Francia, Bayrou al bivio: dialogo con Le Pen o apertura a sinistra?

Nuovo governo, vecchie sfide per la Francia di Emmanuel Macron: l’avvicendamento tra Michel Barnier e François Bayrou, si è svolto nella continuità della formula politica scelta dall’inquilino dell’Eliseo per provare a governare la grave crisi politica ed economica del Paese. Dopo il 70enne moderato Barnier, entra in campo il 73enne centrista Bayrou, veterano della politica e leader del Movimento Democratico , parte integrante della coalizione presidenziale Renaissance. Dopo la nomina, Bayrou si è subito messo al lavoro per formare la sua squadra di ministri e mediare con le forze politiche il programma di governo. Lo schema è chiaro: consolidare una coalizione centrista estesa ai gollisti di Les Républicains per dar vita a un governo di minoranza che negozi poi all’Assemblea Nazionale sulle varie misure, a partire dalla sfida fondamentale della riduzione del deficit e del completamento della manovra di bilancio. Ancor prima che si conoscano i nomi dei futuri ministri, il primo ministro prova a capire se il suo governo potrà operare efficacemente. La principale discontinuità che Bayrou cercherà di imporre sarà legata al metodo: un confronto continuo e serrato coi partiti che è iniziato nello stesso momento in cui l’ex candidato all’Eliseo ha iniziato le sue consultazioni. L’apertura di Le Pen a Bayrou Non è sfuggito a molti osservatori il fatto che i primi ad essere ricevuti all’Hotel de Matignon, sede della presidenza del consiglio dei ministri, siano stati i leader del Rassemblement National, Jordan Bardella e Marine Le Pen. I leader sovranisti hanno commentato la nomina di Bayrou dichiarandosi non pregiudizialmente contrari nei suoi confronti e dopo il vertice con il primo ministro, Le Pen ha detto di “apprezzare la capacità d’ascolto” del capo del governo e notato positivamente il fatto che questi “vorrebbe avere appuntamenti regolari con i partiti politici”. “Penso che questo metodo sia più positivo”, ha notato la tre volte candidata alla presidenza, lasciando presagire che il Rassemblement cercherà di essere protagonista delle negoziazioni politiche. Le Pen e Bardella mirano a far passare una proposta di rafforzamento dei controlli sull’immigrazione e ad avviare una riforma costituzionale verso il superamento del sistema maggioritario alle elezioni parlamentari. Un ritorno al sistema proporzionale è stato a lungo proposto da Bayrou, che lo auspicava sperando di poter ritagliare al Modem uno spazio tra il campo gollista e il Partito Socialista. Nella Francia odierna il maggior sostenitore del sistema è il partito della Le Pen, che è ampiamente il maggiore in termini di consensi ma al voto di luglio ha subito diverse sconfitte ai ballottaggi in diversi collegi per l’accordo di desistenza tra il campo macroniano e la sinistra del Nuovo Fronte Popolare. Le richieste della sinistra La destra radicale ha in Bayrou un interlocutore potenzialmente più attento di Barnier su questo dossier, e Le Pen ha proposto di iniziare le discussioni sul proporzionale subito dopo l’approvazione del bilancio. Alle aperture di Le Pen si contrappongono, invece, le critiche de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Il partito più radicale del Nuovo Fronte Popolare ha escluso ogni partecipazione agli esecutivi scelti da Macron finché a esser nominato non sarà un esponente della coalizione di sinistra, prima per numero di seggi ma senza maggioranza assoluta dopo le elezioni di luglio. Verdi, socialisti e comunisti non hanno escluso spazi di collaborazione, chiedendo però a Bayrou lo stop a qualsiasi apertura a destra: Politico.eu nota che le tre formazioni del Nfp hanno chiesto a Bayrou “l'impegno a non utilizzare l'articolo 49.3, un controverso meccanismo costituzionale che consente ai governi di approvare leggi senza il voto parlamentare, nonché l'impegno a non introdurre un nuovo disegno di legge sul contrasto all'immigrazione e l’inizio di un percorso di revisione della controversa riforma delle pensioni, che ha innalzato l'età minima pensionabile da 62 a 64 anni”. Il sentiero stretto del nuovo premier Proposte impegnative che aprirebbero di fatto alla prospettiva di un governo di centro-sinistra ma che appaiono oltremodo complesse da realizzare per tre ordini di ragioni: in primo luogo, la volontà di Bayrou di non perdere il sostegno del centrodestra gollista; in secondo, il rischio di andare in controtendenza con l’agenda dell’Eliseo sulle pensioni; infine, la percezione che qualsiasi passo indietro sull’immigrazione sarebbe solo un regalo nei consensi per Le Pen, come dimostra la volontà di Bayrou di confermare al suo posto il gollista Bruno Retailleau, ministro dell’Interno con una posizione di tolleranza zero su crimine e controllo dei flussi in entrata. Qualsiasi scelta politica comporta dei rischi, in un contesto che vede la politica francese sempre più frammentata. Il navigato politico centrista, dal 2014 sindaco di Pau e più volte deputato e ministro, ha dichiarato al momento dell’insediamento che mira a costruire una squadra di governo “formata da persone esperte” che “miri a risolvere i problemi del Paese” facendo sì che l’autorevolezza delle figure che lo compongano aiuti a rafforzare la tenuta dell’agenda dell’esecutivo. I nomi sui possibili componenti del governo si rincorrono, e tra questi spiccano quelli degli ex commissari europei Pierre Moscovici e, soprattutto, Thierry Breton , dati in lizza per posizioni ministeriali. La sensazione, però, è che comunque vada sarà una navigazione a vista e che Bayrou dovrà evitare passi falsi e spingere sulla linea della negoziazione serrata con i partiti, tenendosi alla larga da quel decisionismo che Barnier ha provato a imporre e che ha posto fine alla sua esperienza di governo.

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