Siamo sicuri che Putin non abbia nessuna fretta di chiudere la guerra?

Da quando la mediazione di pace americana tra Russia e Ucraina è iniziata, una lettura sembra essersi affermata sulle altre: l’Ucraina è allo stremo e quindi ha fretta di chiudere questa guerra, mentre invece la Russia può andare avanti ancora a lungo, perché è in una posizione di vantaggio, sia militare che economico, e per questo lancia proposte di pace irricevibili. Sa di non avere niente da perdere. In ogni caso, si pensa, o con una mediazione o con la guerra otterrà quello che vuole. Questa lettura, benché parzialmente vera, potrebbe lasciare fuori alcuni aspetti determinanti sia del futuro della guerra che del presente delle trattative di pace. Se da un lato è vero che l’Ucraina è in grande difficoltà, come è normale per un Paese che è in guerra da quasi quattro anni, e subisce bombardamenti e lutti continui, ed è vero che la Russia ha riserve quasi infinite di mezzi e di uomini, quello che potrebbe non essere vero è che Mosca sia in grado di reggere una situazione di guerra per un tempo indefinito. Anzi, secondo il settimanale The Economist, potrebbe essere vero il contrario e quello russo potrebbe essere, come spesso è accaduto nella storia recente, un bluff. Secondo una lunga analisi pubblicata dal giornale britannico, la presunta forza economica e militare della Russia sarebbe tutta da dimostrare. E anzi, alla prova dei fatti, sembra non essere né solida né temibile. “In realtà – scrive il giornale inglese – la situazione della Russia è molto meno confortevole di quel che sembra. L'avanzata del suo esercito è lenta e sanguinosa. I suoi problemi economici stanno aumentando. L'opinione pubblica sulla guerra si è inasprita, un fattore stranamente importante nella dittatura di Putin, che fa affidamento sulla percezione di un massiccio sostegno per garantire obbedienza. La propaganda di Putin e i suoi incessanti attacchi con i droni mirano in gran parte a convincere l'Europa e l'America che sostenere l’Ucraina è inutile. Le recenti dichiarazioni di Donald Trump suggeriscono che questo stia funzionando. In realtà, non è riuscito nemmeno a conquistare il Donbass in quattro anni di tentativi. E per i russi, il divario tra immagine e realtà si sta ampliando”. Quindi forse, laddove ostenta sicurezza, il presidente Putin potrebbe nascondere una fretta di chiudere la guerra pari, se non superiore, a quella di Volodimir Zelensky. Questo perché Putin sa che il prossimo novembre ci saranno le elezioni di metà mandato. E sa che, per come funziona il sistema americano, ai democratici potrebbe bastare vincere in quattro seggi oggi controllati dai repubblicani, per riprendere il controllo del Parlamento e, di fatto, disinnescare buona parte delle politiche trumpiane, incluse quelle di freddezza nei confronti di Kiev. Un Congresso diverso da quello attuale potrebbe decidere un cambio di rotta e rafforzare il sostegno americano all’Ucraina, mettendo in difficoltà le forze russe, stremate tanto quanto quelle di Kiev. Da ultimo, Putin è consapevole di un’altra cosa: la sua economia, per quanto abbia retto più che bene nei primi due anni di guerra, ora mostra segni di cedimento, soprattutto per effetto delle sanzioni a Rosneft e Lukoil, e per quelle secondarie che hanno colpito i Paesi che compravano il petrolio russo, India su tutti. Inoltre, come fa notare Bloomberg, la situazione debitoria del Paese appare molto complessa: “La Russia pagherà per anni l'invasione dell'Ucraina anche se i combattimenti terminassero domani, poiché il governo sta colmando un divario sempre più ampio nel bilancio militare con prestiti sempre più costosi. I costi del servizio del debito rappresentano ora il doppio della quota della spesa totale rispetto a prima della guerra e, in termini nominali, superano già gli stanziamenti di bilancio per sanità e istruzione. A partire dal prossimo anno, supereranno la spesa pubblica complessiva per sanità e istruzione, salendo al quarto posto in termini di spesa pubblica, insieme alla sicurezza nazionale”. Quindi, al contrario di quel che si può pensare, non solo l’economia russa non è resiliente come sembra, ma soprattutto appare sempre più in difficoltà nell’affrontare i costi di una guerra di cui non si vede la fine. Una situazione debitoria che inevitabilmente si trasforma in nuove imposte e in tagli alla spesa in una situazione in cui, pur con tutta la censura e la propaganda del mondo, si genera malcontento. “In un recente sondaggio – scrive ancora The Economist – il numero di coloro che affermano che il loro benessere sta peggiorando è triplo rispetto a coloro che affermano che sta migliorando. Si tratta del livello più alto dall'inizio della guerra. Il cambiamento è ancora più evidente nell'atteggiamento verso i veterani dell'"operazione militare speciale". La propaganda ufficiale li dipinge come eroi di guerra. Ma un recente sondaggio di Levada, istituto indipendente, ha rilevato che solo il 40% dei russi li vede in questo modo; la maggioranza li vede come una minaccia o come vittime. La guerra, che a gennaio sarà durata più della battaglia della Russia contro i nazisti nel 1941-45, non ispira né orgoglio né ottimismo”. Quindi, no. Non è detto che quello che ha più ragione di avere fretta sia Zelensky. È possibile però che Zelensky sia quello meno bravo a bluffare.

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Luciana Grosso