La parlamentare anti-Vučić: "Così in Serbia si silenzia il dissenso"

L’abbiamo vista il 4 marzo sventolare nell’aula dell’Assemblea nazionale a Belgrado la bandiera della mano sporca di sangue, simbolo delle proteste contro la corruzione che vanno avanti da mesi in Serbia dopo il crollo di una pensilina della stazione ferroviaria della seconda città del Paese, Novi Sad. Il crollo ha provocato la morte di 15 persone. Quelle immagini hanno varcato i confini della Serbia e hanno fatto il giro del mondo. Fischietto alla mano, l’arma pacifica delle manifestazioni, Biljana Đorđević ha fatto rumore insieme ad altri esponenti dell’opposizione mentre l’aula era invasa dalla nebbia dei fumogeni. È una deputata, copresidente del partito di minoranza Zeleno-levog , con posizioni ecologiste ed europeiste, ma è anche una politologa e una professoressa dell’Università di Belgrado. Ci ha spiegato qual è il rapporto tra l’opposizione parlamentare e le proteste degli studenti e cosa sta accadendo in questi mesi complicati per il Paese in quello che dovrebbe essere il cuore della vita democratica, il Parlamento. La incontriamo nel parco del Re Alessandro al lato della Skupština serba. A Belgrado nei giorni scorsi le temperature sono schizzate alle stelle. “Questo è un caldo anomalo”, esordisce, sedendosi sulla panchina. Fa così caldo che sembra primavera inoltrata. Considerate le proteste che hanno raggiunto dimensioni gigantesche, possiamo parlare di una “primavera serba”? È strano perché in Serbia storicamente è sempre marzo il mese in cui le cose accadono, i grandi fatti storici. Per prenderla alla lontana, possiamo partire dal 1941: il 27 marzo ci fu una protesta contro il Patto Tripartito, contro Hitler, perché il Regno di Jugoslavia cercò di rimanere neutrale. I dimostranti cantavano “Bolje grob nego rob, Bolje rat nego pakt”, "Meglio una tomba che uno schiavo, Meglio una guerra che un patto”. Per i i tempi più recenti, penso alla grande protesta del 9 marzo 1992 contro il leader nazionalista Slobodan Milošević. Fu proprio come quella odierna una protesta portata avanti da studenti e nata dal basso. Poi c’è stato il bombardamento Nato del 24 marzo 1999 e il 13 marzo del 2003 l’omicidio del Primo ministro Zoran Đinđić per mano di un ex militare. Tanti fatti, tutti accaduti nello stesso mese, marzo. E come verrà ricordato marzo 2025? Vediamo quello che accadrà. Tutto dipende dal 15 marzo. Già adesso si ha l’impressione che sarà una nuova data nella storia, perché probabilmente sarà la più grande protesta nella storia della Serbia moderna. Lei è anche una politologa. Pensa che l’odierna protesta sia paragonabile a quelle degli anni Novanta contro il leader nazionalista Slobodan Milošević? Naturalmente, ci sono sempre collegamenti, soprattutto dal punto di vista delle generazioni che hanno vissuto quei tempi. Per gli studenti, non credo che ci siano. Anzi, molti di loro stanno sistematicamente tentando di dissociarsi da questo tipo di paragoni. Questo è un argomento divisivo, e se ne dibatte molto, e se ne dibatterà anche nella letteratura, quando si scriveranno i libri di storia. Il fatto è che negli anni '90 gli studenti protestarono in modo massiccio, con una loro autonomia, ma avevano più coordinamento e collaboravano con i gruppi civici e politici dell'opposizione, mentre questa volta assistiamo a una fortissima volontà di dissociarsi da parte dai movimenti studenteschi e di prendere le distanze proprio dai blocchi dei partiti di opposizione, che è probabilmente la ragione per cui il movimento ha avuto così tanto successo, ma alla fine è anche il motivo per cui è incerto come questo dissenso sarà sviluppato politicamente nel futuro. Perché c’è questa sfiducia nei confronti dei partiti, anche di quelli di opposizione? Il regime al potere ha svolto un lavoro sistematico per inviare questo messaggio a tutti, anche all'opinione pubblica antipresidenziale e antigovernativa. Il messaggio è il seguente: i partiti di opposizione sono