Il ragazzo di 17 anni era stato vittima di una 'stesa', un raid intimidatorio finalizzato al controllo del territorio avvenuto in piazza Sanità, il 6 settembre 2015. I familiari degli imputati quando hanno appreso l'esito del processo hanno protestato contro il verdetto
La IV Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato tre dei quattro ergastoli inflitti in primo grado nei confronti di Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Antonio Buono, accusati dell'omicidio del giovane Genny Cesarano, vittima di una 'stesa', un raid intimidatorio della camorra, finalizzato al controllo del territorio, avvenuto in piazza Sanità il 6 settembre 2015. Ridotta dall’ergastolo a 16 anni la pena per Mariano Torre, a causa dello sconto di pena previsto per i collaboratori di giustizia.
La vicenda
Non era lui che i clan volevano uccidere. Genny Cesarano è stata la vittima di una sparatoria che aveva come obiettivo l’eliminazione di qualche affiliato al gruppo di Pietro Esposito, il quale il giorno prima aveva fatto fuoco contro la casa di Lo Russo a Miano, un'area a Nord di Napoli. Era stato lui, infatti, il mandante della 'stesa' nella quale è rimasto coinvolto involontariamente il 17enne napoletano. Era in corso la guerra per la spartizione dei proventi illeciti della zona al centro della città e per mesi si erano susseguiti omicidi e intimidazioni. Genny, estraneo a questa dinamica, era in piazza Sanità davanti alla chiesa di San Vincenzo quando è stato colpito da un proiettile alla schiena mentre scappava con altre persone.
Sedici anni di carcere per il mandante
Confermati i 16 anni di carcere stabiliti in primo grado nei confronti del boss Carlo Lo Russo, considerato il mandante del raid, anche lui collaboratore di giustizia. Il verdetto in primo grado è stato emesso dal gup Alberto Vecchione, il 6 dicembre 2017 al termine del processo con rito abbreviato. "È una sentenza che deve rappresentare un esempio per la città - spiega Antonio Cesarano, padre di Genny - non dobbiamo dimenticare che dopo mio figlio ci sono state altre vittime innocenti l'ultima delle quali è stata una bimba. Si sentivano impuniti e impunibili".
Le proteste dei familiari degli imputati
I familiari degli imputati, che aspettavano fuori dall'aula 320, quando hanno appreso l'esito del processo hanno protestato contro il verdetto. Antonio Cesarano, difeso dall'avvocato Marco Campora, dopo la lettura della sentenza ha rivolto i propri ringraziamenti al procuratore generale Maria Di Addea per "la straordinaria attività investigativa svolta". Solidarietà istituzionale è stata espressa dal magistrato nei confronti della famiglia Cesarano.