Francia e Regno Unito, asse atomico per l’Europa

Nel nuovo quadro della sicurezza europea, sempre più segnato dall’incertezza sul ruolo degli Stati Uniti, Francia e Regno Unito uniscono le forze sul fronte della deterrenza nucleare. È questo il messaggio politico più forte emerso dalla visita ufficiale di Emmanuel Macron a Londra, suggellata da un’intesa con il premier Keir Starmer per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi sul piano strategico e militare. Il cuore dell’accordo riguarda il coordinamento tra gli arsenali nucleari delle due potenze europee: “Indipendenti ma coordinabili”, ha spiegato il presidente francese, mentre Starmer ha sottolineato come “dalla guerra in Europa ai nuovi rischi nucleari e agli attacchi informatici quotidiani, le minacce si moltiplicano. Siamo pronti – ha aggiunto – a usare la nostra forza condivisa per potenziare le capacità congiunte, preparandoci per i decenni a venire”. Deterrenza condivisa Attualmente, Londra dispone di circa 225 testate nucleari, tutte impiegabili tramite sottomarini, anche se – come ricorda The War Zone – il governo britannico ha annunciato l’intenzione di dotarsi di caccia F-35A con capacità di sgancio delle bombe gravitazionali B61-12 fornite dagli Stati Uniti. La Francia, dal canto suo, ne possiede 290, distribuite tra la componente subacquea e quella aeronautica: i Rafale costituiscono il fulcro della sua forza di dissuasione. L’obiettivo dichiarato è offrire, in prospettiva, un ombrello atomico a tutta l’Europa continentale, colmando il possibile vuoto strategico che si aprirebbe in caso di disimpegno americano, sempre più proiettato sul teatro Indo-Pacifico. Si tratterebbe di una garanzia estrema, in grado di rafforzare la sicurezza collettiva e la capacità europea di difendersi autonomamente. Una prova di maturità strategica La mossa franco-britannica rappresenta anche un banco di prova per l’Europa della difesa: si tratta di verificare se il Vecchio Continente sia davvero pronto ad assumersi la piena responsabilità della propria sicurezza. Un test che trascende la cornice della NATO e sollecita nuovi equilibri. Il Regno Unito partecipa agli accordi di “nuclear sharing” dell’Alleanza Atlantica – come l’Italia e altri Paesi europei – e in caso di conflitto potrebbe utilizzare testate americane ospitate sul proprio territorio. Diversamente, la Francia ha mantenuto la sua dottrina nucleare al di fuori del coordinamento NATO, subordinando l’uso dell’atomica a esigenze di sovranità nazionale. Oggi, però, il mutato contesto globale impone a entrambi una revisione: Londra è spinta a emanciparsi, almeno in parte, dal tradizionale legame esclusivo con Washington; Parigi, a sua volta, guarda oltre i confini della République, estendendo all’Europa il raggio d’azione della propria “Force de dissuasion”. Un messaggio agli alleati Camille Grand, già alto funzionario della NATO definisce quella di Macron e Starmer “una dichiarazione piuttosto incisiva dell’impegno franco-britannico per la sicurezza europea”, aggiungendo che la relativa “piccola dimensione degli arsenali dei due Paesi rende auspicabile un coordinamento operativo”. Il rafforzamento della cooperazione si estenderà anche allo sviluppo congiunto di vettori, alla balistica e alle tecnologie abilitanti, con l’ambizione di ridurre progressivamente la dipendenza dagli “strategic enablers” statunitensi – ovvero quelle capacità critiche che determinano l’efficacia complessiva di uno strumento militare. Londra e Parigi, insomma, non parlano solo tra loro o con Washington: si rivolgono anche ai partner europei, in particolare a Germania e Polonia, oggi in prima linea per investimenti e spesa militare nell’area atlantica. Nella corsa all’autonomia strategica, Londra e Parigi restano però gli unici attori europei in grado di mettere sul tavolo la carta decisiva: il possesso dell’arma nucleare. Una prerogativa che – al netto delle alleanze – può rivelarsi decisiva per definire chi guiderà davvero la futura difesa comune del continente.

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