Congo-Ruanda, dopo gli accordi di Washington sarà pace vera?

La pace che sembra a portata di mano nella Repubblica Democratica del Congo potrà davvero concretizzarsi? Lo scorso 27 giugno, a Washington, Kinshasa e Kigali hanno firmato alla Casa Bianca — alla presenza del presidente statunitense Donald Trump — un accordo-quadro per porre fine a un conflitto che dura da oltre trent’anni. Ma i dubbi riguardano la reale capacità di tradurre l’intesa in un processo di pacificazione duraturo. Il nodo principale resta il legame tra il Ruanda e la milizia M23, attiva nel Nord Kivu, nell’est del Paese, che da gennaio ha ripreso un’ampia offensiva, conquistando centri strategici, tra cui Goma, capoluogo della provincia. GLI ACCORDI DI WASHINGTON E LE LORO CONSEGUENZE Un’intesa preliminare, dunque, è stata raggiunta. I presidenti Paul Kagame e Félix Tshisekedi si sono impegnati a trasformarla in un trattato di pace vero e proprio nelle prossime settimane. Gli obiettivi dichiarati: cessazione delle ostilità, disarmo delle milizie combattenti, ripristino della piena sovranità territoriale di Kinshasa e ridefinizione degli accordi economici relativi allo sfruttamento del ricchissimo sottosuolo congolese — cobalto, tantalio, titanio e altre risorse strategiche. L’accordo prevede anche l’avvio di progetti congiunti nei settori dell’energia idroelettrica, della gestione delle risorse del lago Kivu, della tracciabilità delle catene minerarie e del rafforzamento delle filiere locali. Una cornice che apre la strada a importanti investimenti da parte di partner esterni. Il Ruanda, che ha storicamente beneficiato dello sfruttamento di questi minerali grazie alla presenza di milizie a esso legate, nega ogni coinvolgimento con l’M23. Come riporta la BBC, Kigali sostiene che la propria presenza militare nella regione sia una misura difensiva contro le minacce poste da gruppi armati come le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda , eredi delle milizie responsabili del genocidio del 1994. IL NODO MINERARIO Oggi il Ruanda accetta di sedersi al tavolo delle trattative, tentando di consolidare con la diplomazia ciò che con la forza non è riuscito a ottenere: la supremazia sui giacimenti dell’est del Congo. Il Centre for Strategic and International Studies ha definito l’accordo un “Critical Minerals for Security and Peace Deal”, evidenziando come la mediazione americana abbia messo sullo stesso piano gli obiettivi di stabilità geopolitica e la salvaguardia delle catene di approvvigionamento strategiche per l’industria tecnologica. Il CSIS avverte però che “sebbene l’intesa prometta accesso a risorse vitali come cobalto e tantalio — in particolare per gli Stati Uniti — rischia di ridurre la pace a uno scambio transazionale”, ovvero a un fragile equilibrio di convenienza. Inoltre, ricorda che “i minerali sono solo una delle cause del conflitto”. A pesare sono anche tensioni etniche, contese territoriali e rivendicazioni di cittadinanza irrisolte, soprattutto per le comunità di lingua kinyarwanda, il cui status giuridico nella Repubblica Democratica del Congo resta ambiguo. Tutti elementi profondamente radicati nella crisi della regione. VERSO IL MOMENTO DELLA VERITÀ La pace tra Congo e Ruanda avrà successo solo se riuscirà a influenzare positivamente i colloqui — mediati dal Qatar — tra Kinshasa e il movimento M23, affrontando i punti più delicati: il disarmo reale delle milizie, il ritiro delle truppe ruandesi dalle aree occupate, il rispetto dell’integrità territoriale del Congo, il ritorno sicuro dei rifugiati espulsi dalle zone di conflitto e la ripresa degli aiuti umanitari. Resta infine da chiarire quale sarà il destino delle FDLR, attore terzo e ostile a entrambi i governi, ma ancora presente nello scenario di guerra. I punti interrogativi sono molti, e la tregua di Washington rappresenta solo un primo passo. Ma è un passaggio cruciale: si avvicina il momento della verità, in cui Congo e Ruanda dovranno dimostrare se il cammino verso la pace può davvero essere percorso fino in fondo. E se gli ostacoli lungo la strada, con il sostegno della comunità internazionale, saranno infine superabili.

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