Il ricordo dell’amico di Papa Francesco: "Gli feci conoscere Maradona"

Figura di spicco nel panorama politico, eletto al parlamento nazionale nel 2019, Eduardo Valdés è stato ambasciatore dell’Argentina presso la Santa Sede. Ha conosciuto Jorge Bergoglio nel 1997 quando gli chiese aiutò per salvare uno dei quartieri più poveri di Buenos Aires dalla speculazione edilizia, in quegli anni sono diventati amici, un’amicizia coltivata nel tempo, continuata anche una volta diventato Papa Francesco. Di lui ricorda la costante lotta per gli ultimi, il lavoro nei quartieri più poveri della città e l’incontro che organizzò con Maradona. Cosa le mancherà e quale eredità lascia Papa Francesco? Paragono Papa Francesco a Giovanni XXIII, Papi annunciatori di un tempo nuovo. Li considero dei pastori con il loro gregge, il mio sogno è che il suo successore possa essere come Paolo VI per Giovanni XXIII, un Papa che non cambi il tragitto intrapreso. Mi auguro sia qualcuno che abbia la stessa visione, lo stesso pensiero di Francesco di una Chiesa più democratica che guardi alle periferie e non solo al centro, che guardi ai poveri e agli ultimi, come ci ha insegnato Francesco. Lui resterà nella storia come il Papa dei poveri, il Papa degli umili. Spero davvero che resterà questa sua eredità. Io l’ho considerato un padre che mi ha accompagnato in diverse fasi della mia vita, a Roma e qui a Buenos Aires. Ha fatto un gran bene alla Chiesa che ha servito, alle donne e agli uomini che ha incontrato nella sua vita. È stato un uomo buono che ha fronteggiato la realtà, gli è toccato essere Papa in un mondo sull’orlo della terza guerra mondiale. Quando è stato eletto era il periodo degli attentati da parte dell’Isis, un prodotto dell’invasione occidentale in Iraq, in Siria e in Libia. Ricordo che per la sua prima uscita pubblica che ha fatto in Italia – sarebbe potuto andare sulla tomba di Francesco o altri posti Santi – decise di andare a Lampedusa. Mai nessun Papa era stato a Lampedusa, il luogo dove arrivano barconi carichi di persone che arrivano dall’Iraq, dalla Libia, dalla Siria, il luogo dove arriva la metà delle persone che partite perché gli altri muoiono in mare. Disse chiaramente che il Mediterraneo era un cimitero e disse che esiste la globalizzazione dell’indifferenza perché nessuno voleva vedere cosa accadeva in quel momento. E lì passo da essere agli occhi di tanti da un Papa docile ad un Papa che dava fastidio perché andò a mostrare quello che nessuno voleva vedere in Europa in quel momento: il dramma dei rifugiati. Lo stesso che è accaduto in questi mesi con Gaza Esatto, con Gaza, con l’Ucraina che ricordava ogni giorno. Era un costruttore di pace. Ci sono parole che resteranno nel nostro vocabolario grazie a Francesco, lottare per gli esclusi è una cosa resterà. È un Papa che ha superato la sua figura teologica per essere un leader dell’umanità, che parlava del Pianeta, di ambiente, degli ultimi, che dava voce a chi non ha voce nelle nostre società. Per questo credo sia molto importante che il suo successore non disperdi la sua opera. Quando ha conosciuto Bergoglio? L’ho conosciuto nel 1997, quando è diventato arcivescovo di Buenos Aires. Tornava dopo aver trascorso anni a Cordoba dopo una lunga attività pastorale a Buenos Aires. Qui visitava i quartieri più poveri della città, i più popolari e umili, prestò molta attenzione e fece molto per i preti che lavoravano in questi quartieri, creò una pastorale per i preti che lavoravano in questi quartieri. A quel tempo si tenevano in questi quartieri le migliori celebrazioni in città, lo stanno piangendo moltissimo ora le persone e i preti che lo hanno conosciuto. In quel periodo, si viveva una situazione difficile in un quartiere molto umile della città, da cui volevano sfrattare i residenti per fare una speculazione edilizia. Si trattava di un quartiere altamente simbolico per la Chiesa, perché vi era stato ucciso un sacerdote molto importante nella città, padre Carlos Mugica. Non riuscivamo a trovare una soluzione per difendere queste famiglie e quindi andammo a trovare Bergoglio che trovò la soluzione: trasferì il corpo di questo sacerdote dal cimitero dove era sepolto al quartiere ponendo l’area sotto la giurisdizione ecclesiastica. Costrinse, così, i costruttori, che volevano radere al suolo il quartiere, a fermarsi. Negli anni successivi l’amministrazione comunale ha deciso, poi, di migliorare e di valorizzare il quartiere e lo fece per i residenti a quel punto. Fu molto bello vedere un sacerdote così d’azione com’era lui e a partire da quel momento cominciai a frequentarlo. Il suo lavoro in questa città è stato molto importante. Eppure, non è mai tornato da Papa in Argentina È una grande dilemma. Come Ambasciatore mi sono speso