E se Musk comprasse davvero TikTok?

Per ora è solo una suggestione, molto aleatoria e altrettanto fumosa. Ma è stato sufficiente che Bloomberg lanciasse la notizia per infiammare l’infosfera digitale e per spingere analisi e studiosi dei social media a commentarla. Secondo le fonti che hanno ispirato l’articolo, ByteDance starebbe seriamente pensando, come alternativa al possibile rigetto del ricorso presentato alla Corte Suprema Federale contro l’obbligo di vendita a un investitore americano, di cedere a Elon Musk il ramo azienda di TikTok negli Stati Uniti. Per la verità, un portavoce dell’azienda si è affrettato a smentire la notizia definendola una pura invenzione. Però, a questo punto, in attesa della sentenza dei giudici federali e provando a fare delle analisi predittive mettendo in fila episodi e post pubblicati negli ultimi giorni, diventati oramai rivelatori delle reali intenzioni dei leader e degli imprenditori, è possibile costruire delle ipotesi. Per ora, restano ovviamente delle semplici teorie, frutto esclusivo della mia immaginazione, lo scrivo chiedendo in anticipo scusa al lettore, non per questo sono prive di valore e di una prospettiva. Intanto, c’è da dire che essendo una via di fuga alternativa e imposta dalle decisioni giurisdizionali, è inevitabile che questa soluzione, se fosse stata avanzata, lo avrebbero prima concordato con il governo cinese. Nessuno, infatti, può pensare che una siffatta variabile non abbia prima avuto il placet dei massimi rappresentanti cinesi, anche considerando il legame di Elon Musk con il presidente eletto Donald Trump e il suo ruolo di influenza sulla nuova amministrazione a stelle e strisce. Adesso, se questa ipotesi, che i cinesi renderebbero pubblica solo se costretti, può essere in qualche misura vantaggiosa anche per Pechino, che in una prima fase salverebbe così una comunità di 170 milioni di iscritti e continuerebbe a avere le mani sui dati comportamentali degli utenti. Al momento, Musk ha preferito, secondo una strategia embedded già vista in altre occasioni, sostenere apertamente TikTok e in post pubblicato questa mattina dall’account X DogeDesigner, ha ripreso una sua vecchia dichiarazione rilanciandola: “TikTok non dovrebbe essere vietato degli Stati Uniti, anche se tale divieto potrebbe avvantaggiare X. Farlo sarebbe contrario alla libertà di parola e di espressione. Non è ciò che l’America rappresenta”. Intanto, più si avvicina il momento della scelta della Corte Suprema che potrebbe di fatto sentenziare la chiusura di TikTok, più stanno crescendo i download di un'altra app cinese, Xiaohongshu, conosciuta come RedNote, che nelle ultime settimane sta registrando un numero consistente di nuovi iscritti. Qualora, questa inattesa cessione a Musk dovesse andare in porto, è impossibile non iniziare a ragionare sul rovescio della medaglia che questa farebbe emergere: intanto il disegno MAGA di Donald Trump troverebbe una prima, ma non secondaria, applicazione proprio guardando alle piattaforme social. Infatti, con la pace sancita tra il presidente e Mark Zuckerberg, che ha versato anche un milione di euro al Comitato per l’inaugurazione, le maggiori piattaforme di social sono nel pieno controllo di imprenditori americani: da Facebook a Instagram e passando per WhatsApp, senza dimenticare appunto X e Youtube, ma anche Truth – di cui è proprietario proprio Musk – a Reddit. Una concentrazione non indifferente se aggiungiamo anche TikTok America. Infine, altro elemento da tenere in considerazione, è che in questo caso, avremo nel breve un ambiente diffuso in cui le principali piattaforme hanno volontariamente rinunciato alla mediazione dei contenuti, alle attività di fact–cecking con tutto ciò questo comporterebbe per l’eco-sistema socia.

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