Anche i Balcani a rischio overtourism?

Uno spettro si aggira per i Balcani ed è quello dell’overtourism. Dalle simboliche pistole d’acqua sparate dai residenti contro i turisti a Barcellona fino alle iniziative per scoraggiare questo fenomeno, come il sabotaggio dei locker dei b&b a Roma: a Ovest un po’ ovunque è esplosa l’insofferenza. Al di là dell’Adriatico, dove il numero di vacanzieri dagli inizi degli anni Duemila è cresciuto in modo esponenziale sembra ancora prevalere l’entusiasmo per le opportunità economiche che ne derivano, ma le presenze in alcune città e località balneari, fino a poco tempo fa fuori dai radar e ora prese d’assalto dagli avventori internazionali, sono sempre più concentrate e ingombranti. Un cambio di paradigma “Vediamo che c'è un flusso costante, robusto e in ascesa. In particolare, sto pensando a Sarajevo e Mostar per la Bosnia-Erzegovina e al boom che coinvolge l'Albania, soprattutto nella regione di costa. Abbiamo assistito a un cambiamento di sensibilità: quello che una volta era un territorio che, possiamo dirlo, faceva persino paura, oggi si è trasformato in un polo attrattivo”, spiega Leonardo Barattin, presidente di “Viaggiare i Balcani”, associazione attiva dal 2008 per promuovere lo sviluppo di un turismo responsabile nell’Europa sud-orientale. Questa regione, dove si produce più Storia di quanto la si possa consumare, come diceva Churchill, ha scontato luoghi comuni e pregiudizi. “C'era una diffidenza all’epoca legata alla scarsa conoscenza di ciò che era accaduto negli anni Novanta nell’ambito delle guerre dell’ex Jugoslavia, le persone non avevano ancora ben chiare le dinamiche e attivavano così un immaginario negativo. Prevaleva la paura di ciò che era accaduto; si percepiva la zona come pericolosa indipendentemente dai conflitti; vi era l'idea che fossero popoli violenti per storia e indola. Dall’altra parte, per altri Paesi come Romania e Albania, pesava quasi mezzo secolo di distanza legata alla natura dei regimi politici e a un comunismo intransigente che aveva isolato e sigillato ermeticamente i confini. E non dimentichiamo che a seguito degli spostamenti di massa e alle ondate migratorie verso l'Europa occidentale della fine del secolo scorso, anche la stampa ha alimentato una narrazione demonizzante attraverso la cronaca”, sottolinea Barattin. Oggi la situazione è radicalmente cambiata. Basta dare un rapido sguardo ai dati diffusi negli ultimi giorni dal Ministero del Turismo. Nel 2024 è stato registrato un incremento consistente dei viaggi verso Est dall’Italia: per l’Albania un +38,8%, per la Croazia un +95,2% e per la Bulgaria un +63,8%. Barattin intravede dietro questo picco sia aspetti positivi sia negativi. “È un bene che si sia presa confidenza con luoghi e persone con cui invece la distanza, non tanto geografica quanto mentale, era molto ampia. Anche la Romania è ormai diventata una meta completamente sdoganata”. Questa normalizzazione porta, tuttavia, con sé anche delle criticità: “Il rischio è quello di un turismo fondato su banalizzazioni, superficialità, e sto parlando di rischio non di effettiva realtà, ma in vari casi notiamo una preparazione non adeguata al livello di guide turistiche. Queste sono figure fondamentali per indirizzare i flussi e per evitare una concentrazione in alcuni posti. Se il livello di formazione minimo richiesto per gli operatori è basso, non si approfitta appieno di quella che può essere la grande offerta culturale nel senso più esteso del termine: sto parlando di storia, di società, di architettura, di urbanistica”, conclude. Le mete più esposte all’overtourism Per Barattin le destinazioni più esposte agli eccessi di un turismo selvaggio sono diverse e ne indicata a titolo di esempio quattro, a partire dalla Bosnia-Erzegovina, che non viene spesso menzionata tra i fronti caldi dell’overtourism. “A Sarajevo e Mostar quella che viene chiamata tecnicamente gentrificazione sta cominciando a coinvolgere anche per chi organizza itinerari culturali. Risulta più difficile oggi portare avanti dei progetti culturalmente approfonditi in contesti sottoposti a forte pressione. Nuovi attori che promuovono un turismo più ‘facile’ stanno avanzando”. Parliamo di luoghi che portano ancora i segni di una guerra recente e che meriterebbero di essere affrontati con una certa dose di misticismo e che invece si ritrovano sovraffollati e travolti dal caos anche durante l’inverno: “Così perdono anima e identità. Un consiglio che do per chi visita Mostar è di spostarsi, dopo aver visitato il cuore storico ottomano bombardato negli anni Novanta, e allontanarsi dalla folla spingendosi in quartieri che riescono a conservare lo spirito della città, pur non essendo nel centro tutelato