Metsola: "Siamo forti, l’Europa deve riscoprire la fiducia in se stessa"

“Se riusciamo a tornare sulla direzione di crescita economica allora potremmo fare di più per la sicurezza, perché i nostri cittadini in tutti i Paesi ci hanno chiesto un’Europa più sicura”. Così ha parlato ai microfoni di Sky Tg24 la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, al World Economic Forum di Davos mentre alle sue spalle la sala dove stava per collegarsi da remoto Donal Trump si riempiva. Sul futuro delle relazioni tra l’Europa e la nuova amministrazione americana, Metsola preferisce defnirsi “realista”: “Non dobbiamo essere pessimisti”, perché, dice, “siamo forti” ma “dobbiamo riscoprire la fiducia in noi e dire: noi siamo economicamente forti, possiamo fare di più. Abbiamo ascoltato i nostri cittadini quando ci hanno votato a giugno per il Parlamento europeo e in tutte le elezioni nazionali che vogliono un’Europa più sicura, dove è più facile fare business, più facile muoversi da un Paese all’altro: qualcosa che penso quest’anno possa accadere”. Qui si è parlato molto dell’aumento delle spese della difesa al 5% del Pil, una percentuale difficile per molti Paesi europei. Che cosa ne pensa? È una sfida perché tutti i Paesi hanno posizioni diverse: o prima le loro spese erano più alte - est, Paesi baltici o del nord - o ci sono altri Paesi che non hanno speso il 2% ma che devono seguire le regole. Prendo questo argomento dal lato economico. Siamo qui a Davos e stiamo parlando con gli imprenditori e con i talenti più grandi che abbiamo, stiamo parlando di competitività: se riusciamo a tornare sulla direzione di crescita economica allora potremmo fare di più per la sicurezza, perché i nostri cittadini in tutti i Paesi ci hanno chiesto un’Europa più sicura. Se l’Ucraina sta ancora sotto le bombe della Russia, dobbiamo dire tutti i giorni che questa guerra deve smettere e che la sicurezza dell’Ucraina è la sicurezza nostra. Forse è questo che non diciamo abbastanza. E non è nell’interesse dell’Unione europea che la Russia vinca questa guerra, ma non è neanche, come abbiamo visto dalla dichiarazione del presidente Trump, nell’interesse degli Stati Uniti. L’ipotesi dell’utilizzo di eurobond per sostenere la difesa europea è discussa realmente? Questa è una decisione che devono prendere i governi. Ma quando parliamo di competitività, di come il denaro può andare da un Paese all’altro, di come finanziamo i nostri progetti – sociali, di coesione, regionali - ma anche di difesa, c’è bisogno di molta più creatività, c’è bisogno di molta più cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea. Aspettiamo quanto succederà in Germania, che vota il prossimo mese, aspettiamo e vediamo. Ma quello di cui abbiamo bisogno è coraggio e leadership. È quello che anche noi chiediamo all’Italia di fare, perché servono Paesi grandi e forti nell’Unione europea. È quello che ha chiesto anche il presidente ucraino Zelensky nel suo discorso qui a Davos, un discorso forte e duro nei confronti dell’Europa. È stato un discorso forte e duro, full stop. Perché? Perché capisco la sua frustrazione: non possiamo dimenticare che tre anni fa la Russia pensava di poter prendere Kiev in tre giorni. Oggi siamo nel quarto inverno di questa guerra e gli ucraini stanno ancora lottando. Abbiamo molta speranza che possiamo trovare una risoluzione, che possiamo ritrovare la pace sul nostro Continente, una pace giusta e dignitosa, sulla quale l’Ucraina sia d’accordo perché non possiamo decidere qualcosa sull’Ucraina senza l’Ucraina: questo è qualcosa che tutti i Paesi devono capire. Per questo penso che nel suo discorso sia stato critico, ma che il discorso fosse anche un appello, di aiuto.

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