Trump potrebbe cancellare i dati sul cambiamento climatico degli Stati Uniti

Cosa succederebbe se i dati che dimostrano e raccontano i cambiamenti climatici raccolti dagli enti statunitensi venissero semplicemente cancellati? Archivi da migliaia di record spenti, ricerche interrotte, serie storiche alterate. Non è la trama di un sofisticato film di fantascienza sulla crisi climatica, ma una realtà possibile, con il secondo mandato di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. D’altronde, in pochi giorni di insediamento sono sparite pagine web dedicate ai diritti riproduttivi, la versione in spagnolo del sito della Casa Bianca non è più disponibile ed è stato rimosso un disclaimer che prometteva di renderlo accessibile alle persone con disabilità. Mentre scriviamo, il sito della Environmental Protection Agency , la principale agenzia federale per la protezione dell’ambiente e la salute umana, è ancora online, ma non sappiamo per quanto. Non è un mistero che per Trump il cambiamento climatico sia una “bufala” e già tra il 2016 e il 2021 le informazioni sul tema sparirono dai siti web federali. Con i tagli al personale indicati nel piano di efficienza, coordinato, tra gli altri, da Elon Musk, le agenzie federali che si occupano di ambiente potrebbero non aver più le risorse necessarie per portare avanti i piani di ricerca. Già i primi ordini esecutivi lasciano intendere quali siano le intenzioni di questa amministrazione: sono stati rilanciati petrolio e gas come fonti approvvigionamento, è stato annunciato il ritiro di Washington dagli accordi sul clima di Parigi e il nuovo presidente eletto ha deciso di interrompere tutti i fondi promessi ai Paesi in via di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico, come ben racconta il giornalista Nicolas Lozito nella sua newsletter dedicata al clima. D'altronde, era tutto previsto dal Project2025, il documento programmatico per il futuro leader del Partito Conservatore, scritto nel 2022, in cui viene esplicitamente citata la cancellazione di enti come il National Oceanographic and Atmospheric Administration , ma anche che la riorganizzazione del Global Change Research Program e tutti i programmi di ricerca collegati per renderli meno legati al “fanatismo climatico” dell’amministrazione Biden. Durante il primo mandato, secondo una ricerca dell’Environmental Data & Governance Initiative , il governo Trump ha provato a modificare la narrazione sul clima eliminando termini chiave e sotto finanziando la ricerca: tra il 2016 e il 2020 c’è stata una diminuzione del 38% nell'uso del termine "cambiamento climatico" e la rimozione di circa il 20% del contenuto dal sito dell'Epa. Le azioni di guerrilla per salvare i dati Come indicato dal Project2025 le azioni da portare avanti riguardano anche tagli al personale e al budget, e minacciano non solo il tipo di dati che il governo condivide, ma anche la possibilità di raccoglierli e organizzarli. L’Epa, dicevamo, è ancora online, e tra i progetti portati avanti c’è EJScreen, un portale che consente di esplorare gli indicatori socioeconomici e ambientali di una specifica area, come la percentuale di persone non bianche, famiglie a basso reddito o cittadini con conoscenza limitata dell'inglese. Ma cosa succederebbe se venisse interrotto? O se i dati non fossero più raccolti in modo disaggregato, nell’obiettivo di cancellare le minoranze? Bisogna passare alla “resistenza”. Come raccontato da The Verge, durante il precedente mandato di Trump gli enti di ricerca si sono organizzati per provare a salvare quanti più dati possibili, attivando azioni collettive di guerrilla archiving per preservare i dati pubblici da rimozioni o alterazioni dovute a scelte politiche. Gli eventi di guerrilla hanno attirato centinaia di volontari in tutti gli Stati Uniti e in Canada, che hanno aiutato a identificare e salvare le serie di dati ambientali. A ogni evento di archiviazione i volontari hanno identificato gli indirizzi web più importanti e hanno stabilito se era necessario eseguire un backup manuale o se potevano essere raccolti dall'organizzazione non profit Internet Archive, che archivia la cronologia delle modifiche apportate ai siti web nel corso del tempo. È stata avviata anche una collaborazione con End of Term Web Archive, un'organizzazione che salva i contenuti dei siti web governativi prima di ogni transizione presidenziale e li rende pubblicamente disponibili attraverso Internet Archive, e con i ricercatori dell'Università della Pennsylvania, che conservano ancora i dati che dovevano essere archiviati manualmente. Secondo Gretchen Gehrke, cofondatrice di Edgi e responsabile del programma di monitoraggio dei siti web, questa volta potrebbe andare anche peggio del precedente mandato: “Potremmo assistere alla cancellazione massiccia di dati, ma anche al loro deterioramento, perché non vengono gestiti attivamente o diventano inaccessibili”. Certo, possiamo ancora contare sul lavoro di enti come Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell'Unione europea, o delle Nazioni Unite, ma la ricerca si basa anche sulla collaborazione e la condivisione dei dati. E poi, sulla pubblicazione delle informazioni a favore della cittadinanza. Ma su questo punto c’è poco interesse da parte dei conservatori. Almeno, dopo l’esperienza del guerrilla archiving, dovrebbero essere più preparati anche i ricercatori e le ricercatrici: salvare i dati, oltre che raccoglierli, a questo punto farà parte della nuova strategia per contrastare la crisi climatica.

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