Le indagini hanno fatto emergere gli interessi di Cosa nostra sul controllo e la gestione di locali notturni nel capoluogo e in provincia
I carabinieri hanno condotto, a Palermo, un'operazione antimafia eseguendo un'ordinanza cautelare in carcere nei confronti di 11 persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L'attività investigativa
Le indagini, coordinate dalla Dda, hanno fatto emergere gli interessi di Cosa nostra sul controllo e la gestione di locali notturni nel capoluogo e in provincia. L'organizzazione riusciva a controllare i servizi di sicurezza privata nel locali della movida imponendo gli addetti e le tariffe per ogni operatore impiegato. La figura di spicco dell'organizzazione, secondo gli inquirenti, era Andrea Catalano che avrebbe sfruttato solidi legami con gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova.
Le estorsioni
Numerose intercettazioni hanno consentito di documentare le estorsioni nei riguardi dei titolari di almeno cinque locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l'assunzione dei "buttafuori". In un'occasione, ad esempio, Massimo Mulè, ritenuto reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, aveva imposto che il cognato Vincenzo Di Grazia fosse impiegato nella gestione della sicurezza nel corso di diverse serate organizzate presso un noto locale della movida palermitana.
Le minacce
Le lamentele del capo della sicurezza di quel locale, costretto a escludere a turno uno degli addetti solitamente impiegati, sarebbero state soffocate dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano con minacce pesantissime nei suoi riguardi e dei suoi familiari.
Gli indagati
Gli indagati sono Massimo Mulè di 47 anni; Andrea Catalano di 52 anni; Giovanni Catalano di 44 anni; Vincenzo Di Grazia di 39 anni; Gaspare Ribaudo di 28 anni; Antonino Ribaudo di 52 anni; Cosimo Calì di 46 anni; Emanuele Cannata di 24 anni; Mario Giordano di 18 anni; Francesco Fazio di 22 anni; Emanele Rughoo Tejo di 43 anni. Quest'ultimo è uno dei sopravvissuti all'esondazione del fiume Milicia che il 4 novembre 2018 a Casteldaccia (Pa) fece nove morti. L'uomo era andato a comprare dei dolci mentre la moglie, il figlio minore e la madre morirono nell'inondazione. Il 18 novembre 2018 venne intercettato mentre diceva, secondo gli investigatori, ai titolari di un locale: "Siete fortunati ad essere nelle grazie di Gaspareno, che poi questa sera c'è il rischio che qualche madre deve piangere un figlio. Io me ne sto andando, di quello che succede dopo io non voglio sapere niente e non sono responsabile di quello che fanno gli altri". Lo scorso 28 aprile si era candidato consigliere comunale nella lista Uniamo Bagheria collegata all'attuale sindaco Filippo Maria Trapoli. Nella consultazione aveva ottenuto 86 voti.
Le parole del colonnello Angelo Pitocco
"Le indagini sono andate avanti dal 2016 fino a pochi mesi fa. Almeno in cinque locali di Palermo e provincia è stato accertato che venivano imposti i buttafuori e il personale della sicurezza ai titolari. Il metodo utilizzato per l'imposizione del personale era quello consueto utilizzato dalla mafia attraverso intimidazioni e in alcuni casi anche minacce di far accadere disordini all'interno dei locali", lo afferma il colonnello Angelo Pitocco, comandante del gruppo carabinieri Palermo. Poi: "L'indagine nasce dai contatti dei carabinieri con i locali notturni attraverso alcune segnalazioni ricevute. Da qui si è partiti attivando intercettazioni, pedinamenti e investigazioni classiche. Abbiamo accertato che i titolari dei locali hanno pagato e hanno acconsentito a che il personale della sicurezza fosse imposto e in altri casi hanno subito il pagamento di quote in base al numero di buttafuori che avevano all'interno dei locali. I locali che hanno subito l'estorsione sono a Palermo e in provincia".