Le mani della Russia sulle elezioni armene

Un recente report di NewsGuard ha rotto il silenzio su una campagna di influenza che la Russia avrebbe messo in campo per indirizzare le sorti delle elezioni parlamentari del 2026 in Armenia: il monitoraggio del gruppo ha individuato 18 fake news diffuse a macchia d’olio dalla macchina propagandistica del Cremlino, che risultano ripetute in un totale di 13.883 post o articoli apparsi sul web, con una copertura stimata di circa 45 milioni di visualizzazioni. Il tutto, precisa NewsGuard, è avvenuto su undici piattaforme social in otto lingue diverse. Le tempistiche dell‘operazione, precisa il rapporto, costituiscono un’eccezione: è la prima volta che attacchi di questo tipo cominciano a essere messi in campo con un anticipo così largo rispetto alla data della tornata elettorale: la disinformatja diretta al Paese della Transcaucasia è infatti cominciata 14 mesi prima del voto . Questo contesto, nota anche NewsGuard, pone l’Armenia tra due fuochi: da un lato il bisogno di consolidare la democrazia in un Paese in cui rimane vulnerabile; dall’altro la pressione esterna, giocata sul terreno della disinformazione. Il rapporto suggerisce che le elezioni dell’anno prossimo – convocate per giugno – non avranno ripercussioni soltanto sulla politica interna, ma vi si innesteranno interessi geopolitici declinati sui rapporti con la Russia, l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Un’altra analisi recente, pubblicata a settembre da EVN Report, conferma che l’Armenia deve farsi trovare pronta a fronteggiare non solo compravendita di preferenze e manipolazioni dirette del voto, ma anche operazioni ibride di influenza: misure che combinano propaganda, hacking, discesa in campo delle leve economiche e manipolazione in ambito digitale. Una sfida particolarmente ostica, considerando che l’ecosistema mediale armeno registra ancora una forte dipendenza da media controllati dallo Stato, oltre a mostrare una diffusa opacità delle proprietà editoriali e, anche per conseguenza, un elevato grado di vulnerabilità alle ingerenze esterne. Le notizie false messe in circolo dalla Russia toccano ogni aspetto del prontuario della disinformazione contemporanea: storie di corruzione che colpiscono il governo, scandali sessuali inventati, video manipolati e anche risposte generate da chatbot in varie lingue, il tutto col fine di erodere la fiducia pubblica nelle istituzioni prima ancora dell’inizio ufficiale della campagna elettorale. Secondo un corsivo di Newsweek, l’Armenia stia affrontando una «guerra informativa su tre fronti»: da un lato la Russia, che teme che il Paese si accasi con l’Occidente; dall’altro l’Iran, che monitora da vicino l’influenza dell’Armenia sui suoi interessi strategici; e per finire la diaspora armena negli Stati Uniti, da sempre molto rilevante nel Paese, che esercita pressioni composite sulla politica di Yerevan. Una molteplicità di attori che rende la situazione ancora più complessa e incendiaria. LArmenia quindi non solo dovrà garantire che il processo elettorale sia davvero libero e democratico, ma allo stesso tempo sarà chiamata a costruire barriere informative capaci di limitare il successo delle operazioni di disinformazione del Cremlino. Come suggerito dal report di NewsGuard, una campagna elettorale contaminata da storie false rischia di minare la legittimità del risultato ancor prima del voto – esattamente ciò che Mosca cerca di ottenere – con ricadute potenzialmente gravissime sulla stabilità politica dell’area. In Armenia la trasparenza del finanziamento dei partiti e la libertà di accesso ai media sono ancora variabili che fanno segnare un ritardo rispetto agli standard europei: il sistema democratico, in altre parole, non poggia ancora su arti robusti. E questo ha conseguenze anche sul piano geopolitico: pur gravitante da sempre nell’orbita russa, il governo del primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha mostrato aperture verso l’Occidente – un cambio di assetto che Mosca vuole sventare a ogni costo, come detto. Per proteggersi, il Paese dovrebbe anzitutto coinvolgere osservatori internazionali e rinforzare la cooperazione con enti sovranazionali competenti in materia di disinformazione. Un rapporto dello European Centre for International Political Economy dell’anno scorso segnala che l’Occidente finora ha opposto risposte assai poco coordinato alla “soft-war” informativa della Russia. Se l’onda della disinformazione proveniente da Mosca riuscirà a scavare un solco di sfiducia in Armenia, il risultato potrebbe essere una nuova fase di instabilità anche all’estero: il Cremlino lo sa, e prova a giocarsi le sue carte. L’Europa saprà rispondere a tono, questa volta?

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Davide Piacenza