps perché venga loro sospeso.

L'indagine

L'indagine, denominata 'Piombai' dal nome della strada in cui operavano gli indagati, ha consentito di disarticolare un sodalizio criminale che gestiva una fiorente "piazza di spaccio" di cocaina e crack. Lo spaccio, è emerso dalle osservazioni dei carabinieri, avveniva principalmente nel cortile comune a abitazioni della famiglia del 'capo piazza' al quale si si poteva accedere soltanto da due portoni blindati. Il cortile era costantemente sorvegliato da 'vedette', e protetto da cani di grossa taglia oltre che da un avanzato sistema di videosorveglianza attivato per allertare gli spacciatori dall'eventuale arrivo delle forze dell'ordine.

Il giro di spaccio

La droga era venduta tramite un collaudato sistema di pusher e vedette organizzati in turni continuati, dalle 17 alle 7 dell'indomani, e riusciva a garantite un introito medio stimato intorno ai 10.000 euro al giorno. L'ingresso nel 'fortino', difeso da cani di grossa taglia e da un sistema di videosorveglianza, poteva avvenire soltanto attraverso due porte blindate. Alcune delle 'vedette', se disattente, erano costrette a subire derisioni ed umiliazioni dal 'capo piazza', come essere costretto a tuffarsi in cassonetto della spazzatura o a farsi avvolgere con del nastro isolante a mo' di mummia. Il capo riprendeva con il proprio cellulare la 'punizione' e postava i video su Tik-Tok per confermare la sua leadership e, scrive la Dda, per "avvalorare pubblicamente la loro posizione di subordinazione" e fare capire a tutti chi comandava.

Il fortino

Le 'osservazioni' dei militari, con videoriprese eseguite da giugno ad ottobre 2020, hanno consentito di accertare che a capo del gruppo c'era Giovanni Alfio Di Martino che, col supporto del nipote Giuseppe, entrambi arrestati, aveva trasformato la propria abitazione e l'agglomerato di immobili di pertinenza della famiglia a essa attigui, in un vero e proprio fortino dello spaccio, principalmente di cocaina e crack. 

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Il ruolo delle donne

Anche le donne avevano un ruolo nella 'piazza di spaccio'. Tra le indagate ci sono anche la moglie e la cognata del 'capo piazza', che, secondo l'accusa, gestivano i guadagni, occultando il denaro incassato, e affiancavano e talvolta sostituivano gli uomini della famiglia nel controllo e nell'organizzazione delle attività, non curandosi affatto, in alcuni frangenti, della presenza dei figlioletti in tenera età. Così i carabinieri sono riusciti a riprendere, con telecamere nascoste, una donna spacciare mentre tiene il figlio piccolo in braccio. Dalle indagini è emerso anche che alcune delle 'vedette' utilizzate dal gruppo sarebbero state picchiate dal 'capo piazza', che riprendeva le derisioni e le umiliazioni inflitte loro con il proprio cellulare e ne postava i video sui social per, accusa la Dda di Catania, "avvalorare pubblicamente la loro posizione di subordinazione". Tra le immagini in possesso dei carabinieri ci sono quelle di un giovane costretto a 'tuffarsi' nel contenitore dell'immondizia e di un altro a farsi avvolgere il volto con del nastro isolante.

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