illegittimi e devono essere aboliti, e, più in generale, fare politica è qualcosa di sporco. Questo messaggio funziona perché fondamentalmente hanno cooptato lo Stato, quindi quando si presentano, si presentano in quanto Stato e non in quanto partito. Come se non appartenessero al partito che è al potere. Quindi tutti noi che siamo di opposizione, siamo attaccati semplicemente perché crediamo nella politica e facciamo politica, una parola che considerano sporca, perché non rappresentiamo lo Stato, sebbene l'opposizione sia anche un'istituzione della democrazia, sia a livello nazionale sia locale. E questa affermazione che fare politica è una roba sporca si è così radicata nell'ultimo decennio, cioè nell’era Vucic, che ogni protesta, ogni attivismo civico, punta a dissociarsi dalla politica di partito per avere più legittimità. In che modo questa narrazione sta influenzando le attuali proteste? Gli studenti devono difendersi da questa retorica populista e lo fanno ribadendo la loro autonomia dalle opposizioni perché devono dimostrare di non essere semplicemente burattini dei partiti di minoranza, il che è comprensibile, ma il livello di dissociazione a cui si è arrivati non solo rispetto ai partiti ma anche rispetto alle organizzazioni della società civile ha creato un cortocircuito, una situazione in cui fondamentalmente tutti coloro che erano attivi oppositori del regime, e lo sono sempre stati, ora sono considerati quelli di cui non ci si dovrebbe fidare, anche se sono stati impegnati politicamente e hanno alzato la voce contro l'ingiustizia negli ultimi 12 anni. Per questo con la protesta di martedì scorso in Parlamento abbiamo voluto dare un segnale chiaro: ci siamo e facciamo opposizione dentro il Parlamento. Stiamo seguendo attentamente quello che succede nelle strade, nelle piazze, ma è difficile capire invece cosa stia accadendo in Parlamento. Il Parlamento, dopo le elezioni del dicembre 2023, non ha praticamente lavorato: credo che sia molto indicativo se le dico che ci sono state solo sette sedute. La formazione del governo, la legge di bilancio hanno seguito un iter fondamentalmente irregolare perché in una democrazia tutte le crisi che si sviluppano nella società, tutti i temi di rilevanza collettiva dovrebbero essere dibattute in Parlamento. E assistiamo a delle vere e proprie manipolazioni per impedire il dibattito, perché le sedute non si costituiscano anche quando sono necessarie. In questo modo l’opposizione è silenziata e non può portare all’attenzione l’insoddisfazione dei cittadini. E soprattutto a novembre queste criticità sono emerse in modo ancora più netto: la seduta è stata interrotta con lotte parlamentari, ma c’è anche stata l’approvazione completamente illegale e illegittima della legge di bilancio e di altre 60 leggi, senza alcun dibattito. Sapete perché è accaduto, perché è degenerata la situazione? Perché l'opposizione ha chiesto il voto di fiducia sul governo dopo il crollo della tettoia di Novi Sad, e questo non era all'ordine del giorno. Siamo nel completo abuso procedurale. Tre mesi dopo si continua a evitare ogni tipo di discussione. E la caduta dell’esecutivo Vučević ? Il governo di Vučević è caduto in TV, ma non ufficialmente in Parlamento, che è un passaggio necessario affinché sia sancita la caduta e si arrivi a un mandato tecnico. Questo non è ancora successo, ma il governo sta andando avanti come se fosse nel pieno del mandato e continua a legiferare. Sono state approvate più di 60 leggi con questa modalità. Noi avremmo dovuto comportarci come se fosse normale, accettando questo tipo di usurpazione dell'Assemblea nazionale. Un’assurdità. Qual è l’obiettivo? Non avevano previsto che potessimo fare così tanto rumore, ma quando è troppo è troppo. Il presidente non vuole ammettere che il governo è crollato. Stanno portando avanti questo uso totalmente improprio del regolamento parlamentare per guadagnare tempo. Sperano che la protesta si fermi e la gente dimentichi tutto. Il suo è