Da Polenza: "Morti in Nepal, l'overtourism non c'entra niente"

Una vita tra le grandi vette del mondo: Agostino Da Polenza conosce l’Himalaya perché l’ha vissuta da alpinista e da guida. Dall’immensa gioia delle conquiste, alle incredibili difficoltà di un mondo estremo, ha superato più e più volte gli 8000 metri sul K2. E poi Karakorum, Nanga Parabat, Annapurna, e tanto altro. A Da Polenza abbiamo chiesto il suo punto di vista sulla strage degli alpinisti in Nepal, imprigionati da una violentissima ondata di maltempo. Cosa è successo precisamente agli alpinisti sul Yalung Ri e sul Panbari? Si tratta di due eventi ugualmente drammatici ma diversi. Sullo Yalung Ri una valanga ha travolto gli alpinisti come spesso accade in queste montagne, mentre l'altro caso è stato un accumulo di neve che di fatto li ha sepolti. In questo caso non si può parlare overtourism, corretto? Non c'entra nulla l'overtourism, anzi direi che le due squadre, i due gruppi di italiani, hanno scelto montagne e valli in regioni poco note, andando a fare un alpinismo che ricorda un po' quello di esplorazione, che in questi ultimi anni è stato promosso in maniera importante dal governo del Nepal. L’overtourism viene praticato soprattutto nelle valli dove ci sono le grandi montagne, tipo Everest, ci sono migliaia di persone con una pressione umana veramente impressionante. In questo caso si tratta di alpinismo un po' esplorativo, purtroppo però quando si attua a questo tipo di alpinismo c'è anche il rischio di trovarsi in zone isolate e poco raggiungibili. Il governo nepalese ha rinnovato la politica sui permessi per accedere alle vette, com’è cambiata la situazione? Il turismo è una delle voci più importanti del bilancio in Nepal, è l'attività che viene seguita con maggiore attenzione anche dal governo. Da anni essendo il turismo la fonte principale di incasso hanno attivato una serie di politiche per valorizzare tutte le aree montane del Nepal. L'anno scorso c'è stata questa proposta che poi è stata attuata di liberalizzare un centinaio di montagne, togliendo la necessità del permesso, per renderle più accessibili. Sopra i 6.500 metri si pagano le royalties, queste sono montagne tra i 6.000 e i 7.200 metri alle quali sono state tolte royalties. Si tratta di montagne in luoghi meno conosciuti e frequentati. Cosa può fare un alpinista per evitare che un’impresa finisca in una tragedia? Quali strumenti possono aiutare un alpinista? E’ necessario avere la consapevolezza che queste sono montagne grandi e complesse e che, come tali, vanno trattate. Se si ha un problema su queste montagne, i tempi di reazione sono lunghi: in Italia tra i 15 minuti e la mezz'ora arriva l’elicottero, in Nepal le prime 12 ore trascorrono per capire qual è l'agenzia che ha fornito il servizio, di chi è la compagnia di elicotteri che potrebbe portare soccorso e la terza voce è chi paga l’elicottero che andrà a prestare il soccorso. Dopodiché iniziano le richieste dei permessi ufficiali, come in questo caso una delle due zone era una restricted area per cui bisognava chiedere una serie di autorizzazioni accessorie rispetto all'autorizzazione normale di volo. Con questa consapevolezza, bisogna avere una capacità di autosoccorso, con strumenti propri, per esempio l’inreach ossia un GPS che può inviare la propria posizione con una cadenza oraria, inviare un allarme, ricevere informazioni di tipo meteorologico e inviare dei brevi messaggi. Secondo me bisogna avere la consapevolezza che l'autosoccorso deve essere uno dei punti forti dell'organizzazione, anche delle piccole spedizioni. In questi casi spesso ci si rivolge a piccole agenzie che non hanno una struttura organizzativa buona, per cui bisogna stare un po' più attenti. I nemici del soccorso in Himalaya sono certamente il meteo, se fa brutto il tempo fare i soccorsi in Himalaya, come nelle Alpi, è difficilissimo, ma in Nepal c'è un'altra componente che è la burocrazia: meteo e burocrazia sono i due grandi nemici del soccorso in Himalaya. Gli alpinisti potrebbero avere sottovalutato il meteo? Non lo so, è difficile di dirlo. Le è mai capitata un’esperienza analoga? Mi è capitato molti anni fa quando ero molto giovane di salire una montagna nella zona del Dhaulagiri, che è un 8000, e prima di arrivare al campo base le nostre tende furono travolte da una nevicata di un metro e mezzo, due metri, fu una roba complicatissima sopravvivere e tornare a valle. Ecco questi sono dei fenomeni che in Himalaya capitano soprattutto nella stagione autunnale post monsonica dove c'è ancora della turbolenza atmosferica che si combina spesso con dei grandi cicloni che si posizionano sul golfo del Bengala quindi in India verso a Sud o sul mare arabico. La combinazione di questa situazione meteorologica può provocare queste intense nevicate che si sfogano nel giro di 24-48 ore e questa volta è durata un po' di più e ha provocato il danno che ha provocato. E quella volta lei cosa fece per sopravvivere a quella grande nevicata? Avevo come compagno un grandissimo alpinista che poi morì al K2, Renato Casarotto, un grandissimo amico: mi sono ritrovato avvolto sotto la mia tenda, nella mia tenda eravamo in due, Renato rimase schiacciato sotto la sua tenda e io mi ricordo, ero in mutande di notte, lì sotto in mezzo a questa bufera, questa marea di neve, mentre il mio compagno mi teneva per le gambe, mi infilai sotto la coltre della neve in cerca della tenda di Renato, tagliai con la picozza il telo della tenda e liberai Renato dal peso, dall’enorme peso della neve. La mattina dopo prendemmo le nostre poche cose che erano rimaste e scendemmo a valle, non senza pericoli veri. C'è un antefatto in questa mia esperienza: mentre noi salivamo incontrammo degli Yak che erano al pascolo in altissima quota, loro scendevano di corsa perché sentivano che cambiava il tempo, noi no. Invece per quanto riguarda gli alpinisti che purtroppo sono morti, secondo lei loro hanno rispettato la montagna? Sì direi di sì, hanno rispettato la montagna questa volta, che però si è comportata in maniera molto dura con loro, loro probabilmente non si aspettavano una montagna così ostile. In Himalaya capita, al Laboratorio Osservatorio Nazionale Piramide che è del CNR, sotto l'Everest, ci è capitato in 30 anni tre quattro volte di dover registrare nevicate di questa portata, nella stagione autunnale può capitare, bisogna avere la consapevolezza che quelle montagne sono grandi, grandi, grandi, che gli spazi sono enormi, che le comunicazioni sono difficili e che quindi bisogna già starci un po' più attenti, più accorti, non è facile, francamente.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Da Polenza: "Morti in Nepal, l'overtourism non c'entra niente"

Giorgia De Benetti