Tre persone sono finite in carcere, due ai domiciliari. I reati imputati ai soggetti sono di associazione per delinquere, usura, estorsione e detenzione illegale di armi da fuoco, tutti aggravati dalla modalità mafiosa. L’indagine è stata avviata inseguito all’omicidio di Vincenzo Mariniello, capo dell’omonimo clan operante in Acerra e Comuni limitrofi
Associazione per delinquere, usura, estorsione e detenzione illegale di armi da fuoco, tutti aggravati dalla modalità mafiosa: questi sono i reati che vengono imputati a cinque persone, per le quali il gip del tribunale di Napoli ha emesso ordinanza di custodia cautelare (3 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) su richiesta della locale Dda, eseguita alle prime ore di quest’oggi dai militari del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna (in provincia di Napoli).
Le indagini
Le indagini hanno portato all'identificazione del vertice e dei collaboratori di un gruppo criminale dedito principalmente all'usura, nonché di alcune delle vittime di usura/estorsione, tra cui due artigiani. Inoltre, è stato accertato il tasso usuraio applicato dal sodalizio che variava dall'8% al 120% mensile. L'indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è stata avviata a seguito dell'omicidio di Vincenzo Mariniello, alias "o' cammurristiello", capo dell'omonimo clan, operante in Acerra e Comuni limitrofi, avvenuto proprio ad Acerra il 17 febbraio 2019, i cui autori non sono stati ancora individuati. È emerso che lo stesso Mariniello era stato fruitore di un prestito da parte di uno suo sodale, che figura tra gli arrestati di oggi, a seguito del quale sarebbero derivate frizioni interne al clan. Si è accertato inoltre che il suocero del citato capo clan e un esponente di spicco del clan Di Buono di Acerra avevano la disponibilità di due pistole.