Come Trump ha paradossalmente sbloccato gli accordi tra Ue e Mercosur

Forse ci siamo. Forse nelle prossime settimane potrebbe arrivare la conclusione, attesa da più di un quarto di secolo, di uno degli accordi commerciali più importanti del mondo: quello tra Europa e Mercosur, il blocco latino americano di Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay. Ieri, la Commissione europea ha presentato il contenuto dell’accordo raggiunto lo scorso dicembre con i Paesi latinoamericani. Per la prima volta dopo una trattativa durata più di 25 anni, i pianeti sembrano sul punto di allinearsi e l’accordo avere il via libera di Parlamento e Consiglio. La svolta dell’intesa, rimasta impantanata per decenni, è arrivata, per quanto paradossale, grazie a un dis-accordo commerciale. La guerra dei dazi scatenata da Donald Trump ha infatti avuto l’effetto di costringere l’Ue a cercare nuovi partner commerciali e a stringere i tempi rispetto alla trattativa con i mercati latini. Nel dettaglio, a opporsi con forza agli accordi commerciali con i Paesi del Sud America, sono sempre stati Francia, Polonia e Italia, tre Paesi produttori di carne bovina, spaventati dai grandi numeri della carne sudamericana. Francia, Polonia e Italia, infatti, sono tra i maggiori produttori ed esportatori europei di carni bovine, ma le loro produzioni, per quanto grandi, rischiano di essere nanificate da quelle di Argentina e Brasile. Per avere un’idea delle proporzioni, la Francia, che è il più grande produttore di carne in Europa, produce 1,3 milioni di tonnellate di carne ogni anno; tutta quanta l’Europa ne produce circa 6. Il Brasile, da solo, ne produce 31 milioni. E anche se una percentuale residuale di questa enorme produzione arrivasse sui mercati europei, si teme potrebbe sconquassarli del tutto, mettendo in ulteriore difficoltà un settore che già non naviga in acque particolarmente buone, stretto com’è tra alti costi di produzione e bassi prezzi di vendita. Secondo i produttori di carne europei, però, il problema non sarebbe solo quantitativo, ma anche qualitativo, perché i produttori sudamericani non andrebbero incontro alle enormi spese e alle verifiche ambientali cui sono sottoposti i produttori europei, e questo falserebbe ancora di più la già impari competizione. Nonostante le resistenze, l’intesa è stata perseguita dai responsabili europei con crescente impegno. La contropartita sarebbe infatti l’apertura all’export europeo delle sconfinate e soprattutto popolose e giovani piazze sudamericane. Questo della demografia non è un dettaglio da poco, perché demograficamente l’Europa non si sostiene più. E, per quanto il nostro sia un mercato ricco e con alta capacità di spesa, è anche un mercato che, semplicemente, non cresce in numero di acquirenti. E un discorso simile vale anche per gli Stati Uniti, fino a poche settimane fa nostro partner per elezione e piazza ricchissima, ma sempre meno frequentata. Così, da molto prima dell’arrivo dei dazi di Trump, per l’Ue si era reso necessario diversificare e l’America Latina, con la sua demografia ed economia in crescita, ha fornito la risposta ideale. Al momento la popolazione del Mercosur, ossia del gruppo dei quattro Paesi latino americani principali, conta circa 300 milioni di abitanti, il che significa più o meno quanti gli Stati Uniti. E lì potrebbero sbarcare le nostre merci, le nostre auto e soprattutto i nostri prodotti farmaceutici e chimici, che sono il cuore della produzione e dell’export europeo. Inoltre, la stipula dell’accordo potrebbe consentire all’Europa non solo di esportare, ma anche di importare. In questo senso il Mercosur è strategico, perché ha una tale ricchezza in termini di materie prime necessarie alla transizione energetica che potrebbe almeno parzialmente svincolare l’Ue dalla dipendenza che, in questo settore, ha con la Cina. Così sulla base di queste evidenze economiche, l’Ue ha insistito per stringere su questo accordo in discussione da 25 anni. E ha inserito, in fase di mediazione, una serie di clausole e norme che hanno mitigato l’opposizione di Francia, Polonia e Italia. Prima di tutto la possibilità, per le aziende europee, di partecipare a gare d’appalto pubbliche latino americane. Poi l’introduzione di clausole di salvaguardia: qualora i volumi delle importazioni dovessero aumentare di oltre il 10% o qualora i prezzi diminuissero di tale importo in uno o più Paesi membri dell'Ue, scatterebbe una sospensione o una riduzione delle importazioni di carni e prodotti agricoli. In ogni caso, la Commissione ha disposto un fondo di sostegno agli agricoltori, per un totale di circa 6 miliardi di euro che possa ristorarli da eventuali perdite e assicurato verifiche e controlli sulle condizioni di allevamento praticate al di fuori dei suoi confini. Tutto questo ha contribuito a superare le resistenze di Francia e Italia, anche se non della Polonia che però a questo punto non può che adeguarsi. A sbloccare una trattativa lunga vent’anni sono state, in ultima analisi, la necessità di trovare nuovi mercati e il bisogno di scappare da Trump.

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Luciana Grosso