Chi è Lee Jae-myung, il possibile nuovo presidente della Corea del Sud

Lee Jae-myung è il politico più in ascesa della Corea del Sud. Dopo il tentativo del presidente Yoon Suk Yeol di imporre la legge marziale nella giornata del 3 dicembre, il leader del Partito Democratico di opposizione è stato il protagonista del processo che ha portato alla messa in stato d'accusa del capo dello Stato da parte del Parlamento. Nato ad Andong, nel centro del Paese, nel 1963 da giovane impegnato come agricoltore e operaio in diverse aziende nella città Seongnam e della capitale Seul, laureatosi in Legge e affermatosi come avvocato per i diritti civili e la lotta alla corruzione, Lee è entrato in politica nel 2005. Dal 2010 al 2018 è stato sindaco di Seongnam. Ora, con la prospettiva di un’estromissione del presidente e di un declino elettorale del suo Partito del Potere del Popolo di stampo conservatore, Lee vede la possibilità di avvicinarsi al governo e, in caso di destituzione di Yoon, di conquistare quella presidenza che al voto del 2022 gli è sfuggita per un’incollatura. Allora, l’attuale capo di Stato oggi sospeso vinse col 48,6% delle preferenze contro il 47,8% dell’ex operaio divenuto simbolo della classe progressista. Oggi il Pdc sogna il ritorno al potere dopo la fine della presidenza di Moon Jae-in e Lee di prendersi la rivincita dopo un biennio complesso in cui ha accusato Yoon di aver scatenato contro di lui una vera e propria persecuzione giudiziaria. Il braccio di ferro Lee-Yon Nel 2022 la magistratura ha aperto contro Lee diverse inchieste per donazioni ricevute durante il suo mandato da sindaco, nel marzo 2023 e è stato incriminato per corruzione, abuso di potere, abuso di fiducia e conflitto di interessi e arrestato nella giornata del 21 settembre su mandato del ministero della Giustizia di Seul con l'accusa di aver contrabbandato 8 milioni di dollari in Corea del Nord. Accuse che la Corte distrettuale della capitale avrebbe archiviato una settimana dopo. Un mese fa è stato condannato nella capitale a un anno di reclusione, con pena sospesa, per aver mentito in campagna elettorale dichiarando di non conoscere un imprenditore di Seongnam al centro di un caso di corruzione per un progetto di sviluppo immobiliare. Lee ha sempre negato ogni accusa e scatenato contro Yoon e il Ppp una “contro-guerriglia” parlamentare con richieste di impeachment contro alti funzionari del governo, amplificatesi dopo la vittoria alle elezioni parlamentari in primavera. A gennaio poi è scampato a un tentativo di assassinio a Busan quando un uomo lo ha accoltellato mentre faceva campagna elettorale. Nelle ultime settimane prima del tentato golpe del presidente il Pdc aveva fatto continuamente ostruzionismo alle politiche di Yoon e aveva iniziato a promuovere contro-proposte su ogni fronte: i progressisti chiedevano maggiori investimenti pubblici in sanità, istruzione, welfare; attaccavano Yoon sul fronte della politica estera, accusandolo di spingere eccessivamente sulle tensioni con la Corea del Nord e di un atteggiamento ostile verso la Cina; promuovevano continue mozioni di sfiducia contro i ministri. Quando il capo di Stato ha agito dicendo che la “dittatura legislativa" del Parlamento era una delle motivazioni che l’hanno spinto a imporre la legge marziale, il tentativo di prendere il controllo del Paese è stato in realtà il miglior assist possibile per Lee e i suoi. Un'agenda di rottura Secondo Lee, Yoon è rimasto vittima di un meccanismo di uso delle istituzioni per vendette personali da lui stesso incentivato. Al New York Times ha detto che “il risultato di questo ciclo infinito di vendetta politica è la guerra civile". Aggiungendo: "Il presidente ha la responsabilità di usare il suo potere per unificare la nazione, non come strumento per sfogare emozioni o promuovere i suoi interessi personali". Adesso il leader dell’opposizione percepisce vicina una seconda, forse irripetibile, occasione per conquistare la Casa Blu, storica sede della presidenza di Seul: qualora Yoon venisse deposto dalla Corte Costituzionale nei prossimi sei mesi, la Corea del Sud andrebbe al voto in un contesto che vede Lee in testa in tutti i sondaggi. Il Pdc si presenta alla battaglia politica per il futuro del Paese con proposte di radicale rinnovamento: al contrario di Yoon e del Ppp, fautori di un’agenda neoliberista in politica economica e del forte contenimento dei rivali regionali, Lee e i progressisti hanno visioni socialdemocratiche e laburiste in campo economico e sul fronte geopolitico spingono per il dialogo con la Corea del Nord, proponendo un allentamento delle sanzioni in cambio della de-nuclearizzazione e il contenimento della presenza militare statunitense nel Paese. Il colpo di testa di Yoon potrebbe, in prospettiva, creare grandi stravolgimenti non solo nella politica sudcoreana ma anche sul posizionamento regionale di Seul. Il futuro del Paese sarà, dunque, un fatto d’interesse regionale, specie se la prospettiva di una presidenza dialogante prendesse seriamente piede tre anni dopo la fine dell’esperienza di Moon Jae-in, l’ultimo a credere nello strumento della diplomazia verso Kim Jong-un.

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