Piano Trump, 20 punti e mille incognite

“Uno dei giorni più importanti della storia dell’umanità, che porrà fine a un conflitto che dura da decenni, anzi da secoli, anzi da migliaia di anni”. Così, ieri, il Presidente Trump ha iniziato la conferenza stampa con la quale ha presentato il suo piano in 20 punti per la pace a Gaza. Un piano che, al di là delle altisonanze trumpiane, sembra destinato a fare se non la storia, almeno la cronaca. Perché, nonostante sia decisamente vago e sbilanciato a favore di Israele, è stato accolto dalle cancellerie europee e soprattutto mediorientali con favore e, soprattutto, come l’unico possibile in questa fase. Secondo quanto riporta Al Jazeera, infatti, Egitto, Indonesia, Giordania, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti avrebbero rilasciato una dichiarazione congiunta in cui accolgono con favore i "sinceri sforzi di Trump per porre fine alla guerra a Gaza e accolgono con favore l'annuncio del presidente Trump in merito alla sua proposta di porre fine alla guerra, ricostruire Gaza, impedire lo sfollamento del popolo palestinese e promuovere una pace globale, nonché il suo annuncio che non consentirà l'annessione della Cisgiordania”. Parole che si scrivono come il plauso dei Paesi musulmani alla mediazione di Trump, ma che si leggono come un sostanziale – ulteriore - isolamento di Hamas e che potrebbero portare i miliziani a non avere alternativa che non sia accettare l’accordo. Scrive infatti Guardian che “sarà il sostegno di potenze regionali come Turchia, Egitto, Qatar e Giordania a determinare il fallimento o il successo, poiché potrebbero riuscire a fare pressione su Hamas affinché accetti la proposta. Un funzionario del Qatar ha dichiarato che martedì il Qatar incontrerà Hamas e la Turchia per discutere il piano”. Un quadro nel quale il movimento islamista potrebbe non avere realmente scelta. Nonostante questo, però, il piano in venti punti contiene numerosi punti che potrebbero essere difficili da digerire per il gruppo armato. Primo fra tutti la vaghezza delle condizioni imposte e Israele cui si chiede il rilascio di un migliaio di prigionieri e un non meglio precisato ritiro dalle aree della Striscia. “Le forze israeliane - recita il punto 3 - si ritireranno sulla linea concordata per preparare il rilascio degli ostaggi. Durante questo periodo, tutte le operazioni militari, compresi i bombardamenti aerei e di artiglieria, saranno sospese e le linee di battaglia rimarranno congelate fino a quando non saranno soddisfatte le condizioni per un ritiro graduale completo”. Condizioni i cui termini, però, non sono specificati. Allo stesso modo potrebbe essere difficile, per Hamas, accettare il governo per Gaza previsto dal piano di Trump, che, al punto 9, recita: “Gaza sarà governata da un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e delle amministrazioni comunali per la popolazione di Gaza” ma che soprattutto prevede che “questo comitato sarà composto da palestinesi qualificati ed esperti internazionali, con la supervisione e la supervisione di un nuovo organismo internazionale di transizione, il "Board of Peace", che sarà presieduto dal Presidente Donald J. Trump, con altri membri e capi di Stato che saranno annunciati, tra cui l'ex Primo Ministro Tony Blair”. Un punto, questo, che va oltre quanto previsto dal più semplice punto 1, che recita “Gaza sarà una zona deradicalizzata e libera dal terrorismo che non rappresenterà una minaccia per i suoi vicini”. Questo perché prevede non solo la fine del governo di Hamas, ma anche l’insediamento di un governo di fatto straniero, o quanto meno controllato da occidentali, una fattispecie che a Hamas potrebbe risultare indigesta tanto quella della presenza di Israele. Sempre l’articolo 9, infatti, procede in merito a cosa dovrà fare questo Board of Peace in attesa del momento in cui il controllo politico della Striscia potrà passare all’Autorità Nazionale Palestinese: “Questo organismo definirà il quadro e gestirà i finanziamenti per la riqualificazione di Gaza fino a quando l'Autorità Nazionale Palestinese non avrà completato il suo programma di riforme, come delineato in diverse proposte, tra cui il piano di pace del Presidente Trump del 2020 e la proposta franco-saudita, e potrà riprendere il controllo di Gaza in modo sicuro ed efficace. Questo organismo si baserà sui migliori standard internazionali per creare una governance moderna ed efficiente al servizio della popolazione di Gaza e che favorisca l'attrazione di investimenti”. Così il punto 9 appare vago e fumoso su tutto, tranne che nel precisare che il controllo del territorio sarà in capo al Board of Peace. Non solo, ma il punto 10 del piano, pur senza dirlo esplicitamente, ha tutto l’aspetto di riguardare il progetto di Gaza Riviera e prevede : “Un piano di sviluppo economico di Trump per ricostruire e rivitalizzare Gaza sarà elaborato convocando un gruppo di esperti che hanno contribuito alla nascita di alcune delle fiorenti città moderne miracolose del Medio Oriente. Molte proposte di investimento ponderate e idee di sviluppo entusiasmanti sono state elaborate da gruppi internazionali ben intenzionati e saranno prese in considerazione per sintetizzare i quadri di sicurezza e governance per attrarre e facilitare questi investimenti che creeranno posti di lavoro, opportunità e speranza per il futuro di Gaza”. Condizioni che, in una situazione normale, Hamas non avrebbe mai accettato, con buona pace del fatto che queste si accompagnino alla promessa di interrompere le ostilità e di riprendere le forniture di aiuti umanitari sotto l’egida dell’ONU e non sotto quella della Gaza Humanitarian Fundation. Solo che questa, è evidente, non è una situazione normale: Gaza è allo stremo, Hamas è indebolita e isolata, Israele e Stati Uniti sono più vicini che mai e i Paesi arabi decisi a chiudere la faccenda. Lo spazio di trattativa dunque appare ridotto, praticamente inesistente.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Piano Trump, 20 punti e mille incognite

Luciana Grosso