Make Europe Great Again: la strategia europea di Trump e Musk

“Make Europe Great Again”, abbreviabile in Mega: questo lo slogan che da alcuni giorni Elon Musk promuove nei suoi post su X, il social network di cui è proprietario. Uno slogan che è un chiaro richiamo al Make America Great Again che dà il nome al movimento Maga, l’ala populista e più a destra del Partito Repubblicano divenuta egemone col presidente Donald Trump, ma anche una dichiarazione d’intenti politica. Musk scende in campo con maggior forza annunciando, per ora solo su X, che il “Mega” è pronto a diventare un “movimento” in un tweet che dall’1 al 3 febbraio è stato visualizzato da ben 82 milioni di utenti. Lo slogan è quello con cui Viktor Orban, il più trumpiano dei leader europei, ha accompagnato nella seconda metà del 2024 il semestre di presidenza ungherese dell’Ue e rappresenta il motto attorno cui chiamare a raccolta populisti e sovranisti del Vecchio Continente. Musk, da tempo, sostiene diversi movimenti nazionalisti e conservatori europei che si ritiene possano essere un’utile leva per l’amministrazione in carica al fine di operare un divide et impera nel Vecchio Continente. Il trumpismo vuole spaccare l’Ue Il mondo vicino a Trump ritiene l’indebolimento interno dell’Ue la priorità per consolidare l’obiettivo geopolitico americano di un’Europa satellite e che non abbia obiettivi di autonomia strategica in campo economico e militare. Obiettivo che, a ben guardare, non cambia al passare delle amministrazioni ma che se nell’era di Joe Biden era stato promosso con lo spauracchio del nemico comune alle porte ora è visto dalla destra Usa perseguibile riducendo la coesione comunitaria. Per farlo, gli Usa intendono muoversi sdoganando quelle forze che, fino a poco tempo fa, erano considerate impresentabili. Il clima politico europeo fa sì che le ambizioni di Musk e del mondo trumpiano non cadano nel vuoto. I partiti europei posizionati a destra del Partito Popolare Europeo guadagnano ovunque terreno e, spesso per scelta delle formazioni del Ppe, si è rotto il cordone sanitario verso le formazioni più radicali. In Austria il Partito della Libertà guidato da Herbert Kickl ha ricevuto l’incarico di formare il governo, in Belgio si è concretizzata un’analoga svolta a destra con l’ascesa del conservatore e nazionalista fiammingo Bart de Wever alla guida del Paese, in Romania il ritorno alle urne per le nuove presidenziali in primavera avverrà con lo spettro di un exploit dei sovranisti e, soprattutto, in Germania la Cdu di Friederich Merz ha contribuito a sdoganare l’ultradestra di Alternative fur Deutschland. Il caso Afd Passata sotto forma di mozione e respinta come iniziativa legislativa al Bundestag la recente proposta della Cdu di imporre una stretta sui migranti e promuovere una torsione securitaria in materia di ordine pubblico è stata pensata a meno di un mese dalle elezioni del 23 febbraio con l’esplicita intenzione di dipendere dai voti dell’Afd. Quest’ultima ha sempre subito un durissimo processo di confinamento da parte degli altri partiti tedeschi, ma ora che il voto si avvicina i popolari hanno pensato di sdoganarla con l’esplicito intento di sottrarre alla formazione di Alice Weidel il pallino del gioco su molte problematiche, dalla critica al Green Deal alla problematica dell’immigrazione e della sua gestione. Afd è seconda nei sondaggi e in crescita mentre il voto si avvicina e ha in Musk un aperto sostenitore. Il fautore del movimento “Mega” ha ospitato per una discussione Weidel sul suo profilo X e da tempo ripete che “solo Afd può salvare la Germania”. La prospettiva strategica dietro queste manovre è chiara: le destre radicali servono a indebolire l’architettura europea, indirizzare contro l’Unione Europea e i partiti della grande coalizione che la governano le rivendicazioni sovraniste serve a tenere al riparo gli Usa di Trump da qualsiasi richiesta analoga di spazio di manovra, egemonizzare il pensiero dei populisti del Vecchio Continente aumenta l’influenza di quelli d’oltre Atlantico. Le destre sovraniste sono “americane” Ormai le destre radicali europee sono plasmate a immagine e somiglianza di quelle americane di cui Trump è campione e Musk megafono: prima ancora che per i propri Paesi, annunciano di voler combattere per un generico Occidente che sarebbe minacciato da una coalizione di forze cavalcate dai movimenti progressisti; gli spauracchi contro cui lanciare strali sono molteplici, dall’ambientalismo all’onnipresente “woke”, ma tenuti sempre generici; una retorica estremamente forte è posta sul tema dell’informazione e della lotta a media che si ritengono manipolati, contro cui si esalta la libertà d’espressione che viene, inevitabilmente, fatta passare per X e le scelte di Musk; l’agenda geopolitica di queste formazioni coincide in toto con quella americana oggi dominante, sommando a una visione scettica sul sostegno all’Ucraina un netto appoggio a Israele. Fa eccezione, tra i partiti di destra in ascesa in Europa, solo il Rassemblement National di Marine Le Pen, che cavalca il tradizionale scetticismo verso l’America e l’atlantismo della destra nazionalista francese, tanto che a Parigi è Riconquista, il movimento conservatore e islamofobo di Eric Zemmour, il maggior destinatario delle attenzioni di Musk e di Trump, che l’ha invitato alla cerimonia d’insediamento. Tutte queste formazioni cavalcano, entusiaste del momento favorevole, la nuova era americana e le parole a loro favorevoli di Musk, “ministro della propaganda” del trumpismo. Sarà curioso osservare come queste ambizioni di grandezza e autodeterminazione saranno espresse quando Trump sceglierà di imporre dazi e tariffe all’Unione Europea o di pressarla per l’aumento delle spese militari. Più che rendere l’Europa “nuovamente grande”, il sospetto è che Musk e Trump la vogliano rendere, semplicemente, più americana. E i sovranisti, ironia della sorte, possono finire per essere lo strumento per far sì che ciò avvenga.

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