Il giorno zero di Gaza: le voci degli operatori nella Striscia

“A Gaza i bambini ci dicono che sognano di morire: sperano di andare in paradiso per trovare cibo e sicurezza. Un bambino di sette, otto anni che esprime un desiderio simile ci fa capire a che punto è arrivata la situazione”. Per Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia, la situazione in corso a Gaza è “una catastrofe umanitaria senza precedenti”, precipitata ulteriormente in seguito all’attacco via terra messo in moto dall’esercito israeliano a Gaza City nella notte tra il 15 e il 16 settembre. In questo momento sono migliaia i residenti in fuga dalla città che si spostano verso il sud della Striscia alla ricerca di rifugio e di luoghi sicuri che in realtà non esistono. “Questa invasione è una condanna a morte per i bambini e le bambine e per le loro famiglie – per Fatarella, responsabile di un’organizzazione che lavora con i minori, l’aggressione israeliana ha segnato la distruzione dell’infanzia a Gaza –. Da nessuna parte gli sfollati sono destinati a ricevere un’accoglienza dignitosa: non è soddisfatta nemmeno la richiesta di cibo e di acqua. Intere famiglie non sanno più dove andare, non possono muoversi o non credono neanche più di poter trovare salvezza da un’altra parte, perché già reduci di più sfollamenti. La distruzione a cui assistiamo è tremenda e solo una cosa può porvi rimedio: il cessate il fuoco”. I bambini vittime del conflitto dal 7 ottobre 2023 sono oltre 20mila e circa 450mila sono a rischio in seguito all’escalation. “Ci sono minori in cammino, senza papà, senza mamma, traumatizzati, di cui rischiamo di perdere completamente le tracce – spiega Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia –. Mentre circa diecimila di loro soffrono di malnutrizione acuta, le forze di difesa israeliane hanno distrutto dieci centri nutrizionali e le condizioni igienico-sanitarie sono tremende: è una situazione disperata e noi abbiamo il dovere di proteggere questi bambini in fuga, perché non hanno più nulla, nemmeno i genitori”. L’invasione via terra dell’esercito israeliano ha accentuato il pericolo legato a bombardamenti già sistematici e, al tempo stesso, reso ancora più rischioso il lavoro delle organizzazioni umanitarie attive nella Striscia. Tra queste, ad avere ancora diverse realtà operative a Gaza City è Medici Senza Frontiere. Il suo direttore per l’Italia, Stefano Di Carlo, ospite a Sky Tg24, ha raccontato come la situazione sia peggiorata molto nelle ultime ore, suscitando nelle persone un diverso approccio psicologico: “Molte famiglie sono già state evacuate forzatamente diverse volte, adesso cercano di spostarsi verso sud, dove peraltro la sicurezza non è garantita e dove ci sono tantissimi civili ammassati, ma lo fanno con l’idea che non torneranno più indietro: vogliono abbandonare tutto e tutti”. L’organizzazione internazionale lavora in ospedali, come ad Al-Shifa, fornisce supporto alle vittime di guerra e cerca di porre rimedio a uno dei più grandi mali che in questo momento affligge la Striscia: la malnutrizione. Per Di Carlo, l’unica risposta efficace è quella che deve venire dai referenti politici e dai governi europei e mondiali, che dovrebbero ambire a consistenti pressioni diplomatiche: “È necessario un coinvolgimento politico forte e non timido e inconcludente come si è mostrato fino ad oggi. Le parole di ministri che condannano e si dicono non allineati con Israele non sono sufficienti: bisogna usare tutti i mezzi, compresi quelli finanziari, e smettere di commerciare armi con Tel Aviv, forzarlo a un cessate il fuoco e a porre fine al genocidio in atto a Gaza”.

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Ludovica Rossi