Leader in ascesa e Paesi chiave: cosa dobbiamo osservare nel 2025

Il 2024 in via di conclusione è stato un anno di grandi cambiamenti geopolitici, economici, istituzionali, complice l’ampiezza delle rivalità tra potenze e delle tornate elettorali che sono andate in scena in tutto il mondo. Quali saranno i trend da osservare nel 2025 sul fronte politico internazionale? Tra Stati in ascesa, contesti critici e cambiamenti continui, abbiamo identificato cinque figure e cinque Paesi da osservare da vicino per capire come potranno cambiare molti scenari, in Europa e non solo. Molte figure politiche di peso in ascesa mirano ad assumere un ruolo prominente sia sul contesto dei propri Paesi che negli scenari internazionali, incarnando o amplificando trend in via di sdoganamento in diversi contesti. Al-Jolani e la sfida del governo della Siria Non si può non partire da una delle figure più discusse e attenzionate delle ultime settimane, Abu Mohammad al-Jolani, al secolo Ahmad al-Shara, nome con cui ultimamente è tornato a farsi chiamare. Meno di un mese fa, era il leader di un gruppo dell’opposizione siriana, Hay’at Tahrir al-Sham, e il governante della piccola regione attorno alla città settentrionale di Idlib, oltre che un ricercato internazionale per terrorismo. Ora è l’uomo più potente del Paese dopo che Hts è stato decisivo nell’offensiva che ha fatto collassare in dieci giorni il regime di Bashar al-Assad, il suo fedelissimo Mohammad al-Bashir guida un governo di transizione formato da esponenti di Hts e nel 2025 mira a riportare la Siria nell’alveo internazionale trasformandosi da jihadista a uomo di governo. Il 42enne al-Jolani sta facendo da settimane esercizio di moderatismo: il 2025 sarà cruciale per capire se la sua Siria potrà essere davvero un Paese plurale, o se in Hts prevarranno le spinte radicali. Alice Weidel e l’ascesa di Afd in Germania A febbraio sarà invece il momento della verità per Alice Weidel, leader della destra radicale tedesca di Alternative fur Deutschland. Weidel, con un passato come consulente finanziario, mira a presentarsi come un’esperta in questioni economiche e fiscali per rinverdire con un volto “tecnico” il populismo del suo partito e propugnare la minaccia degli immigrati non solo allo stile di vita tedesco ma anche alle finanze del Paese, alla sua stabilità economica, al suo futuro. Afd sfiora il 20% nei sondaggi e potrebbe esser la seconda forza del Paese dietro la Cdu. Soffiando sul malcontento economico e sociale, Weidel è diventata una figura di punta e di recente ha anche incassato l’endorsement del suo partito da parte del “guru” delle destre globali, Elon Musk. Pierre Poilievre, lo sfidante di Trudeau che sogna un Canada di destra Da un voto all’altro, chi invece cercherà di conquistare il potere è Pierre Poilievre, 45 anni, esponente di punta del Partito Conservatore Canadese e dal 2022 leader dell’opposizione a Justin Trudeau. Nei sondaggi i liberali di Trudeau sono dati ampiamente sotto i conservatori, che conducono con circa il 45% dei consensi potenziali contro il 20% della formazione di Trudeau. La corsa al voto sarà ancora lunga ma ci sono le premesse perché Poilievre possa esser il prossimo primo ministro del Paese dopo che per anni ha costruito una solida base di consenso, distinguendosi per carisma e abilità comunicative. Uno dei punti centrali del suo programma è rappresentato dalle politiche economiche: Poilievre si è fatto promotore di una visione conservatrice improntata su tagli fiscali, riduzione del deficit e limitazione dell’intervento statale nell’economia. Poilievre ha assunto inoltre posizioni sempre più conformi a quelle del leader Usa Donald Trump su altri cavalli di battaglia conservatori, rendendo il primo ministro bersaglio di attacchi sulle politiche climatiche e migratorie. Se il Canada dovesse passare a destra, sarebbe un ulteriore tassello del G7 a scivolare nel campo conservatore. E visto il vantaggio di Friederich Merz in Germania, è altamente probabile che a fine anno siano solo Regno Unito e Francia a non avere leader conservatori o di destra sovranista tra i sette grandi dell’Occidente. Argentina, per Javier Milei sarà l’anno