Perché la Spagna non è più un Paese di camerieri

Per anni, la Spagna è stato un Paese la cui economia si basava su turismo, ristorazione e tempo libero. Negli ultimi anni, questo paradigma sta cambiando. Tra il 2024 e il 2025, l’occupazione è aumentata del 2,4%, grazie alla creazione di oltre mezzo milione di nuovi posti di lavoro. Ma il cambiamento più rilevante riguarda la composizione di questa crescita: i settori ad alto valore aggiunto, come quello dell’ informazione e comunicazione e le attività professionali, scientifiche e tecniche , avanzano più rapidamente del settore alberghiero, che pure resta centrale ma cresce a un ritmo più moderato . In altre parole, i lavori qualificati iniziano a pesare più dei servizi legati al turismo, ridefinendo il profilo produttivo della Spagna. Anche le previsioni macroeconomiche confermano questo momento favorevole: il governo stima una crescita del Pil del 2,7% per il 2025, mentre il Banco de España prevede un aumento del 1,8% nel 2026 e del 1,7% nel 2017. Eppure, questa evoluzione non basta a cancellare alcuni problemi strutturali dell’economia: la disoccupazione resta elevata così come l’impatto della crisi abitativa. Il risultato è una Spagna che cresce, ma in cui il miglioramento dei dati economici non si traduce ancora, per molte persone, in un reale miglioramento della qualità della vita. Aumentano i posti di lavoro ad alto valore aggiunto Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministerio de Inclusión, Seguridad Social y Migraciones, il numero di persone che eseguono lavori ad alto valore aggiunto nell’ultimo anno è aumentato al di sopra della media nazionale e hanno superato quelli che lavorano nel settore alberghiero: una tendenza che è iniziata nel 2020 e che si è consolidata negli ultimi cinque anni. Una trasformazione del tessuto produttivo spagnolo che ha ricadute dirette sulle lavoratrici e sui lavoratori stessi: dal punto di vista economico, infatti, la retribuzione media arriva a 2.646 euro nelle attività professionali scientifiche e tecniche e a 3.120 euro nel settore nell’informazione e comunicazione, ovvero fino a 851 euro in più rispetto alla media complessiva. Anche la stabilità è maggiore: i contratti a tempo indeterminato e a tempo pieno raggiungono rispettivamente il 78% e l’88% del totale nei due settori. I comparti più in crescita sono programmazione, consulenza informatica, ingegneria, servizi giuridici e contabilità. “Sullo sfondo c’è una digitalizzazione che avanza a livello globale, e questo inevitabilmente si riflette anche sul mercato del lavoro spagnolo, ma non è l’unico fattore”, ha spiegato in un’intervista la giornalista spagnola specializzata in lavoro Laura Olías. “Da un lato c’è l’enorme investimento legato al PNRR, che ha proprio la digitalizzazione tra le sue priorità. Dall’altro, nell’ambito della scienza e della ricerca, va riconosciuto che questo governo sta investendo in modo deciso: il budget in ricerca e sviluppo ha raggiunto una spesa record, un impegno che altri esecutivi in passato non avevano mostrato”, ha aggiunto. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Di fatto, nel 2024 la spesa interna della Spagna nel settore della ricerca e dell’innovazione è stata pari a 23,9 miliardi di euro, il 6,9% in più rispetto all’anno precedente. Una crescita che il Governo rivendica come strategica: come ha ricordato la ministra Diana Morant, la scienza non è solo motore di innovazione ma anche strumento essenziale per affrontare minacce globali come il cambiamento climatico. Dal 2018, questo impegno si traduce in un rafforzamento strutturale del sistema pubblico: 18mila nuovi ricercatori e ricercatrici sono entrati in università e centri di ricerca, recuperando anni di tagli che tra il 2012 e il 2015 avevano cancellato 10mila posti. Secondo gli ultimi dati dell’Instituto Nacional de Estadística , nel 2024 la Spagna ha raggiunto il livello più alto di investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo della sua storia, pari all’1,5% del PIL. Nonostante questi progressi, sia la Spagna sia l’Italia restano ancora sotto la media europea: nel 2024 i Paesi dell’Unione hanno investito in ricerca e sviluppo circa il 2,24% del loro Pil, contro l’1,50% in Spagna e l’1,37% in Italia. Un altro fattore, insieme alla riforma del lavoro del 2021, che ha limitato drasticamente il ricorso ai contratti temporanei, che ha contribuito a migliorare l’economia spagnola è l’immigrazione. Da anni, tuttavia, l'esecutivo del primo ministro Pedro Sánchez si impegna a migliorare i meccanismi attraverso i quali queste persone possono essere regolarizzate e quindi contribuire in maniera efficace all’economia spagnola e sostenere il suo sistema di welfare. Un esempio recente è la semplificazione dell’iter per ottenere i permessi di residenza e di lavoro che l’esecutivo ha promosso a fine 2024 con una riforma della legge che regola l’immigrazione e che tra il 2025 e il 2026 dovrebbero portare alla regolarizzazione di circa 300mila persone all’anno. Di fatto, negli ultimi dieci anni, il numero di lavoratori stranieri iscritti al sistema di sicurezza sociale spagnolo è aumentato di 1,4 milioni, raggiungendo i 3 milioni complessivi nel giugno del 2025 . Ma alcuni problemi strutturali restano Nonostante i dati positivi sull’occupazione, l’economia spagnola continua ad avere significativi problemi strutturali. Eurostat ha rilevato che l’11,2% dei lavoratori è a rischio povertà, la terza percentuale più alta dell’Unione Europea, contro una media dell’8,2%. E secondo l’ultimo rapporto della Caritas, 4,3 milioni di persone vivono in condizioni di esclusione sociale severa: il doppio rispetto al 2007. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Non solo: il tasso di disoccupazione resta il più alto dell’UE e resta elevata anche la disoccupazione giovanile che, pur in discesa rispetto ai picchi del passato, rimane elevato . Inoltre, i salari reali sono aumentati di meno del 3% negli ultimi trent’anni, frenati dalla bassa produttività, e il divario retributivo di genere, anche se in calo, vede ancora le donne guadagnare circa il 20% in meno degli uomini. Finché redditi stagnanti, disoccupazione e crisi abitativa continueranno a pesare sulla vita quotidiana, insomma, il nuovo “miracolo spagnolo” resterà incompleto.

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Roberta Cavaglià