Ecuador, ballottaggio presidenziale in un Paese diviso e in crisi

L’Ecuador si avvia al ballottaggio presidenziale di domenica 13 aprile in un clima di grande incertezza sociale e in un contesto politico teso in cui a tenere banco sono la crisi economica e l’allarme criminalità. Il presidente uscente Daniel Noboa, alla guida della coalizione di destra conservatrice Alleanza Democratica Nazionale , sfiderà la leader della sinistra di Rivoluzione Cittadina, Luisa Gonzalez, in una riedizione del ballottaggio dell’ultima tornata presidenziale, tenutasi nel 2023. Noboa contro Gonzalez, il rematch dopo la sfida del 2023 Il voto di allora serviva a eleggere il sostituto del dimissionario Guillermo Lasso per concludere il suo mandato, quello di domenica deciderà chi guiderà l’Ecuador per i prossimi quattro anni. Nel 2023 Noboa arrivò secondo al primo turno dietro la Gonzalez, con il 23% contro il 33% della sfidante, per poi rimontare e vincere il ballottaggio col 52% dei suffragi. Il 9 febbraio scorso, al primo turno, entrambi hanno raccolto oltre 4,5 milioni di voti e il 44% dei consensi, con Noboa avanti di poco meno di 17mila voti. I sondaggi confermano che sarà testa a testa: El Pais segnala che nella media delle rilevazioni il presidente uscente precede l'ex capa di gabinetto del presidente Rafael Correa di mezzo punto percentuale. L’Ecuador è diviso e polarizzato perché i due candidati interpretano visioni della politica radicalmente in contrasto tra loro che riflettono le spaccature della società. Noboa e Gonzalez, le agende dei candidati alla presidenza Da un lato il presidente, 37enne ex alto dirigente del conglomerato di famiglia leader nel settore della frutta, mira a consolidare la sua agenda fondata sulla liberalizzazione dell’economia, la tolleranza zero verso la criminalità, la lotta al narcotraffico e la ricerca di sinergie con gli Stati Uniti e governi come quello argentino di Javier Milei nella regione. Gonzalez invece contesta la corruzione diffusa, denuncia i presunti favoritismi politici del rivale al business del padre Alvaro, l’uomo più ricco dell’Ecuador, promette investimenti in welfare, il sostegno delle minoranze indigene, il varo di nuovi servizi sociali, proponendo inoltre la nazionalizzazione delle risorse minerarie e petrolifere del Paese. L’elettorato è polarizzato e secondo molte rilevazioni i votanti di entrambi gli schieramenti temono la vittoria del rivale: “Noboa ha cercato di instillare la paura di un ritorno della sinistra al potere, paragonandola a regimi come il chavismo venezuelano” e denunciando una possibile volontà di Gonzalez di “vendicare gli scandali giudiziari che hanno colpito i movimenti progressisti ecuadoregni negli anni scorsi”, nota El Pais. Dalla sinistra, invece, il presidente in carica è “percepito con timore per il suo presunto autoritarismo, criticato per la mancanza di risultati nella sua amministrazione, soprattutto sul fronte della sicurezza, e accusato di aver favorito i suoi parenti nell'assegnazione di appalti statali”. La crisi securitaria dell'Ecuador La situazione del Paese sudamericano è da tempo critica. Sul fronte securitario, l’inizio dell’anno ha sancito un rilancio degli scontri tra gang e gruppi di narcotrafficanti che si contendono l’accesso alle rotte della droga, cocaina in primis, passanti per l’Ecuador. Come segnala Ispi, “nell’ultimo decennio l’Ecuador, incastonato tra Perù e Colombia, i principali produttori al mondo di cocaina, è diventato un hub per il passaggio di droga”, un problema di cui i governi passati si sono via via disinteressati e che ha portato a una spirale incontrollata di violenza. In un Paese storicamente pacifico e noto come meta turistica regionale, il tasso di omicidi è aumentato di ben 8 volte nell’ultimo decennio, toccando 47 morti ogni 100mila abitanti nel 2023, anno dell’insediamento di Noboa. Dopo l’elezione, questi ha provato ad adottare l’approccio del leader populista e conservatore di El Salvador, Nayib Bukele, imponendo lo Stato d’emergenza, ampliando i poteri delle forze di polizia per arrestare e detenere preventivamente i sospetti membri delle gang e delle organizzazioni di narcotrafficanti e progettando una campagna anti-narcos in sinergia con Erik Prince, fondatore del gruppo statunitense di contractors Blackwater. Noboa, sul breve periodo, ha rivendicato i successi del suo approccio: lo scorso anno il tasso di omicidi è sceso a 39 morti ogni 100mila abitanti, un calo del 17%. Ma l’esplosione di diversi scontri tra gang nei primi tre mesi del 2025 ha cancellato tutti i miglioramenti su questo fronte. Un'economia in condizioni critiche Gonzalez denuncia che Noboa non ha il controllo della situazione, che le politiche law and order del presidente alimentino solo la criminalità e che la scelta di rivolgersi a Prince mostra i limiti di un approccio che non punterebbe a rafforzare le forze di sicurezza nel modo adeguato per fronteggiare la criminalità. Per la sinistra, inoltre, le politiche economiche di Noboa alimentano povertà, esclusione sociale e insicurezza. L’Ecuador è oggi, escluso il Venezuela, il Paese con l’economia più fragile dell’America meridionale. “Fortemente dipendente dalle esportazioni di petrolio e prodotti agricoli, l'Ecuador presenta le previsioni di crescita più basse del Sud America quest'anno” dopo un 2024 in recessione, nota il Financial Times aggiungendo che “Noboa ha ottenuto un prestito di 4 miliardi di dollari dal Fmi per proteggere la previdenza sociale e la stabilità fiscale, sebbene sia stato seguito da un impopolare taglio dei sussidi alla benzina”. Gonzalez si è impegnata a ridiscutere l’accordo qualora venisse eletta. Le questioni concrete toccano sul vivo la realtà di un Paese che si dibatte tra grandi difficoltà. Le elezioni cadono nel momento più critico per la storia dell’Ecuador dalla caduta dell’ultima dittatura militare nel 1979 e la polarizzazione politica riflette un’inquietudine diffusa sul futuro. Chiunque tra Noboa e Gonzalez vincerà dovrà governare come presidente di tutti, anche in un contesto tanto divisivo. L’alternativa è l’esacerbazione delle tensioni e delle difficoltà oggi palesi, passaggio che equivarrebbe a un salto nel buio in un Paese dove il clima interno è tesissimo.

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