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Coronavirus Napoli, clan della camorra fa affari con l'emergenza Covid-19: cinque arresti

Campania

Secondo gli inquirenti l'espansione commerciale delle imprese riferibili al clan Vinella-Grassi "risulta proiettata anche nei settori d'impresa collegati all'emergenza sanitaria da Covid-19, con l'acquisizione di incarichi nel campo della sanificazione dei locali"

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Cinque arresti in carcere, tra i destinatari anche il boss Antonio Mennetta, due obblighi di dimora e di divieto di esercizio di impresa, e un sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro rappresentano il bilancio di un'indagine della guardia di finanza di Napoli. Secondo gli investigatori, il clan Vinella-Grassi avrebbe allargato i propri affari “nei settori d'impresa collegati all'emergenza sanitaria da Covid-19, risultando l'acquisizione di incarichi nel campo della sanificazione dei locali".

Le indagini e le accuse

Il Gip partenopeo contesta agli indagati l'accusa di trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutti aggravati dal metodo mafioso. Sequestrati undici società, diversi immobili, svariati automezzi ed un'imbarcazione. I beni, sulla base degli elementi finora raccolti dagli investigatori, risulterebbero direttamente o indirettamente collegati ad attività delittuose. Eseguito anche un decreto di perquisizione personale e locale nelle sedi societarie e nelle abitazioni degli indagati.

L'ascesa la potere del clan Vanella-Grassi

Le indagini hanno riguardato alcuni affiliati di spicco del clan noto come gruppo della Vanella-Grassi storicamente attivo nell'area nord di Napoli prima satellite della cosca Di Lauro, quindi confluito nel cartello scissionista degli Amato-Pagano, sino a diventare autonomo e potente dopo la faida del 2012-13 che ne ha segnato la vittoriosa contrapposizione agli Abete-Notturno-Abbinante. Antonio Mennetta, capo dell'organizzazione, già al regime detentivo del 41bis, ha mantenuto saldo il controllo dellorganizzazione e delle sue strategie di reinvestimento dei profitti delle relative attività delinquenziali in società soprattutto (ma non solo) nel settore della vigilanza privata e in quello immobiliare. Ma l'espansione commerciale delle imprese riferibili al clan Vinella-Grassi "risulta proiettata anche nei settori d'impresa collegati all'emergenza sanitaria da Covid-19, risultando l'acquisizione di incarichi nel campo della sanificazione dei locali", spiegano gli inquirenti.

Gli ordini dal carcere

Proprio in relazione alla capacità di Mennetta di veicolare all'esterno del carcere i suoi ordini, la Procura di Napoli sta per inviare una segnalazione al Dap. Gli investigatori non solo hanno intercettato il boss durante i colloqui con il cognato, ma anche le interlocuzioni tra Alberto Sperindio, il cognato, e i suoi collaboratori, intercorsi dopo le visite. Proprio Sperindio venne sorpreso nel carcere di Palermo, mentre stava per consegnare oggetti al cognato detenuto. La sua ascesa è strettamente legata al matrimonio eccellente con la famiglia Mennetta che l'ha trasformato da vero e proprio nullatenente a possidente. L'inchiesta ha messo in luce la capacità del clan guidato dall' "imperatore di Secondigliano" - così si autodefiniva Mennetta - non di infiltrarsi nell'imprenditoria rilevando attività preesistenti ma creandone di nuove che poi venivano intestate (in gergo "facendole 'mettere in faccia'") a prestanome oppositamente selezionati. Tutto riciclando l'importante patrimonio economico milionario accumulato con il traffico e la distribuzione della cocaina.

L'attività del clan

Le attività in cui il clan ha investito i suoi guadagni illeciti derivanti dal controllo delle rotte per l'importazione della droga sono quelli a cui storicamente la camorra fa riferimento: la vigilanza, in questo caso non armata, e le pulizie con le ditte capaci di adattarsi repentinamente alle opportunità offerte dalla pandemia da covid-19, cioè le sanificazioni. La capacità delle mafie di approfittarsi delle emergenza fu evidenziata, in tempi non sospetti, lo scorso ottobre, anche dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo. Un allarme che ha trovato conferma in questa indagine. Ma, è emerso, la Vinella Grassi, attraverso la madre del boss Mennetta, aveva anche investito in altre attività commerciali: in una pasticceria e nella rivendita di auto, anche queste registrate da "teste di legno", ora sequestrate. La propensione a investire in attività illecite non è risultata propria della Vinella Grassi ma anche di altri gruppi camorristici di Napoli, altrettanto pericolosi, con i quali si sono verificati attriti e scontri (anche con metodi tradizionali delle organizzazioni malavitose) riguardo le aree e gli affari da gestire. In molti si sono dovuti piegare alle volontà di Mennetta: gli scissionisti, in primis il clan degli Amato-Pagano, ma anche le famiglie Abete-Abbinante e Leonardi.