Trump, Epstein e la frattura MAGA: il caso che spacca la destra america

Il presidente Usa Donald Trump e una parte consistente della sua base repubblicana più radicale, legata al movimento MAGA , sono ai ferri corti. Motivo dello scontro: la decisione del Dipartimento di Giustizia, sotto l’amministrazione Trump, di archiviare il controverso caso Jeffrey Epstein. Il finanziere, morto suicida in una cella di New York nel 2019, era al centro di una torbida vicenda di abusi sessuali e traffico di minori, e da anni è una figura centrale nei racconti cospirazionisti della destra populista americana. Per anni, Epstein, la sua isola privata nei Caraibi — dove si presume organizzasse festini sessuali con ospiti di alto rango — e il suo entourage, sono stati indicati da Trump e dai suoi sostenitori come simboli del declino morale dell’élite americana. Nel sottobosco MAGA, le critiche del presidente e dei suoi alle opacità del caso si sono trasformate in una vera e propria narrazione alternativa: si parlava di una presunta lista di clienti famosi, tra cui figure di spicco del mondo progressista, e di un tentativo deliberato del cosiddetto “Deep State” di nascondere la verità. Il contrappasso di Trump Anche grazie a casi come quello di Epstein, Trump — sostenuto nella sua campagna 2024 da nomi come Elon Musk, Timothy Mellon e Miriam Adelson — ha costruito la sua immagine di outsider anti-establishment, portavoce del popolo contro le élite. Ma proprio sul caso Epstein ha finito per deludere la sua base, soprattutto per via delle scelte della ministra della Giustizia, Pam Bondi. La scorsa settimana, ricorda il New York Times, “in un memorandum non firmato, il Dipartimento ha dichiarato che non esistono prove che Epstein avesse una lista di clienti, né che avesse ricattato personaggi di rilievo, aggiungendo che la sua morte nel 2019 fu un suicidio”. Parole che hanno gelato i sostenitori MAGA, che avevano riposto grandi aspettative su Bondi. A febbraio, in un’intervista a Fox News, aveva dichiarato che la famosa lista era “sulla mia scrivania, pronta per essere esaminata”. Pochi giorni dopo è stata costretta a fare marcia indietro, spiegando di essersi riferita genericamente al fascicolo sul caso, non a un elenco specifico di clienti. Analoga retromarcia è arrivata dall’FBI, guidato da Kash Patel, trumpiano della prima ora, che nel 2021 si riferiva alla presunta lista come al “libro nero” della politica americana . L’attuale vice di Patel, Dan Bongino, ha affermato lo scorso anno nel suo podcast che “la lista dei clienti di Epstein avrebbe scosso il Partito Democratico”. La destra populista sulle barricate Trump ora è sotto accusa: molti nella destra populista parlano apertamente di insabbiamento. Marjorie Taylor Greene, deputata della Georgia e volto di punta dell’ultradestra, ha parlato di “capovolgimento totale” della linea politica di Trump. A complicare le cose, sempre secondo il New York Times, ci sarebbe anche un’indiscrezione rilanciata da Elon Musk: nell’ambito del suo "divorzio" dal movimento MAGA, Musk avrebbe sostenuto che Trump e il suo storico alleato Steve Bannon compaiono nei documenti legati al caso Epstein – una rivelazione che ha alimentato teorie sul possibile movente che avrebbe spinto il presidente a frenare sull'inchiesta. Trump aveva conosciuto Epstein a New York tra gli anni Novanta e Duemila, e sebbene non ci siano prove di comportamenti illeciti da parte sua o di altre figure politiche, il solo legame oggi pesa. Il caso rischia di diventare un boomerang: solo ieri, la Camera dei Rappresentanti — a maggioranza repubblicana — ha bocciato per un soffio una mozione democratica che chiedeva di rendere pubblici tutti i file sull’inchiesta. I Democratici vogliono sfruttare l’incertezza nella base repubblicana, consapevoli che una delle loro poche chance di rilancio passa proprio dalle contraddizioni interne a un partito in cui le anime diverse, finora, erano unite solo dalla leadership carismatica di Trump. La pressione dei MAGA su Trump Come nota Politico, gli elettori MAGA “credono a Trump quando promette di prosciugare la palude, di combattere le élite e di indagare sulle cospirazioni che proliferano online, da Epstein ad altri casi. Ma se viene percepito come distante dalla loro causa, il danno alla sua popolarità è maggiore di qualsiasi attacco proveniente dai Democratici”. Le critiche più dure a Trump non arrivano da sinistra, ma da destra: da figure come Tucker Carlson, che interpreta il malcontento crescente verso un presidente giudicato ormai troppo compromesso per guidare una rivolta anti-sistema. Il caso Epstein è diventato così la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo settimane di tensioni crescenti: dalla riapertura dei canali con le monarchie del Golfo alla decisione di bombardare l’Iran lo scorso 22 giugno, fino alla rottura con Musk e ai generosi sussidi per le aziende del comparto sicurezza previsti dallo One Big Beautiful Bill Act. Trump oggi si ritrova a guidare un partito attraversato da divisioni profonde, con una base radicale che per la prima volta gli volta le spalle su un tema ad alta intensità simbolica. I tentativi di placare le acque — come l’invito a Bondi a rendere pubbliche “tutte le informazioni credibili” — rischiano di aggravare un cortocircuito che, a oggi, si è rivelato il più spinoso nodo politico che il presidente si sia trovato a dover gestire dopo la rielezione.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Trump, Epstein e la frattura MAGA: il caso che spacca la destra america