Difesa e Ucraina, quella del Consiglio Europeo è una svolta?

Le conclusioni del Consiglio Europeo straordinario che ha visto riunirsi ieri a Bruxelles i ventisette capi di Stato e di governo dell’Unione Europea hanno prodotto una spinta in avanti sulle politiche per il riarmo ma hanno fornito proposte sull’Ucraina condizionate dal veto del primo ministro ungherese Viktor Orban a nuovi, accelerati sostegni militari che hanno spinto i restanti leader ad approvare una dichiarazione ad hoc senza Budapest. Un bilancio, dunque, che andrà valutato appieno nelle prossime settimane, per capire se una voce europea potrà farsi sentire in un mondo che vede il presidente statunitense Donald Trump strappare nettamente rispetto alla tradizionale alleanza transatlantica e cercare un dialogo diretto con la Russia e Vladimir Putin che ha allarmato molti decisori del Vecchio Continente, sia sul fronte del conflitto in Ucraina che su quello della sicurezza collettiva europea. Ucraina: impegno in cinque punti, ma pesa l’effetto Orban Su Kiev, il Consiglio Europeo ha visto i ventisei Paesi che d'accordo sul rilancio del sostegno all’Ucraina fissare cinque punti chiari che rappresentano il fulcro della proposta Ue. Il Consiglio dice no a negoziati che taglino fuori Kiev; no, si legge nelle conclusioni a trattative "che incidano sulla sicurezza europea senza il coinvolgimento dell'Europa"; è pronto a dare il suo appoggio solo a tregue e cessate il fuoco che "portino a un accordo di pace globale"; è disposto a offrire sostegno al Paese invaso da Mosca tre anni fa tramite "solide e credibili garanzie di sicurezza per l’Ucraina che contribuiscano a scoraggiare future aggressioni russe"; sostiene il convinto rilancio del principio di sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina. Queste prese di posizione, ragiona Politico.eu, mostrano una continuità dell’approccio rispetto agli anni passati che però non toccano il cuore della questione: l’Europa è pronta a sostituire gli Stati Uniti in caso di disimpegno di Trump? La proposta “traccia linee rosse per i futuri colloqui di pace, chiede l'adesione di Kiev al blocco e promette futuri aiuti militari senza obiettivi specifici”, che non si è riusciti a realizzare. Politico.eu ricorda che nella giornata del summit l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Kaja Kallas ”ha tentato di radunare i Paesi dell'Ue attorno a uno sforzo per reperire almeno 20 miliardi di euro in aiuti militari da consegnare all'Ucraina nel corso del 2025”, ma “non è riuscita a ottenere un sostegno unanime”. Da segnalare, invece, che nella dichiarazione firmata senza Orban è presente invece Robert Fico, premier della Slovacchia che assieme all’omologo ungherese è il leader più vicino a Putin nell’Ue. Bratislava ha strappato l’impegno del Consiglio a sostenere la fine della disputa sul gas russo che la Slovacchia riceveva via Ucraina prima che dall’1 gennaio 2025 il contratto tra Kiev e Gazprom scadesse senza essere rinnovato: in sostanza, è come se il Consiglio Europeo, mentre si impegna a riarmare l’Ucraina contro Mosca, mettesse nero su bianco che il gas russo è pronto a tornare per non perdere l’appoggio di un Paese-chiave per il transito di aiuti verso Kiev. Non esattamente quel che si potrebbe definire una prova ferrea di forza. Unità sulla spesa militare Una dichiarazione separata da quella sull’Ucraina è stata invece approvata anche da Orban e licenziata col sostegno compatto di tutti i 27 leader dell'Ue, sostenendo la necessità di innalzare la spesa militare e dando il via libera al piano ReArm Europe proposto da Ursula von der Leyen lunedì. L’Unione Europea sosterrà la modifica della clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità per gli investimenti in Difesa: semplificando, meno controlli per più spesa in armamenti da parte degli Stati membri scorporata dal deficit. Inoltre, si proporrà uno strumento di finanziamento dal valore di 150 miliardi di euro per sostenere la spesa tramite prestiti a basso tasso d’interesse e si spingerà, come previsto, sul ruolo della Banca Europea degli Investimenti . "L'Europa deve diventare più sovrana, più responsabile della propria difesa e meglio equipaggiata per agire e affrontare autonomamente le sfide e le minacce immediate e future", si legge nel comunicato finale dei leader. Ma, nuovamente, più che di Difesa comune, parliamo di un boost generalizzato alla spesa militare dei Paesi del Vecchio Continente. Al di là del sostegno all’Ucraina non emergono fini strategici per l’Europa diversi da quelli che possono essere identificati in ambito Nato, dunque con profondo impatto statunitense. L’Ue si impegna a fare di più per la propria sicurezza, aumentando le spese: ma con che fine? Sarà proprio la risposta a questa domanda, ovvero la necessità di costruire l’adeguata strategia, a fare la differenza circa la capacità dell’Ue di impattare con le sue proposte.

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