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Napoli, sgominato il clan camorristico Montescuro: 23 ordinanze

Campania

L’organizzazione criminale operava, secondo gli inquirenti, come una sorta di piccola Svizzera, svolgendo un ruolo di mediazione tra i vari clan 

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La polizia ha eseguito a Napoli 22 ordinanze di misura cautelare nei confronti di alcuni tra i maggiori esponenti della criminalità organizzata napoletana. Durante le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli e condotte dalla Squadra mobile dal 2016 al 2017, che hanno portato ai provvedimenti (23 emessi in totale) è stato inoltre scoperto un nuovo clan attivo nella zona di Sant'Erasmo che fa capo a Carmine Montescuro.

Gli arrestati

A finire in manette sono stati esponenti del clan D'Amico, Rinaldi, Aprea e anche lo stesso capo clan Montescuro. Si tratta tra gli altri di Salvatore D'Amico, boss dell'omonimo clan operante nel territorio di San Giovanni a Teduccio (Napoli), Ciro Rinaldi e Gennaro Aprea, al vertice degli omonimi gruppi camorristici radicati nella zona orientale di Napoli, Mario Reale, intraneo all'organizzazione denominata clan Reale di San Giovanni a Teduccio, tra gli altri.

Il ruolo di Montescuro

Il nuovo clan operava, secondo gli inquirenti, come una sorta di piccola Svizzera: il denaro proveniente dalle estorsioni ai cantieri commesse dal clan Montescuro veniva suddiviso tra le varie organizzazioni criminali, destinatarie di una quota determinata in base all'influenza sul territorio. Così Carmine Montescuro riusciva a mantenere gli equilibri tra le varie associazioni mafiose, evitando l'insorgere di conflitti e garantendo, al contempo, il regolare proseguire delle attività estorsive e la partecipazione di tutti ai profitti illeciti. Tanto che alcuni collaboratori di giustizia, in virtù della posizione neutrale assunta, hanno indicato il quartiere Sant'Erasmo, il luogo dove operava il clan Montescuro, come una "piccola Svizzera".
Montescuro è un 'vecchio signore' della camorra di 84 anni che ha mediato, per almeno 30 anni, tra i vari clan in lotta facendo in modo che il suo piccolo gruppo malavitoso avesse un ruolo strategico nella spartizione degli affari illeciti che si muovo attraverso il Porto di Napoli, snodo fondamentale per i traffici delle due più importanti federazioni criminali: l'Alleanza di Secondigliano e i clan che fanno riferimento alla famiglia Mazzarella. Soprannominato "zi mumuzz", Montescuro ha anche preso parte, nel 2002, a un summit in un ristorante del Borgo Marinari, con i vertici di importanti clan, tra i quali Beppe Missi, il capo dei Mazzarella e due referenti di primo priano dei clan Contini e Licciardi. Infine, fece da paciere, regalando anche una collanina d'oro a Ciro Sarno, boss dell'ominimo clan, in una diatriba sorta con il clan Formicola, ritenuto responsabile dell'omicidio di un affiliato ai Sarno.

Le attività illecite del clan

Durante le indagini sono state acquisite intercettazioni, telefoniche ed ambientali, che hanno avvalorato le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, provenienti da diverse organizzazioni criminali. Gli elementi acquisiti, si legge nel provvedimento cautelare, hanno consentito di ricostruire l'esistenza del clan facente capo a Carmine Montescuro, Quest'ultimo disponeva inoltre di una cassa comune e di armi, aveva rapporti con le altre organizzazioni criminali, provvedeva alla difesa tecnica degli affiliati e al mantenimento dei detenuti e delle loro famiglie, oltre che al pagamento di uno stipendio agli associati e aveva la capacità di infiltrarsi nel tessuto produttivo mettendo in piedi una notevole attività di riciclaggio.

Estorsioni e omertà

Alle estorsioni messe a segno nei cantieri del pieno centro napoletano hanno partecipato i capi di numerose organizzazioni operanti sul territorio, anche in contrasto tra loro. Secondo la procura, "le modalità e la capillarità con le quali era svolta l'attività estorsiva rappresentano un chiaro sintomo del totale assoggettamento omertoso del tessuto sociale ed economico alla volontà dell'organizzazione. Diversi sono gli imprenditori, vittime di azioni e manifestazioni di violenza, che, sottoposti in una condizione di totale assoggettamento psichico e fisico, hanno negato di aver subito richieste estorsive", si legge nella nota della Procura. L'ordinanza cautelare è stata emessa, infatti, oltre che per il reato associativo, anche per 12 episodi estorsivi consumati e 3 tentativi di estorsione, tutti commessi nei confronti delle società appaltatrici dei lavori di rifacimento dell'arteria stradale che parte da via Marina e interessa anche l'area portuale fino alla zona orientale, oltre che di una cooperativa di ex detenuti e di un notaio.
Secondo le accuse, sette arrestati hanno imposto il pizzo anche a tre ditte impegnate nella bonifica dei siti della società petrolifera Kuwait Raffinazione e Chimica spa, che si trovano nella zona orientale di Napoli. Avrebbero costretto i quattro titolari delle ditte a esborsare continuamente somme di denaro (qualche decina di migliaia di euro) minacciando ritorsioni. Estorsioni che sarebbero state perpetrate dal febbraio al maggio 2017.

Pizzo chiesto anche a una cooperativa di ex detenuti

Insieme con un'altra persona arrestata, Nino Argano di 55 anni, Montescuro avrebbe imposto il pizzo anche a una cooperativa di ex detenuti, la "Salus". La circostanza emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Napoli Alessandra Ferrigno. Si tratta di una corresponsione continua di denaro ottenuto minacciando ritorsioni. Il pizzo, mensile, ammontava a tremila euro, corrisposti fino a quando la sede della cooperativa si trovava nel "territorio" del gruppo camorristico. In una intercettazione ambientale che risale al maggio 2017, gli interlocutori (Nino Argano e Carmine Montescuro) sono in una auto e dalla conversazione si evince che la cooperativa di ex detenuti a causa del fitto troppo alto aveva lasciato la sede di Sant'Erasmo ma nella zona dove si erano spostati pagavano al gruppo criminale locale un pizzo più alto. Nino Argano (anche lui tra gli arrestati, ndr): "O' zì, io so che pagavano (la cooperativa, ndr) assai…e adesso hanno trovato una cosa di meno…". Carmine Montescuro: "…a noi pagavano 3mila euro al mese…" Nino Argano: "…quando mai … 0' zì, qua pagavano 12mila euro al mese a Napoli. Ottomila o 12mila euro al mese..". Carmine Montescuro: "…Argà, quelli (la cooperativa) stanno piangendo che vogliono tornare …". Nino Argano: "...perché stanno troppo lontano, là pagano..." Carmine Montescuro: "...sì, sì, si prendono di più".