Minori ucraini in Italia, quanti sono e sotto che protezione

Ogni estate arrivavano in Italia per trascorrere un periodo di "risanamento". I bambini di Chernobyl, così chiamati dopo il disastro del 1986, raccontano bene una storia di accoglienza tra Italia e Ucraina. Che si replica oggi con la situazione dei minori fuggiti da Kiev in Europa. Una storia che però non è così semplice come può sembrare. Quanti sono i minori ucraini in Italia Secondo gli ultimi dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al 30 giugno 2024 ci sono 3.811 minori ucraini non accompagnati in Italia. Nel febbraio 2022, mese dell'invasione russa in Ucraina, erano solo 6. A dicembre dello stesso anno, oltre cinquemila. Si tratta di un dato che spiega bene due fasi delle guerra: quella iniziale in cui i bambini vennero mandati in Paesi più sicuri, e quella attuale in cui l'Ucraina chiede di rimpatriarli. Proprio in questi ultimi giorni ha fatto discutere lo stop, deciso dal Tribunale per i minorenni di Brescia, al rientro di 57 bambini nel loro Paese. La discussione sui rimpatri "Il tema del rimpatrio di questi bambini è complesso e va affrontato insieme con la Farnesina e con le autorità ucraine", afferma a Sky TG24 Ernesto Caffo, fondatore e presidente di Telefono Azzurro: "Parliamo ovviamente di un Paese in guerra ma io ci sono stato, la vita è ripresa in gran parte dei territori. Il conflitto prima ha coinvolto tutta l'Ucraina, ora si concentra in delle zone specifiche". Per questo Kiev starebbe spingendo per far tornare questi bambini e ragazzi a casa. "L'ambasciatore ucraino in Italia mi ha detto: sono i nostri giovani, devono tornare nel nostro Paese", racconta a Sky TG24 Carla Garlatti, Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, che spiega come da Kiev sarebbe arrivata la rassicurazione sul fatto che i bambini verrebbero ospitati in luoghi sicuri. Ma perché questa urgenza a rimpatriarli? Secondo Garlatti potrebbero esserci due risposte: "Da una parte sembra che si tema che le famiglie italiane da cui alcuni di questi ragazzi sono in affido, possano appropiarsi di loro, ma è una convinzione sbagliata perché non sono stati dichiarati adottabili - continua Garlatti - dall'altra si ha anche paura che un eccessivo inserimento comporti poi una minore propensione a tornare in un Paese in guerra". Mantenere l'identità ucraina "Fin da subito le autorità ucraine sono sembrate diffidenti rispetto all'accoglienza dei minori nei Paesi europei - racconta Caffo - hanno sempre cercato di mantenere centrale la tutela dell'identità del loro Paese". Si è trattato infatti di una modalità di accoglienza nuova per gli standard europei e italiani, che si sono adeguati alla richiesta di Kiev di ospitare questi bambini in gruppo. Quindi di far sì che venissero accolti in una stessa comunità. Come è successo anche ai 57 nella bergamasca. Complice anche il fatto che la popolazione ucraina è la terza nazionalità extra Ue più numerosa in Italia. Un quinto di loro si trova in Lombardia. "Molti di questi ragazzi sono stati ospitati da zii, nonni, cugini che erano già nel nostro Paese", spiega Garlatti. I profughi ucraini L'Italia non è però tra i primi per accoglienza dei profughi ucraini, anzi. Se è vero che ci sono ancora oltre 170 mila persone fuggite da Kiev, bisogna considerare che si tratta solo dello 0,3% rispetto alla popolazione. Percentuali molto più alte vengono per esempio registrate in Repubblica Ceca , Polonia , Germania . La necessità di investimenti come soluzione La maggior parte dei bambini accolti in Europa e in Italia è arrivata dagli orfanotrofi ucraini: istituti dove, spiega Caffo, vengono tenuti non solo i ragazzi orfani, ma anche quelli con disagi economici, sociali o disabilità. "Il problema risiede proprio in queste strutture, che risalgono all'ex Unione Sovietica e che non sono idonee. Il nostro compito, come Europa, dovrebbe essere quello di investire in welfare per questi bambini". Le preoccupazioni che hanno portato allo stop al rimpatrio arrivano da associazioni e tutori italiani: il loro timore è che non esistano zone sicure in un Paese in guerra. "Se è necessario far rientrare questi bambini e adolescenti, io come Garante, vorrei rassicurazioni sul fatto che vadano veramente in luoghi idonei", afferma Garlatti. Non è facile trovare una soluzione: il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha anche cercato di ascoltare i loro bisogni. Ma si tratta di bambini che in molti casi parlano solamente l'ucraino e spesso è necessaria l'intermediazione di un interprete. Si tratta anche di ragazzi che si trovano al centro di quello che dovrebbe essere un filone di cooperazione tra due Paesi. "Purtroppo non possiamo continuare a dire 'devono restare qui perché stanno meglio': lo facevamo con i bambini di Chernobyl e lo facciamo ora - ribadisce Caffo - Il nostro mandato invece è sempre stato accoglierli per poi riportarli lì facilitando il rientro in strutture adeguate: dobbiamo investire perché stiano bene nel loro Paese".

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