L’inchiesta della Procura distrettuale ha azzerato la roccaforte del traffico e spaccio di stupefacenti sotto il diretto dominio di Cosa Nostra. Le piazze erano radicate nel quartiere San Giovanni Galermo
I carabinieri hanno eseguito a Catania un'ordinanza cautelare del gip, nel corso di una maxi operazione antimafia, nei confronti di 101 indagati. L'inchiesta della Procura distrettuale ha permesso di azzerare la roccaforte del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, che, attraverso diversi gruppi criminali, era sotto il diretto controllo di Cosa Nostra. Dda e militari dell'Arma ritengono di avere sgominato 12 imponenti 'piazze di spaccio' radicate nel popolare quartiere di San Giovanni Galermo, storica 'roccaforte' del traffico e della vendita di droga nel capoluogo etneo. Ottanta le persone arrestate, compresi due minorenni, nove poste ai domiciliari, quattro all'obbligo di dimora e otto a quello di presentarsi alla polizia giudiziaria.
Le accuse
Nell'operazione, denominata “Skanderbeg”, gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, con l'aggravante del metodo e della finalità mafiosa, e per detenzione illegale e porto di armi da fuoco.
Operazione “Skanderbeg”
Nel blitz sono stati impegnati oltre 400 carabinieri del comando provinciale di Catania, supportati dai militari delle altre province della Sicilia e dei reparti specializzati dell'Arma: compagnia di intervento operativo del 12esimo Reggimento Sicilia, squadrone eliportato Cacciatori Sicilia, nucleo Elicotteri e nucleo Cinofili.
Le indagini
L'indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dal nucleo operativo della compagnia carabinieri di Catania Fontanarossa, mira a disarticolare i diversi sodalizi criminali che gestivano le 12 imponenti "piazze di spaccio" del rione San Giovanni Galermo. Secondo la Dda etnea, "le diverse squadre che gestivano le 'piazze di spaccio' godevano di una chiara autonomia sotto il profilo della competenza territoriale e della gestione organizzativa, ma agivano comunque sotto il diretto controllo del gruppo Nizza aderente alla 'famiglia' di Cosa nostra catanese dei Santapaola-Ercolano, che imponeva ai 'capi piazza' il rifornimento esclusivo dello stupefacente dal medesimo gruppo dei costi e i quantitativi di droga da acquistare".
Ogni piazza aveva un capo che operava sotto la supervisione di L. M. S., che era delegato anche a dirimere i contrasti interni ai gruppi.
Riprese video
Le riprese video dei carabinieri, ricostruisce la Dda, hanno consentito di "registrare centinaia e centinaia di cessioni di dosi di droga giornaliere, organizzate imprenditorialmente con precisi orari di lavoro e turnazioni che coprivano l'intero arco della giornata".
L'indagine dei militari dell'Arma ha altresì permesso di accertare la disponibilità di armi da fuoco, anche da guerra, pronte ad essere utilizzate in caso di richiesta di spedizioni punitive da parte del clan Nizza. Durante l'attività investigativa sono state utiizzate tecniche di intercettazione e riprese video. In occasione dei festeggiamenti del 31 dicembre 2018, tra l'altro, sono stati videoripresi i momenti in cui tre indagati esplodevano diversi colpi di arma da fuoco con un Kalashnikov e una pistola, noncuranti, tra l'altro, della presenza di più persone, tra le quali un bambino, mentre il pusher della piazza continuava a spacciare ai clienti incuranti degli spari.
I proventi
Gli investigatori si sono avvalsi anche di due collaboratori di giustizia. In locali in uso a L.M.S., furono trovati e sequestrati 60.000 euro provento dell'attività delle piazze di spaccio, la "carta degli stipendi", la "carta delle estorsioni", e la "carta delle piazze di spaccio". Parte dei proventi delle vendita della droga servivano, ricostruisce la Dda di Catania, anche al mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. In particolare nella "carta" venivano indicate le iniziali di 43 detenuti con accanto la somma spettante alla famiglia per un importo totale mensile di circa 42.000 euro. I tempi di intervento, sottolinea la Procura di Catania, "sono stati particolarmente brevi in attuazione di un consolidato protocollo di indagini seguito dalla Direzione distrettuale antimafia per contrastare il fenomeno delle piazze di spaccio a Catania e che ha consentito di eseguire l'ordinanza cautelare nei confronti di 99 indagati solo dopo pochi mesi rispetto alla condotta contestata (l'informativa finale è stata depositata a fine giugno 2019 mentre la richiesta di misura cautelare è stata depositata nel novembre 2019)". Il fatturato delle dodici piazze era in media di circa 120mila euro al giorno.
Le parole del pm
"Queste operazioni - procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro in videoconferenza - ha dichiarato il hanno una importanza particolare anche perché privano le organizzazioni mafiose dei suoi principali proventi derivanti dalle attività illecite, proventi che non solo servono a mantenere efficiente l'organizzazione mafiosa, ma anche a finanziare investimenti in altre attività economiche. In una situazione di crisi economica e di risorse scarse - ha aggiunto Zuccaro - non vi è dubbio che poter disporre di proventi cosi ingenti costituisce per l'organizzazione mafiosa una occasione di accaparrarsi anche ulteriori settori e fette di mercato sano e di sottrarlo quindi alla libera concorrenza".
"Siamo seriamente preoccupati del fatto - ha proseguito - che, soprattutto in questa situazione di crisi economica e sociale, si possa non avere la forza per recuperare pienamente alla legalità un territorio così importante come quello della zona Nord di Catania, in cui tanti cittadini onesti operano, vivono ed auspicano che lo Stato faccia il suo dovere".
"Abbiamo segnalato al Tribunale per i Minorenni di Catania, in virtù di un accordo intercorso con il presidente, il coinvolgimento in questa operazione di entrambi i coniugi genitori di figli minorenni perché è giusto che in situazioni di questo genere anche i minori siano tutelati nella loro possibilità di poter crescere acquisendo elementi educativi importanti", ha detto ancora il procuratore. "Il protocollo si chiama significativamente 'Liberi di scegliere'. A quei minorenni - ha dichiarato - deve essere data la possibilità di scegliere la loro vita non seguendo necessariamente in maniera supina dai genitori che delinquono".
Operazione anche grazie a coprifuoco
“In altri tempi sicuramente non avremmo proceduto nella notte tra domenica e lunedì ad eseguire questa operazione perché avremmo avuto ampie probabilità di non trovare qualcuno in casa. In questo caso invece lo abbiamo potuto fare - ha sottolineato Zuccaro - con la ragionevole certezza che avremmo trovato le persone laddove il monitoraggio effettuato dagli investigatori ci aveva fatto presumere che lei avremmo trovate”.
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