Putin va in India, incontra Modi ma con chi parla davvero?

Nel bel mezzo delle trattative di pace per l’Ucraina, Vladimir Putin è salito su un aereo ed è volato in India per incontrare Narendra Modi. Certo si trattava di un incontro programmato da tempo, ma che non può che dare nell’occhio in una fase così delicata. Questo perché il ruolo dell’India in questa guerra, benché formalmente non esista, è particolarmente delicato. New Delhi ha giocato negli ultimi anni un ruolo cruciale nel tenere in piedi l’economia russa, vessata da embargo e sanzioni occidentali. Lo ha fatto soprattutto subentrando all’Europa nell’acquisto di petrolio e gas russi. Una scelta comprensibile da parte dell’India che, nella fase di formidabile sviluppo industriale in cui si trova, è riuscita a ottenere enormi quantità di combustibili fossili a prezzi scontati. Ma anche una scelta che, sommatasi a quella simile compiuta dalla Cina, ha quasi vanificato l’effetto delle sanzioni occidentali. “L'acquisto di greggio russo da parte dell'India - scrive Chatam House - è aumentato da meno dell'uno per cento delle importazioni totali di petrolio prima della guerra in Ucraina a un picco di quasi il 40 per cento, diventando il maggiore acquirente di greggio russo trasportato via mare e il secondo maggiore acquirente di greggio russo dopo la Cina”. Come prevedibile la apertura indiana ai commerci con la Russia ha creato delle frizioni tra Delhi e l’Occidente, in particolare quello a guida trumpiana. La ragione di tanta acrimonia sta non solo nel fatto che l’India con i suoi acquisti poderosi aveva disinnescato l’effetto delle sanzioni di Usa e Ue, ma anche e soprattutto nel fatto che, comprando gas e greggio dalla Russia, l’India aveva ridotto gli acquisti dai Paesi mediorientali e evitato di incrementare quelli dagli Stati Uniti. Così, pochi mesi fa, l’amministrazione Trump ha imposto dei durissimi dazi del 50% a Delhi, cosa che ha avuto un doppio effetto: da un lato ha ridotto le esportazioni indiane verso gli USA , dall’altro effettivamente quello di ridurre l’importazione indiana di greggio da Mosca. Un quadro complesso nel quale ha senso credere che i veri destinatari dell’incontro e delle strette di mano tra Putin e Modi, non siano né i russi né gli indiani ma gli USA di Donald Trump e, seppure in modo diverso la Cina di Xi Jinping. Per quel che riguarda Putin, infatti, è verosimile che voglia fare sapere a Trump che è ben lontano dall’isolamento in cui la guerra dovrebbe averlo cacciato e che, anzi, ha un alleato ricco e benvolente. Lo stesso potrebbe aver voluto far sapere alla Cina, anch’essa alleata silente della Russia, ma da tempo impegnata in una difficile opera di distensione con gli USA che potrebbe portarla a prendere le distanze dalla Russia. Un discorso simile vale per Narendra Modi, interessato a comunicare agli USA che anche se le importazioni di greggio russo si sono ridotte, quella porta rimane sempre aperta, e alla Cina che i rapporti tra l’India e la Russia sono solidi e cordiali. Un messaggio importante, soprattutto considerando il fatto che negli ultimi anni l’India ha avviato un poderoso piano di riarmo, nel quale è sia produttore che acquirente: produttore perché con il programma IDEX sta finanziando aziende e progetti legati alla difesa tecnologica e alla produzione di droni; acquirente perché desiderosa di comprare armamenti che la Russia è più che disposta a vendere, tanto che secondo New York Times: “La Russia è il principale fornitore di armi dell'India e la maggior parte dei sistemi di difesa aerea, dei caccia, dei fucili e dei missili utilizzati dalle forze armate indiane sono di origine russa”. Così, l’impegno reciproco sottoscritto da entrambi i Paesi nel vertice di oggi di incrementare i loro scambi commerciali e ampliare la varietà di articoli oggetto di transazioni, fino ad aumentare il commercio bilaterale a 100 miliardi di dollari entro il 2030 suona come un messaggio rivolto più a occidente e cina che alle rispettive strutture commerciali.

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Luciana Grosso