Francia, assolta la docente accusata di bullismo verso una studente suicida

Manca “l’elemento intenzionale dell’infrazione”. Con un’assoluzione si conclude il primo grado di uno dei processi più divisivi degli ultimi anni in Francia. La storia è quella di Evaëlle, una ragazzina di 11 anni iscritta alla quinta elementare di Herblay, comune di 30mila abitanti nella Val-d'Oise, nella Regione di Parigi. Dopo che si è tolta la vita, nel giugno 2019, la famiglia ha accusato la sua insegnante di francese di averla lungamente sottoposta a insulti, umiliazioni pubbliche e pressioni che avrebbero fortemente fragilizzato la psicologia della bambina, spingendola verso la depressione e il suicidio. Accusa da cui la maestra è stata assolta giovedì 10 aprile, dopo il processo del 10-11 marzo 2025. La storia di Evaëlle Caschetto ricciolo castano, occhiali dalla grande montatura rossa, sulla maglietta una stella di paillettes. La foto più diffusa dai media ritrae Evaëlle con un sorriso timido. Amava leggere e amava scrivere. Sui diari ritrovati nella sua cameretta, però, nessuna traccia di primi amori e migliori amiche. Solo un amico immaginario, la lista delle persone che la prendevano in giro e un ultimo messaggio d’amore per i genitori. In quelle pagine raccontava delle offese, le umiliazioni e gli atti di bullismo di cui era vittima ogni giorno nel contesto scolastico. Una sofferenza condivisa con la madre e il padre, che nel febbraio 2019 decisero - proprio per questa ragione - di spostarla in un altro istituto scolastico e sporgere denuncia per “molestie”. Responsabili di quelle molestie, a detta di Evaëlle, sarebbero stati tre compagni di classe, insieme alla maestra 62enne che insegnava la lingua e la letteratura francese. Ai genitori e nelle pagine dei suoi diari, la ragazzina racconta che la professoressa è solita umiliarla davanti agli altri studenti. Un atteggiamento derisorio che isola sempre più la 11enne dai coetanei e dalla famiglia. Fino ad arrivare all’episodio che ha convinto la famiglia a farle cambiare scuola: è febbraio 2019 quando l’insegnante organizza un’ora di discussione sul bullismo, con Evaëlle come protagonista. Ai compagni di classe viene richiesto di dire ad alta voce quello che pensano della studentessa, e a lei di rispondere. Viene presa in giro, accusata di essere una bugiarda. Quando scoppia a piangere, la maestra inizia a ripeterle di smetterla, “con tono cattivo”, a detta della ragazzina. Un “metodo di confronto educativo”, a detta dell’insegnante, che però è stato percepito ben diversamente da Evaëlle, che a quel punto viene spostata in un’altra scuola. Lì i rapporti con il corpo docente - avvisato della situazione - sono migliori, ma la psicologia resta fragile ed è dopo un litigio con un compagno che l’11enne decide di levarsi la vita in camera sua, mentre i suoi genitori sono al piano di sotto. Il rapporto genitori-insegnanti Dopo l’apertura del processo, con le accuse di molestie e bullismo a carico dell’insegnante, gli inquirenti hanno provato a ricostruire cosa avrebbe potuto essere fatto diversamente. I confronti tra i genitori della ragazza e l’insegnante, Pascale B., non erano mancati nei mesi precedenti al trasferimento, né in quelli successivi. Di fronte alle accuse della famiglia - come quella di aver isolato la bambina in un banco singolo in fondo alla classe, nonostante portasse gli occhiali, o di averla ostacolata di fronte ad alcune necessità mediche - l’insegnante ha sempre negato di aver tenuto comportamenti scorretti, parlando di Evaëlle come di una bambina difficile “che urlava facilmente, poteva essere ingiuriosa o sentirsi maltrattata”. “Certo non è stato piacevole, ma sono momenti necessari per crescere”, si era difesa. Le responsabilità della scuola “Tutta la vicenda dimostra le gravi lacune delle leggi contro il bullismo nelle scuole”, secondo l’avvocata che ha difeso la famiglia di Evaëlle nel processo apertosi nel 2024, “e dimostra come un’insegnante di esperienza possa considerarsi al di sopra di ogni messa in discussione sui metodi di gestione degli studenti, così come l'intento di schermare il sistema di educazione pubblico da ogni critica”. I colleghi parlano di una “sbadataggine” e “incomprensione”, non di “cattiveria”, da parte di una donna “autoritaria che voleva imporsi sugli studenti”, ma le lamentele da parte di altri alunni non erano mancate. La stessa insegnante, che da allora ha cambiato mestiere, era stata denunciata da due altri ex studenti per atti di “molestie morali” nei loro confronti. Accuse da cui è stata assolta. La vicenda processuale Nel processo per la morte di Evaëlle, la procura aveva chiesto per Pascale B. una condanna a 18 mesi di carcere e un allontanamento dal mestiere di insegnante, come pena per aver “gettato in pasto” la ragazzina alla classe. Fatti “che non sono provati”, dice la sentenza di assoluzione del 10 aprile, così come non è stabilito “il carattere intenzionale dell’infrazione”. Come a dire, se ha bullizzato Evaëlle, l’ha fatto senza rendersene conto. La famiglia della bambina ha già annunciato che farà ricorso.

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