Perché l’accordo commerciale Ue-Mercosur è in bilico

Appena un mese fa, l’accordo tra UE e Paesi del Mercosur, di cui si discute dalla fine degli anni ’90, sembrava cosa fatta, Invece, a poche ore dall’inizio del Consiglio europeo che dovrebbe dare il via libera definitivo, la Francia ha fermato tutto, chiedendo un ennesimo rinvio dell’intesa che, è bene ricordare, attende di entrare in vigore dal 1999. Questo ennesimo colpo di scena, per altro su una questione commerciale, cosa su cui l’UE in teoria dovrebbe essere fortissima, dà la misura di quanto balcanizzato e diviso sia al suo interno il Consiglio europeo, e di quanto, anche tra i leader più sinceramente europeisti, come Emmanuel Macron, si tenda a privilegiare di tanto in tanto la lettura nazionale dei problemi a quella comunitaria. In via teorica, l’accordo, se stipulato, potrebbe essere uno dei più grandi di sempre e di fatto creerebbe una specie di grande mercato comune tra i Paesi europei e quelli del Mercosur, ossia Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay. “Il Mercosur eliminerà i dazi sul 91% delle esportazioni dell’UE – scrive Reuters – comprese quelle sulle automobili, dall’attuale 35%, nell’arco di 15 anni. L’UE eliminerà progressivamente i dazi sul 92% delle esportazioni del Mercosur nell’arco di 10 anni”. L’accordo, come evidente, porterebbe con sé molti vantaggi, specie in epoca di dazi trumpiani, e, dettaglio non da poco, aprirebbe all’UE il mercato delle materie prime latinoamericane, svincolandoci, almeno in parte, dalla dipendenza dalla Cina. Inoltre aprirebbe piazze imponenti alla manifattura europea, in particolare a quella, da tempo in affanno, delle auto. D’altra parte però aprirebbe anche l’Europa all’arrivo di merci sudamericane il che, tradotto, significa soprattutto una cosa: carni. E qui si pongono due ordini di problemi. Il primo è che l’agricoltura europea è da tempo in difficoltà, soprattutto perché i costi di produzione si sono fatti troppo alti e i prezzi di vendita, per ovvie ragioni di distribuzione e tenuta sociale, restano piuttosto bassi. Solo due giorni fa, Eurostat ha pubblicato un report relativo alla produzione agricola mettendo in luce come questa, benché assorba circa il 30% del bilancio comune, in realtà contribuisca al Pil europeo solo per l’1,2%. Tutto questo, unito alle regole sanitarie e di tutela ambientale con cui l’UE, da tempo, ma soprattutto dal 2020, si è fatta particolarmente stringente, ha creato grande disappunto tra gli allevatori e i coltivatori, le cui proteste un anno fa invasero Bruxelles, con buona pace del fatto che la sussistenza stessa delle aziende agricole dipende in buona parte proprio dai sussidi europei. In questo quadro complesso, l’accordo con il Mercosur si inserisce con la forza di un terremoto, perché si teme che le importazioni europee di carne argentina e brasiliana possano sfasciare del tutto il mercato, anche a motivo del fatto che le carni sudamericane non sono sottoposte ai vincoli sanitari e ambientali cui invece è sottoposta la carne europea, e quindi potrebbero essere vendute a prezzo più basso. Per gli allevatori europei, e soprattutto per quelli francesi, responsabili della parte più alta della produzione europea, si tratta di un pericolo che si teme esistenziale. Per questo, nelle ultime ore, Parigi ha tirato un freno di emergenza per fermare la firma dell’accordo a poche ore dalla sigla, con buona pace delle rassicurazioni offerte dalla Commissione. “Per rassicurare ulteriormente Parigi - scrive Politico - il 10 dicembre la Commissione ha presentato il suo piano per rafforzare i controlli sulle importazioni agricole, che devono essere conformi alle norme europee. Infine, martedì 16 dicembre dovrebbe annunciare misure speculari riguardanti pesticidi e antibiotici per animali, per garantire che i prodotti importati siano conformi alle norme in vigore sul mercato europeo”. L’assenza della Francia dalle fila dei sì potrebbe essere determinante, sia perché metterebbe in serio dubbio il raggiungimento della maggioranza qualificata necessaria sia perché segnerebbe la prima volta che una decisione europea di questa portata viene presa senza il consenso dei un Paese del calibro della Francia. Per questo, nelle ultime ore, Macron ha provato a portare dalla sua anche l’Italia. Perché senza Italia e senza Francia, non c’è possibilità di maggioranza. “Nelle ultime settimane - scrive Le Monde - la Francia sembrava pronta a stare al gioco. Non essendo riuscita a ottenere un sostegno sufficiente dagli alleati al tavolo dei 27 Stati membri dell’UE per impedire alla Commissione di procedere, e volendo evitare l’umiliazione di essere messa in minoranza, stava valutando la possibilità di sostenere l’accordo se avesse potuto affermare di aver ottenuto delle concessioni. Domenica 14 dicembre, Emmanuel Macron ha cambiato strategia, optando per una posizione ferma, anche a rischio di isolamento. Ora ritiene che la posizione conciliante della Francia non sia più sostenibile”. In questa fase, solo Polonia e Ungheria hanno dichiarato la loro opposizione all’accordo di libero scambio con il Mercosur. Parigi spera di convincere l’Italia, guidata da Giorgia Meloni, che sta coltivando ambiguità sulla questione, ad aderire alla sua posizione. Roma si trova quindi in una posizione chiave, in grado di fornire alla Francia la minoranza di blocco di cui attualmente è priva”. Così, Ursula Von der Leyen, in queste ore si sta probabilmente rigirando tra le dita il biglietto aereo che, in teoria, dovrebbe portarla in Brasile il 20 dicembre, per il via ufficiale all’accordo. Se potrà o meno salire su quel volo, con ogni probabilità, lo deciderà Giorgia Meloni.

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Luciana Grosso