un partito europeista. Pensa che queste proteste possano in qualche modo essere ricondotte al filo-europeismo o è una semplificazione occidentale? Direi che queste proteste non hanno nulla a che fare con il processo di integrazione europea in sé, perché non sono state avanzate rivendicazioni o richieste ufficiali. In piazza troverete persone che sono fortemente europeiste e altre che non lo sono affatto. Ma lo spirito delle rivendicazioni, quello sì, è totalmente pro Europa: chi manifesta è a favore di quelli che sarebbero i requisiti fondamentali dell'integrazione europea, cioè lo stato di diritto, il funzionamento della democrazia, il funzionamento delle istituzioni, la giustizia. Cose molto, molto basilari, come il rispetto delle regole del gioco, un sistema accusatorio, una magistratura che punisca i fenomeni corruttivi. Insomma, l’abc. Ma non è un caso se i manifestanti non hanno rivolto appelli all’Ue affinché intervenisse a loro favore. Le persone stanno semplicemente dicendo: questo è il nostro Paese, le cose così non vanno bene e stiamo lottando indipendentemente da come reagirà il mondo. Le richieste però sono totalmente in linea con il processo di integrazione europea e, se queste richieste venissero soddisfatte, ciò rappresenterebbe senza ombra di dubbio un adempimento dei criteri per il processo di integrazione europea, un’adesione a quelli che sono valori fondamentali dell'Ue. Vučić ha minacciato le maniere forti contro chi protesta. Lei si sente sicura in questo momento come esponente dell’opposizione che sostiene gli studenti? Sebbene siano state normalizzate in questi anni molte forme di violenza, aggressioni strutturali, verbali e di altro tipo, soprattutto in Parlamento, negli ultimi giorni sono successe alcune cose che mi fanno sentire ancora meno sicura. Ad esempio? Mi preoccupano le dichiarazioni del Presidente della Repubblica e del suo entourage sul fatto che il 15 marzo ci saranno delle violenze da parte dei manifestanti, e penso che quello che stanno facendo è in realtà prepararsi alla violenza e che stiano così incitando alla violenza. Sono state già perpetrate violenze nei confronti dei manifestanti. Esatto, sono molto preoccupata per il 15 marzo, perché non dobbiamo dimenticarci che la risposta delle autorità fino a questo momento non è stata così pacifica: alcuni studenti sono stati aggrediti, investiti dalle auto, la mascella di una studentessa a Novi Sad è stata fratturata dopo che la sicurezza del partito al governo l'ha colpita con una mazza da baseball. Quindi non c'è stata tolleranza nemmeno finora, ma ho paura di quello che sta per succedere perché il livello di insoddisfazione dei cittadini che si sono sollevati sta crescendo e questo regime teme di perdere il suo potere. Lei insegna all’università. Perché, secondo lei, questa generazione è riuscita a mobilitare così tante persone? Perché proprio questa generazione? È molto difficile da dire. Innanzitutto, sono una nuova generazione che non ha conosciuto altro che questo regime. Direi anche che la loro forza è nell’ambivalenza. Da un lato il loro messaggio è concreto e in un certo senso conservativo: chiedono solo che le istituzioni facciano il loro lavoro e agiscano nell’interesse della collettività, che la Costituzione sia rispettata, in modo che non ci sia spazio per gli estremismi, si richiamano al buon senso. Dall'altro lato, hanno anche messo a punto una pratica politica radicale con i plenum, ovvero le riunioni plenarie in cui si prendono le decisioni, in modo che possano soddisfare anche chi è per il cambiamento più radicale. Cosa aspettarsi da questo movimento? Occorre capire quale delle due anime prevarrà. In un certo senso siamo al bivio. Cosa accadrà se le loro richieste non saranno soddisfatte, quale sarà il futuro delle loro richieste? Hanno avuto il merito di trascinare un’intera società, famiglie e anziani, sono stati un collante. Abbiamo grande fiducia in loro.

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