Stato presenta il conto a famiglia Riina: chiesti due milioni di euro
SiciliaAd attivare la procedura di recupero del credito sarebbe stato, attraverso il ministero della Giustizia, il carcere di Parma, ultimo istituto penitenziario in cui il capomafia è stato detenuto
Ammonta a due milioni il risarcimento che lo Stato chiede a Totò Riina, boss di Cosa Nostra deceduto nel 2017, per 24 anni di carcere duro. A notificare a Ninetta Bagarella, moglie del padrino di Corleone, la cartella esattoriale da pagare è stata Riscossione Sicilia, la società che riscuote i tributi nell'isola.
Attivata la procedura del recupero del credito
"A noi sembra una boutade - commenta il legale della famiglia Riina, l'avvocato Luca Cianferoni - perché la legge esclude espressamente che il rimborso per le spese di mantenimento in carcere si estenda agli eredi del condannato. Perciò stiamo studiando bene la questione per vedere in che termini è posta". L’avvocato si riferisce all'articolo 189 del codice penale, il quale, dopo aver disposto l'obbligo per il detenuto di rimborsare le spese sostenute dall'Erario dello Stato per il suo mantenimento in cella, esclude che l'obbligazione si estenda agli eredi. Nel caso di Riina, moglie e figli del capomafia corleonese. Ad attivare la procedura di recupero del credito sarebbe stato, attraverso il ministero della Giustizia, il carcere di Parma, ultimo istituto penitenziario in cui il capomafia è stato detenuto prima di morire.
Chi è stato Totò Riina
Nato a Corleone il 16 novembre del 1930 da una famiglia di contadini, Riina è entrato per la prima volta in cella a 18 anni. Un ‘battesimo’ criminale precoce e un'accusa grave: l'omicidio di un coetaneo durante una rissa, per cui è stato condannato a 12 anni. Decisivo l’incontro con Luciano Liggio, all'epoca mafioso rampante che stava tentando di farsi strada: è stato lui, suo compaesano, a farlo entrare in Cosa nostra. Un metro e 58, che gli è valso il soprannome di Toto' U Curtu, è uscito dal carcere dell'Ucciardone nel 1956, a pena scontata solo in parte, e si è subito unito al gruppo di fuoco di Liggio. Mandato fuori dalla Sicilia al soggiorno obbligato, non lascerà mai l'Isola scegliendo una latitanza durata oltre 20 anni. Da ricercato ha iniziato la sistematica eliminazione dei nemici, sia in in Cosa nostra che nelle istituzioni. Secondo le indagini sarebbero stati oltre 100 gli omicidi in cui è stato coinvolto. Arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 23 anni di latitanza, il ‘capo dei capi’ è stato condannato a 26 ergastoli e ha trascorso al 41 bis 24 anni.