Zohran Mamdani è il volto nuovo della sinistra americana?

Un anno fa, nell’indifferenza generale, Zohran Mamdani, un deputato dell’assemblea di New York, di cui pochissimi conoscevano il nome , pubblicava un video nel quale annunciava di volersi candidare a sindaco. L’annuncio era insolito. Sia per il tempismo , sia per il profilo del candidato, sia per il tono del messaggio stesso. Il video infatti non si limitava a essere ben confezionato. Ma conteneva anche un tipo di narrazione insolita: non faceva la consueta geremiade delle piaghe della città, non raccontava nemmeno come il candidato le avrebbe risolte tutte. No. Individuava un problema, uno solo, il caro vita, che prometteva di risolvere con una serie di misure concrete e facili da ricordare: congelamento del prezzo degli affitti, autobus gratuiti, asili gratuiti. Fine. Niente battaglie culturali, niente massimi sistemi, niente promesse rivoluzionarie. Solo un problema concreto, che chiunque conosce e che non può essere soggetto a opinioni e scatenare dibattiti ideologici. Dalla pubblicazione di quel video da parte di un deputato locale, noto a malapena agli elettori del suo collegio di Astoria è passata molta acqua sotto i ponti e la campagna di Mamdani si è trasformata in quella che potrebbe diventare la storia politica dell’anno. Chi è Mamdani Nato in una famiglia di intellettuali benestanti , musulmano di origini ugandesi e indiane, nato a Kampala e arrivato a New York quando aveva 7 anni, Mamdani, stando ai sondaggi, sembra a un passo dal diventare sindaco di New York. Una vittoria del tutto impensabile fino alla scorsa primavera, quando, a sorpresa, ha vinto le primarie del Partito Democratico contro il superfavorito ex governatore Andrew Cuomo. Una sconfitta dopo la quale, Cuomo ha deciso di rifiutare il risultato e correre comunque da indipendente, trasformando le elezioni per il sindaco in una specie di secondo atto delle primarie democratiche. Cosa potrebbe succedere Così, anche se mancano alcuni giorni al voto, e la politica americana, di recente, ci ha abituati a grandi colpi di scena, comunque dovessero finire le elezioni per il sindaco della città più iconica degli Stati Uniti, quel che restera, sarà il ruolo che questo voto ricoprirà nel definire la forma e l’approccio del Partito Democratico da qui ai prossimi anni. Sarà quello giovane e spostato a sinistra di Mamdani, o sarà quello da ‘usato sicuro’ e centrista di Cuomo? L'affiliazione ai Dem Mamdani, infatti, afferisce al partito democratico, ma lo fa in modo atipico. Appartiene infatti al gruppo dei DSA, Democratic Socialist of America. Un gruppo che, in Italia, definiremmo ‘corrente’, anche se questa categoria non esiste nella politica americana. Per lungo tempo marginalizzato, il gruppo ha preso sempre più vigore dopo la sorprendente campagna per le primarie del 2016 di Bernie Sanders. Un vigore che negli anni non si è mai affievolito. Anzi, ha preso forza elezione dopo elezione, alimentato tanto dal dissenso al presidente Trump, quanto dalla debolezza inconcludente con cui il Partito Democratico si è opposto al trumpismo in questi ultimi anni. La matrice politica di Mamdani In questa tempesta elettorale perfetta, si è inserito, imprevisto e imprevedibile, il carisma di Zohran Mamdani. Forse perché giovane, forse perché con un passato da rapper, forse perché naturalmente portato, Mamdani ha saputo mettere in piedi una campagna particolarmente efficace, sia nella confezione, che nel messaggio: preciso, semplice, comprensibile come la promessa di ridurre il prezzo di alimentari e affitti. Una forza e una chiarezza che, almeno sino a qui, sembrano averlo fatto passare indenne dalle numerose critiche che gli sono state mosse, sia dai repubblicani, sia dai suoi stessi compagni di partito che hanno deciso di sostenere la corsa da indipendente dello sconfitto alle primarie Andrew Cuomo. Tra le accuse meno fondate: l'antisemitismo La meno fondata di queste critiche è stata quella di antisemitismo. Un’accusa che Mamdani ha smentito più volte, l’ultima delle quali registrando un video in ebraico in occasione del capodanno, ribadendo sempre di non essere in nessun modo antisemita ma di ritenere che le politiche di apartheid e violenza praticate dallo stato di Israele siano inaccettabili. Poca esperienza Più a fuoco, invece, è parso il tentativo di criticarlo per la quasi completa mancanza di esperienza. Un dettaglio non da poco se ci si prepara a governare una delle città più complesse e importanti del mondo. Nel corso dell’ultimo dibattito, il candidato repubblicano, Curtis Sliwa, lo ha canzonato dicendo che il suo curriculum si può scrivere su un tovagliolo. E lo stesso, anche se con toni più duri, ha fatto il suo compagno di partito Andrew Cuomo dicendogli apertamente che in caso di crisi non saprebbe dove mettere le mani. Una critica che affonda le sue ragioni nel fatto che Mamdani ha al suo attivo solo quattro anni come deputato statale, un ruolo non particolarmente rilevante e che, per giunta, Mamdani non ha ricoperto con grandi risultati . A queste critiche Mamdani ha trovato modo di rispondere. Non solo promettendo una giunta di personale esperto e qualificato; non solo passando gli ultimi mesi a tessere alleanze con la classe dirigente della città. Ma anche trasformando questa inesperienza in un punto di forza. Nel suo diritto di presentarsi come candidato nuovo, come scommessa e speranza di cambiamento. Inoltre, rivolgendosi a chi lo accusa di essere ‘troppo giovane’, pochi giorni fa ha pubblicato un video nel quale spegne le candeline e dice “Per chi dice che il fatto che ho 33 anni è un problema, ho una novità. Da oggi ne ho 34”.

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Luciana Grosso