della verità In Sud America, invece, sarà Javier Milei la figura maggiormente da tener d’occhio. Per il capo di Stato argentino il 2024 è stato un anno sull’ottovolante, in cui ha acquisito grande visibilità e influenza sul mondo della destra globale, da Giorgia Meloni a Donald Trump, e in patria ha spinto un’ampia serie di riforme volte a domare l’inflazione e tagliare la spesa pubblica. Milei ha imposto tramite decreto un’agenda di austerità che ha, a duro prezzo, portato Buenos Aires a conoscere il calo dell’inflazione mensile dal 20 al 2% in un anno e rafforzato notevolmente la valuta nazionale, il peso, a prezzo di una dura crisi sociale: aumento della povertà oltre il 50% e calo del Pil reale hanno accompagnato la stretta di Milei. La scommessa del presidente è che questa cura da cavallo possa e debba essere la premessa per una nuova era di crescita economica trainata dalla maggiore appetibilità del Paese per i mercati internazionali, ragion per cui dopo lunghe titubanze Milei ha anche dato il via libera alla firma dell’accordo commerciale tra l’Unione Europea e il Mercosur. Ora per l’ex tribuno televisivo, già economista al World Economic Forum, arriverà il momento della verità. Milei ha annunciato la necessità di attrarre investimenti fino a 50 miliardi di dollari nel Paese spingendo per una nuova corsa alle materie prime dell’Argentina , per il varo di un piano di costruzioni di centrali nucleari e per il lancio di una serie di proposte liberalizzatrici sul fronte fiscale: calo dell'imposta sul reddito dal 35 al 25%, dimezzamento della tasa sui dividendi aziendali, eliminazioni graduali delle tasse sulle esportazioni. Una scommessa che Milei mira a vincere per mostrare la presunta bontà della sua agenda economica, ma che ad oggi è da ritenere ampiamente azzardata: i definanziamenti alle infrastrutture, alla ricerca e agli investimenti dello Stato hanno ridotto la capacità del Paese di garantire un mercato efficiente, e problemi sociali legati all’aumento della povertà e delle disuguaglianze non sono da escludere. A fine anno Milei avrà un test chiave nelle elezioni legislative di metà mandato in cui il suo partito, La Libertà Avanza, cercherà di conquistare posizioni in Parlamento. Sarà un termometro per capire come sarà andato l’anno della verità per il presidente argentino. Lee Jae-myung e il futuro della democrazia sudcoreana Lee Jae-Myung, leader del Partito Democratico di opposizione in Corea del Sud, è uno dei protagonisti più influenti del panorama politico attuale nel Paese. Dopo aver guidato il processo politico che ha portato alla messa in stato d’accusa del presidente Yoon Suk Yeol, accusato di tentare un colpo di stato con l’imposizione della legge marziale il 3 dicembre scorso, Lee è oggi il leader partitico più influente in Corea del Sud. L’avvocato 61enne, celebre per le sue campagne anticorruzione e già sindaco di Seongnam si trova sempre più vicino alla presidenza sfiorata nel 2022 e persa di stretta misura contro Yoon. La crisi del Partito del Potere del Popolo, di stampo conservatore, rafforza ulteriormente la sua posizione, con i sondaggi che lo vedono in testa nel caso di elezioni anticipate qualora la Corte Suprema confermasse la rimozione di Yoon. Lee rappresenta una classe progressista che punta su riforme sociali, investimenti in welfare e sanità, e un’agenda economica socialdemocratica. A livello internazionale, propone dialogo con la Corea del Nord, sostenendo che con le dovute garanzie diplomatiche Pyongyang potrebbe addirittura procedere alla de-nuclearizzazione e un riequilibrio rispetto all’influenza statunitense. La sua leadership progressista e l’abilità nel mobilitare il Parlamento lo rendono una figura centrale per il futuro politico del Paese, mentre le sue visioni sugli equilibri della regione sono orientate a un atteggiamento distensivo in controtendenza con i venti di riarmo e conflittualità che animano lo scenario del Pacifico. Per questa ragione la sua marcia in un Paese che è ormai una grande potenza economica e diplomatica potrebbe rappresentare un fattore di ampia portata nell’anno a venire.

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