Usa, verso la convention democratica: l’effetto-Harris continuerà?

Il Partito Democratico americano si avvicina alla convention nazionale di Chicago che si terrà dal 19 al 22 agosto sulla scia dell’energia che il cambio in corsa tra Joe Biden e Kamala Harris appare aver impresso nella formazione che attualmente controlla la Casa Bianca. La sensazione è che la mossa del presidente di farsi da parte, annunciata il 21 luglio scorso, rinunciando a sfidare Donald Trump per la seconda volta in quattro anni abbia contribuito a invertire il vero problema della corsa dem alla Casa Bianca: la narrazione. Un concetto che, insegnano politologi e spin doctor, in campo elettorale conta e non poco. Biden: una campagna elettorale in salita E Biden, in quest’ottica, sul piano della narrazione risultava penalizzato. Il tasto dolente della senilità di Biden, ironia della sorte solo quattro anni più anziano del suo predecessore, è stato battuto con forza dalla campagna di Trump con il sostegno del battage dei social. Ma la discrasia non finiva qui. Gli Stati Uniti hanno conosciuto, negli ultimi anni, una crescita economica sostenuta e assistito a un boom industriale in settori strategici come la transizione green e i semiconduttori; Biden, ciononostante, subiva una narrazione negativa sull’economia per gli attacchi repubblicani sull’inflazione e una serie di critiche focalizzate su pochi punti: Beth Akers dell’American Enterprise Institute ha scritto ad esempio che “nell'ultima ondata di inflazione, l'argomento dei prezzi dei generi alimentari” e del carburante “ha saturato nuove fonti di media come Twitter, TikTok e Facebook”, condizionando la percezione dell’elettorato. Si è arrivati a valle con sondaggi che davano partite apertissime negli Stati chiave ma un racconto politico che presentava Biden inevitabilmente battuto da Trump. La battaglia delle narrazioni Biden ha avuto difficoltà a reagire quando la sua “narrazione di esperienza, resilienza, empatia e competenza è stata inondata di propaganda e disinformazione”, ha scritto Lisa van Dusen sul Policy Institute, aggiungendo che questo processo “ha incluso l'uso implacabile della sua età come un fattore di squalifica selvaggiamente asimmetrico rispetto alle 30.000 bugie di Trump nel periodo in carica, due impeachment, 91 accuse in quattro casi penali e un tentativo di colpo di stato violento, mortale e riprovevolmente disonesto alimentato da, indovinate un po', una narrazione completamente inventata”. La sfida è apertissima Ebbene, il ritiro del presidente dalla campagna elettorale ha rimesso in gioco il controllo della narrazione dando, sul breve periodo, ai dem il classico effetto del rallying around the flag. Dai finanziamenti all’entusiasmo per una partita che, squarciato il velo di Maia, il partito dell’asinello si è reso conto non esser mai stata davvero compromessa. E, in un certo senso, Harris ha raccolto quanto seminato negli anni da Biden. A partire da un compattamento interno al partito che, nell’ora decisiva, ha in poche ore blindato la vicepresidente: dopo l’endorsement di Biden, Harris, ha ricordato il New York Times “ha telefonato ai presidenti democratici del passato, a molti dei suoi potenziali rivali, tra cui i governatori Gretchen Whitmer del Michigan, JB Pritzker dell'Illinois e Josh Shapiro della Pennsylvania, ai leader democratici del Congresso, al senatore Bernie Sanders, ai responsabili dei vari caucus influenti e ad altri importanti democratici […]. Il blitz ha dimostrato esattamente il tipo di vigore ed energia che erano mancati al signor Biden nelle ultime settimane” ma, in un certo senso, ha messo l’ultimo punto all’obiettivo del moderato e pragmatico Biden di mantenere coeso l’animo di una formazione che spazia da componenti centriste ad altre più progressiste. Dietro Harris i dem sono coesi. E anche Sanders appoggia la candidata Dunque, nella campagna di Harris potrà andare in scena anche la prospettiva di difendere, in campo politico ed economico, i risultati dell’amministrazione e mostrare una formazione plurale di fronte a un Partito Repubblicano in cui l’anima trumpiana “MAGA” sta fagocitando tutte le altre. In un’intervista al portale Vermont Public del suo Stato di elezione il senatore Sanders, deus ex machina dell’ala progressista, ha garantito massimo sostegno a Harris proprio perché esponente dell’amministrazione dell’uomo di cui fu rivale alle primarie 2020 definita “la più progressista del nostro paese da Franklin Delano Roosevelt negli anni '30”. Incassare questi sostegni, per Harris, indica che per il Partito Democratico non esiste solo lo spauracchio-Trump, ma una progettualità aperta e condivisa. E del resto i sondaggi ora parlano di una corsa apertissima. In cui Harris ha almeno tre frecce al suo arco da giocare. La prima la stiamo già vedendo: Harris sta colpendo Trump nel punto debole della sua campagna, le questioni giudiziarie, puntando sul suo passato da procuratrice. Trump l’aveva definita “più facile da battere” di Biden, ma ciò non sembra scontato. Ci sarà poi, secondo punto, la possibilità di usare massicciamente l’argomento politico della tutela dei diritti riproduttivi delle donne e dell’aborto, su cui Harris ha posizioni più progressiste di Biden e che possono rappresentare un fattore politico. Infine, ironia della sorte, su Trump pende la Spada di Damocle della medesima accusa di senilità a lungo riversata dalla sua galassia su Biden: Harris, classe 1964, è di diciotto anni più giovane di The Donald, che invece è il più anziano candidato alla Casa Bianca mai incoronato da uno dei due maggiori partiti Usa. Riconquistare il pallino del gioco e non subire più la narrazione negativa su un’amministrazione che ha affrontato sfide cruciali dal 2021 a oggi era un obiettivo-chiave per la campagna dem. Con la Convention, Harris sarà ufficialmente proclamata e si entrerà nel rush finale. E tutto sarà in gioco. Sembrava impossibile, solo un mese fa. E questo è un grande risultato per i Dem, propiziato anche dal tempismo di Biden di compiere l’irrituale gesto di mettere il partito, e potenzialmente il futuro del Paese, davanti a ogni sua ambizione personale.