Gaza, perché Netanyahu ha ripreso a bombardare proprio adesso?

Due mesi dopo la firma del cessate il fuoco con Hamas, Israele ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza, interrompendo unilateralmente la tregua. Nella notte tra lunedì e martedì, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato all’Israel Defense Force di lanciare una nuova offensiva contro Hamas, vanificando ogni prospettiva di estendere l’accordo. L’attacco, condotto con cacciabombardieri F-16 e F-35, missili e artiglieria, ha provocato almeno 320 vittime. Israele viola gli accordi? Il governo di Tel Aviv ha giustificato la ripresa delle operazioni con il rifiuto di Hamas di accettare la proposta dell’inviato speciale statunitense Steve Witkoff. Il piano prevedeva un periodo di transizione prima della Fase Due del cessate il fuoco, che, secondo gli accordi di gennaio, avrebbe dovuto garantire il ritiro dell’IDF dalla Striscia. Hamas ha respinto la proposta, accusando Israele di voler modificare i termini già concordati. Netanyahu ha quindi ignorato ogni tentativo di mediazione, anche da parte di Egitto, Qatar e Lega Araba, e ha usato il fallimento del piano Witkoff come pretesto per riprendere i bombardamenti. Un funzionario israeliano ha dichiarato al quotidiano Israel Hayom che l’obiettivo dei raid è “costringere Hamas a negoziare realisticamente”, accettando condizioni più favorevoli a Israele e Washington. La richiesta principale è il rilascio degli ostaggi israeliani ancora prigionieri nella Striscia, senza garanzie sul ritiro dell’IDF. Hamas ha reagito attraverso un portavoce, dichiarando all’AFP: “Abbiamo rispettato il cessate il fuoco in ogni sua parte, ma Israele ha tradito gli accordi e ripreso la guerra”. Proteste contro Netanyahu: la guerra per restare al potere? La decisione di Netanyahu ha suscitato indignazione, non solo tra i palestinesi ma anche tra le famiglie degli ex prigionieri di Hamas e tra i parenti degli ostaggi ancora detenuti nella Striscia, ad oggi 59. La critica mossa a Netanyahu si basa sul sospetto che la campagna militare sia stata ripresa unicamente per consolidare il primo ministro al potere. Tra le voci più critiche c’è Yehuda Cohen, padre del soldato prigioniero Nimrod Cohen, che ha dichiarato a Ynet: “Netanyahu sta condannando gli ostaggi alla morte per proteggere il proprio governo”. Questa accusa si lega alle vicende giudiziarie del premier. Netanyahu è imputato in tre processi per corruzione, e la ripresa della guerra arriva in un momento cruciale per la sua difesa. Una settimana fa, nella diciassettesima udienza presso la Corte Distrettuale di Tel Aviv, si è scontrato duramente con la giudice Rivka Friedman-Feldman in merito a uno dei capi d’accusa più gravi: l’accordo segreto con Shaul Elovitch, proprietario del sito di notizie Walla, per ottenere copertura favorevole in cambio di favori legislativi alla società di telecomunicazioni Bezeq. Secondo il Times of Israel, questo è il processo più pesante tra quelli a carico di Netanyahu. Il premier continua a difendersi, affermando che le accuse sono “un complotto orchestrato dalla polizia e dalla procura” per rimuoverlo dal potere. Una strategia rischiosa La ripresa della guerra rischia di mettere in secondo piano le vicende giudiziarie di Netanyahu, ma anche di destabilizzare ulteriormente la regione. Dopo mesi di trattative, il premier ha scelto di stracciare un accordo già firmato, ignorando gli sforzi diplomatici e compromettendo ogni prospettiva di pace. Le sue decisioni non solo aggravano la situazione a Gaza, ma rischiano di alimentare nuove tensioni in un conflitto già esplosivo.

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