Guerra in Congo, trattative a Doha tra Kinshasa e M23

Il governo congolese e i ribelli dell’M23 che combattono contro Kinshasa nel sanguinoso conflitto in Kivu sono impegnati in trattative dirette che vedranno domani a Doha la loro prima tornata ufficiale alla presenza del mediatore designato dall’Unione Africana, il presidente del Togo Faure Gnassingbé. Un passaggio importante in un processo di pace delicatissimo per la regione orientale del paese africano. Il conflitto, in corso da anni, si è inasprito da quando a gennaio il M23, movimento che riunisce diverse milizie principalmente di etnia tutsi sostenute attivamente dal Ruanda, ha lanciato un’offensiva a tutto campo per conquistare Goma, capitale del Nord Kivu, ed altri importanti centri come Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. La saldatura tra la mediazione diretta tra Congo e Ruanda avviata dal Qatar a marzo e la finora infruttuosa trattativa dell’Unione Africana tra Kinshasa e il movimento M23 permette ai vari processi di pace in atto di unificarsi e offrire le basi per un dialogo concreto. L’evoluzione diplomatica tra Congo, Ruanda e M23 Si tratta di uno sviluppo significativo, giunto dopo che il presidente congolese Felix Tshisekedi ha denunciato l’attivismo del Ruanda, che schiera 4mila truppe nel Paese confinante, e accusato Paul Kagame, leader di Kigali, di sostenere le milizie del M23 per metter le mani sulle ricche risorse minerarie del Congo orientale. Accuse, queste, sempre negate dal Ruanda. Le trattative di domani sono l’evoluzione degli sviluppi delle scorse settimane: dopo che il 17 marzo, Corneille Nangaa, leader dell'Alleanza del Fiume Congo che rappresenta l’ala politica del movimento M23, aveva interrotto il dialogo di pace in Angola con l’Unione Africana, l’emiro Tamim bin Hamad Al-Thani aveva ospitato a Doha un incontro bilaterale tra Kigali e Tshisekedi in cui i tre leader si erano impegnati a lavorare per un cessate il fuoco nel Kivu. L’obiettivo era mostrare l’impegno del Qatar a mediare un cessate il fuoco duraturo e spingere il Ruanda, accusato di fare il doppio gioco trattando col Congo mentre sosteneva l’avanzata sul terreno dei ribelli, a tirare le redini al movimento M23. La timida distensione delle scorse settimane Sulla scia del trilaterale al-Thani-Kigali-Tshisekedi sono giunte le novità politiche delle ultime settimane: da un lato, la convocazione del summit per il negoziato diretto tra il Congo e i ribelli; dall’altro, l’individuazione da parte di Joao Lourenço, presidente angolano e presidente di turno dell’Unione Africana, della figura del leader del Togo come mediatore designato per l’organizzazione che riunisce gli Stati del continente. Il 23 marzo l’M23 aveva mandato un messaggio distensivo al governo congolese annunciando il ritiro unilaterale dalla città di Walikale, conquistata poche settimane prima, e in cambio l’esercito congolese ha ritirato dalla prima linea i droni d’attacco usati per i raid contro i miliziani tutsi. Nelle ultime due settimane nella regione si è strutturato un sostanziale raffreddamento del conflitto, non privo di tensioni e schermaglie. Palla alla diplomazia per la pace in un Paese fragile La palla passa ora alla diplomazia, per strutturare una possibile via d’uscita da una guerra in cui solo da gennaio a oggi sono rimaste uccise oltre 8mila persone e almeno 700mila si sono ritrovate costrette a lasciare la loro abitazione. Africa News sottolinea la natura discreta e confidenziale dell’attuale round di trattative: il trilaterale tra l’emiro del Qatar e i due presidenti dello scorso 18 marzo è stato annunciato solo nella sua immediatezza, le trattative tra Congo e M23 stanno procedendo sotto traccia e, come ha rivelato la Reuters, sono state precedute la scorsa settimana da degli incontri a porte chiuse tra rappresentanti del governo congolese e del movimento M23 per preparare al meglio le trattative politiche mediate congiuntamente da Qatar e Unione Africana. I nodi da sciogliere I colloqui sono visti da molti analisti come il più concreto tentativo di porre fine al conflitto lacerante del Kivu, ma al contempo restano diversi nodi da sciogliere: il ritorno a casa dei profughi, la definizione dei rapporti di potere nelle aree occupate dai ribelli, la spartizione delle risorse in una regione strategica ricca di giacimenti di litio e cobalto, fondamentali per l'industria dell'auto elettrica, oltre che di tantalio, stagno, oro e rame fondamentali per reti e dispositivi elettrici. Senza chiarimenti in tal senso il Kivu rischia di rimanere preda di conflitti e divisioni, per il cui ripianamento servono, come sostiene Giovanni Carbone in un’analisi per Ispi, “un quadro di istituzioni sufficientemente legittimo, solido” e capace di gestire e incanalare le differenze interne alla regione “organizzando e favorendo dialogo e coesistenza a livello politico, economico e sociale”. Parliamo di un assetto che in Congo è sempre stato carente e deficitario. Far finire la guerra sarà una sfida politica importante ma, in caso di cessate il fuoco, la vera sfida sarà, come per il Congo in passato, quella di vincere la pace.

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