Il governo al-Sharaa prova a espandere il pluralismo della nuova Siria

Prima i curdi, poi i drusi: il governo siriano dell’autoproclamato presidente ad interim Ahmed al-Sharaa prova a rispondere al rischio di deriva settaria che i massacri nelle regioni alawite dei giorni scorsi lasciavano presagire portando avanti, in una fase critica, accordi con due minoranze nazionali per integrarle pienamente nella nuova Siria. Parliamo di un risultato in controtendenza con le problematiche che lo scoppio dell’insorgenza dei lealisti del deposto regime di Bashar al-Assad nei governatorati di Tartus e Latakia e la conseguente repressione dei governativi aveva fatto emergere. Al contempo, la mossa rappresenta una risposta ai timori della comunità alawita, su cui faceva affidamento il regime degli Assad per reclutare i suoi maggiorenti, di sentirsi discriminata e marginalizzata alla luce della recente repressione delle milizie governative. I massacri nel Nord-ovest e le sfide della nuova Siria Il Paese levantino veniva da giorni di violenze ed efferatezze. Dopo che, nella giornata del 6 marzo un gruppo di ribelli fedeli al deposto regime di Assad ha lanciato una serie di attacchi contro le forze di sicurezza del Ministero della Difesa di Damasco, uccidendo 13 militari, nella regione di Latakia popolata principalmente dagli alawiti le truppe siriane hanno reagito con violenza. Le milizie inviate dal governo si sono abbandonate a massacri e saccheggi, provocando circa un migliaio di morti secondo le stime dell’Osservatorio Siriano sui Diritti Umani. Da Damasco non hanno negato ma hanno dichiarato che la responsabilità delle stragi è dei comandanti locali legati al movimento di Hay’at Tahrir al-Sham. I civili alawiti delle regioni teatro dei massacri si sono sentiti comprensibilmente minacciati dall’escalation di violenze e questo ha spinto il governo di Damasco a cercare soluzioni ai timori di chi teme un collasso dell’unità del Paese e una deriva settaria. Questa problematica emerge in una fase in cui Al-Sharaa ha un difficile compito: deve plasmare un nuovo Stato e superare le problematiche insite nella fusione tra la sua organizzazione militante islamista, Hay’at Tahrir al-Sham, e gli apparati delle istituzioni siriane. Al contempo, i massacri di Latakia e Tartus, che hanno provocato oltre mille morti, necessitavano di una risposta immediata fondata su una dimostrazione di pluralismo da parte della nuova Siria e sul rifiuto del settarismo. L'intesa tra le Sfd e al-Sharaa Come ha scritto Francesco Petronella su Ispi, la prima, significativa svolta si è avuta nella giornata di ieri con un accordo a tutto campo tra al-Sharaa e le Forze Democratiche Siriane a maggioranza curda che controllano la regione semi-autonoma del Rojava, sita nella Siria del Nord-Est. Le Sdf, nota Petronella, “tramite il loro comandante Mazloum Abdi hanno raggiunto un accordo con il governo di Damasco per la loro integrazione nelle nuove istituzioni siriane”. In particolare, “l’intesa è arrivata dopo che, nei giorni delle violenze sulla costa, i curdi hanno pubblicamente appoggiato la linea delle ‘responsabilità individuali’ tracciata da Damasco, evitando cioè di puntare il dito contro il governo nella sua interezza per i massacri”. L’accordo, secondo quanto riportano i media siriani, apre alla conclusione di una secessione di fatto del Rojava iniziata tredici anni fa e può soddisfare entrambe le parti. Anche se i dettagli dell’accordo non sono del tutto chiari e pubblici, Al-Sharaa ottiene di fatto un’estensione formale del suo controllo sul Paese e le Sdf vedono ridotto il rischio di un’offensiva congiunta delle truppe di Damasco e dei loro patroni turchi al confine, poco dopo che la fine della lotta armata del Partito dei Lavoratori del Kurdistan aveva cambiato notevolmente i rapporti tra i curdi e il governo di Ankara. Anche i drusi trovano un accordo con Damasco A valle dell’intesa tra i curdi e al-Sharaa, fonti locali hanno annunciato il raggiungimento di un’intesa anche tra le comunità druse del sud della Siria e il governo di Damasco, che già nei mesi scorsi aveva accresciuto le forme di autonomia loro concesse. Al Jazeera ha dato notizia dell’accordo col governo degli amministratori della provincia di Al-Suwayda, a maggioranza drusa, la cui insorgenza a inizio dicembre aveva reso pienamente nazionale la ribellione che ha travolto il regime di Assad. L’intesa, secondo quanto riportano le fonti arabe, reintegrerebbe pienamente la provincia nel novero delle istituzioni statali, garantendo la piena continuità tra il potere centrale e le autorità druse. Inoltre, l’esecutivo di Damasco nominerebbe il governatore locale e il capo delle forze di polizia, ma al di sotto di essi l’amministrazione sarebbe pienamente in mano ai drusi, e si aprirà al reintegro di 600 militari locali nelle forze di sicurezza. Il momento più delicato del nuovo governo La situazione politica, in Siria, resta estremamente delicata ma si deve registrare l’indubbia volontà del governo di Damasco di evitare che gli incidenti e le violenze nell’area costiera degenerino in una minaccia alle nuove autorità, tre mesi dopo il loro insediamento. Al-Sharaa e i suoi non hanno negato le violenze e la loro gravità, provando a rassicurare tanto i cittadini siriani quanto i partner internazionale del nuovo governo sulla necessità di assicurare alla giustizia i comandanti locali responsabili delle efferatezze e consolidare l’unità nazionale. Gli accordi con curdi e drusi vanno in questa direzione e mirano a rendere più stabili le istituzioni nazionali, evitando che altri attori regionali possano approfittare delle divisioni del Paese levantino. E qui impossibile non pensare a Israele, che da settimane prova a rafforzare le sue posizioni nella zona-cuscinetto occupata a Sud della Siria e a cercare sponde proprio con drusi e curdi, non a caso destinatari del maggior sforzo politico delle nuove autorità.

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