molto per farlo tornare in Argentina, ad un certo punto ho anche organizzato tutto il tragitto che avrebbe potuto fare toccando diverse parti del Paese, voleva passare nei luoghi più poveri, nei luoghi più significativi e dove vivono le comunità più isolate. Mi hanno detto che, nell’ultimo periodo quando ha iniziato a stare male, diceva che avrebbe messo alla prova il suo fisico durante il viaggio in Africa, se avesse retto avrebbe programmato il successivo in Argentina e ce la fece, stette bene durante il viaggio. Peggiorò con la respirazione, però, una volta tornato a Roma. Sperava di tornare in Argentina, spiace non esserci riusciti. Sarebbe stata importante la sua presenza nel Paese. Come si sta vivendo la sua morte in Argentina? Non so se si percepisce anche in Italia questa cosa, ma qui – anche quando stava male – le persone che mi fermavano per sapere delle sue condizioni non erano solo cattolici ma anche non cattolici, di altre religioni o agnostiche. Tante persone mi dicono che non lo avrebbero mai immaginato ma che Papa Francesco ha dato loro una direzione di vita, che è stato molto importante nelle loro vite. Ed è moltissimo perché lui ha sempre cercato di avvicinarsi alle persone, a tutte le persone. Per questo la speranza è che la Chiesa non torni indietro ma vada avanti anche su questioni come i divorziati, come la relazione con il mondo LGBTQ con le sue aperture. Il presidente Milei, che in passato non ha lesinato pesanti critiche al Papa, è stato il primo a far sapere che sarebbe venuto ai funerali. È stata una decisione importante voler essere presente perché lui rappresenta tutti gli argentini. Anche se non è d’accordo con il Papa, il Papa è l’argentino più importante e amato al mondo, un orgoglio per noi. Sarà una delegazione plurale che rappresenta più realtà del Paese. Ora è il momento del cordoglio soprattutto a Buenos Aires, la sua città. Ci mancherà moltissimo, questa città, la mia città, la sua città ha perso moltissimo. Già non era più la stessa quando è diventato Papa, mancava vederlo girare per la città. Io l’ho incontrato dieci giorni prima del Conclave quando abdicò Benedetto, lo incontrai a Plaza de Mayo proprio di fronte alla Cattedrale. Io andavo verso la metropolitana e lui usciva dalla metropolitana, lo abbracciai e gli dissi: ora si riunisce il Conclave, vedi se non resti là. Mi ha detto: no Eduardo, io ho 78 anni e già ho fatto la mia rinuncia al Nunzio Apostolico qualche anno fa per la mia età. Poi Papa Benedetto si è dimesso. E così se Dio vuole che alla mia età io ho voce e ho i voti, anche se so che toccherebbe a qualcuno più giovane di me, dirò tutto quello che penso perché per questo Dio mi ha messo in questo Conclave. Ed è quello che fece, nel pre Conclave quando ha detto chiaramente quello che pensava sulla Chiesa. Di tutti i discorsi che ascoltarono i Cardinali, il suo fu il più duro. E, così centrò il punto, colse nel segno. Ci furono, poi, due votazioni prima del raggiungimento dei voti. Un incontro che resterà nei suoi ricordi più cari immagino. Sì e un altro ricordo che porterò sempre con me e mi piacerebbe raccontarle è stato l’incontro con Diego Armando Maradona. Non si conoscevano. Bergoglio era Papa, io non stavo più a Roma, mi chiamò e mi chiese di poter essere alla partita per la pace perché lui era convinto che il calcio potesse essere un mezzo per avvicinare la gente e portare la pace. Chiese la presenza di Maradona e mi chiese di poter incontrare Diego. Maradona accettò immediatamente, sembrava una necessità da parte di Maradona incontrare il Papa. Dopo l’incontro nell’aula Paolo VI con tutta la squadra, Maradona mi chiese di poterlo incontrare da solo. “Quello che ho sentito oggi non l’ho mai provato nella mia vita. Mi ha preso per la cintura e mi ha detto: Diego mi servì per combattere contro la fame e per la pace nel mondo. Mi aiuti?” “E io - mi confidò poi Maradona - guardandolo negli occhi stavo con mia madre in cielo e con lui sulla terra”. Organizzai l’incontro privato che durò due ore, in cui parlarono tanto, anche da soli. Da quella volta hanno costruito un rapporto tra loro, Diego lo ha visto altre quattro o cinque volte in forma privata raggiungendo il Vaticano senza destare clamore e attenzione. Cosa gli ha detto quando è stato eletto Papa? La prima cosa che gli ho detto è stata: che bel sorriso che hai, si vede che l’aria di Roma è migliore di quella di Buenos Aires! E lui mi rispose: Eduardo, ora sono Papa ho un motivo per sorridere. Un sorriso che lo ha accompagnato sempre nei primi anni del suo Pontificato, fino al 2015 credo, ma che ha perso nel tempo per i tanti problemi che si è trovato a fronteggiare. L’ultimo Papa sorrideva molto meno.

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