dall'UNESCO. Mostar è uno di quei centri in cui la macchina del turismo veloce è stata messa in moto ed è difficile da bloccare”. Un altro esempio per parlare di ciò che non sta funzionando a livello turistico al di là dell'Adriatico è la costa istriana e, secondo Barattin, Rovigno incarna al meglio tutte i paradossi. "Parliamo di una città carica di storia, soprattutto quella legata alla lunga esperienza nell'ambito della Repubblica di Venezia. Ciò che registro personalmente è che il potenziale di questo centro è sprecato e sta diventando sempre di più un posto dove spendere delle giornate ignorando la qualità e la complessità del patrimonio culturale”. In Croazia, sebbene non si sia arrivati a proteste e una vera e propria mobilitazione da parte dei locali, da anni è aperto un dibattito su come convivere con le ondate estive di turisti e si stanno prendendo provvedimenti anche sul tema degli affitti brevi per governare il fenomeno. L’aumento dei prezzi - tra marzo 2021 e marzo 2025 +44%, complice anche l’adozione dell’euro - potrebbe a lungo andare scoraggiare le presenze. Voli abbordabili e costi della vita contenuti - ormai un ricordo - hanno rappresentato un grande stimolo alla crescita del turismo in tutta questa area. Sul fronte albanese, Barattin segnala uno sbilanciamento a favore della zona costiere. “Vediamo che c’è molta valorizzazione di ciò che può essere il momento del relax ad un costo molto più competitivo rispetto ad altre località dell'Adriatico, però allo stesso tempo una scarsa volontà di mettere in risalto i beni culturali e la ricchezza artistica. Puntare sul relax è la via più breve per riuscire ad ottenere quello che viene percepito come crescita o sviluppo economico, però col tempo questo modello dimostra grossi limiti”. Barattin risponde alle domande di Skytg24 Insider dalla Serbia dove si trova in questi giorni per accompagnare un gruppo di viaggiatori in cerca di un contatto autentico con il territorio. “Abbiamo proposto come Associazione Viaggiare i Balcani un itinerario meno battuto rispetto a quello classico che vede Belgrado e la Voivodina tappe immancabili, un’alternativa anche al tour dei monasteri medievali che è un po’ un must. Il gruppo che sto guidando sta attraversando invece la parte centro-meridionale con una serie di visite che potremmo considerare anomale. Oggi mi trovo a Novi Pazar, che per via dei suoi profondi legami con l’Impero ottomano e per la traiettoria politico-militare che ha seguito tra Ottocento e Novecento, è un po’ come il Sud Tirolo per l'Italia". Studiare e seguire percorsi alternativi è di certo un antidoto al sovraffollamento. Uno Stato più piccolo che già da almeno un decennio è protagonista di un exploit turistico è sicuramente il Montenegro che vanta spiagge bellissime e aree naturalistiche senza rivali. “Il Montenegro ha sofferto della colonizzazione edilizia della costa che ha avuto l’apice soprattutto dagli anni ’10". Il cambiamento del paesaggio soprattutto a Budua e a Cattaro è stato violento. "Città che sono state stritolate da un turismo molto asfissiante“, conferma Barattin. Tanto che lo scorso anno per frenare i molti visitatori sulle centinaia di barche, yacht e navi da crociera che attraccavano e attraccano quotidianamente nel porto di Cattaro, si è cominciato a discutere dell’innalzamento della tariffa di 1 euro posta per l’ingresso in città. Per chi vuole allontanarsi dalla bolgia, Ulcinj, in italiano Dulcigno, potrebbe essere una soluzione: questo antico porto è ancora scelto dai locali più che dagli esterni e non-balcanici. “Vediamo se nei prossimi anni sarà risucchiata dal turismo di massa anche questa splendida realtà, considerando - continua - che ci sono grandi progetti di investimento su questa area per trasformare zone naturalistiche in grandi resort”. Il parlamento del Montenegro ha approvato di recente con una misura di urgenza un accordo di cooperazione con gli Emirati Arabi Uniti sul turismo e sullo sviluppo immobiliare e si prepara a cedere agli EAU anche la straordinaria spiaggia di Dulcigno. "Al momento il progetto di sfruttamento turistico DI Ada Bojana ha subito una battuta di arresto - spiega Barattin - ma non escluderei che venga realizzato con altre modalità. Il tema del rapporto tra potere politico e territorio è di grande importanza". Molte le perplessità e i misteri sulle clausole dell’accordo. Nel dubbio non resta che visitarla - sempre con le dovute cautele per non farne un nuovo ingranaggio della macchina dell'overtourism - prima che sia troppo tardi per godersi un po’ di tranquillità, circondati dal blu del mare cristallino e dal bianco della sabbia con i suoi dolci pendii.

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Ludovica Passeri