Presidenziali in Romania: tutto da rifare

In Romania le elezioni presidenziali sono da rifare. La Corte Costituzionale di Bucarest ha infatti annullato il primo turno del voto per l’elezione di un nuovo capo dello Stato, contestando una presunta ingerenza straniera nella campagna elettorale, diretta a favore di Calin Georgescu, candidato indipendente ultranazionalista che ha chiuso a sorpresa in testa il primo turno. La Corte si è espressa dopo che nei giorni scorsi il Servizio segreto rumeno aveva pubblicato documenti che mostravano anomali movimenti di profili TikTok a favore di Georgescu nelle due settimane precedenti il voto del 24 novembre. Il pronunciamento, soprattutto, giunge a due giorni dal ballottaggio in cui Georgescu avrebbe dovuto affrontare la seconda classificata, Elena Lasconi, candidata dell’Unione per la Salvezza della Romania, partito liberale di centrodestra con una piattaforma anti-corruzione. Georgescu aveva conquistato oltre 2,2 milioni di voti e circa il 23% dei suffragi, il quadruplo di quanto gli attribuissero i sondaggi, contro il 19% della Lasconi al primo turno. Il Sri, in documenti che il presidente uscente Klaus Iohannis ha accettato di rendere pubblici, ha fatto notare che nelle due settimane precedenti circa 25mila account, solo 800 dei quali precedentemente esistenti, si sarebbero attivati per diffondere su TikTok propaganda favorevole a Georgescu. Le accuse-choc alla campagna di Georgescu L’ex funzionario Onu divenuto esponente populsta, neonazista e apertamente antisemita nel corso della sua campagna aveva più volte criticato l'Unione Europea e la Nato, accusando entrambe di danneggiare la sovranità rumena. E se Bruxelles è tacciata di diffondere propaganda contraria ai valori rumeni, di promuovere un ambientalismo ideologico e di voler impoverire la Romania, la Nato – nei discorsi di Georgescu - è criticata per essere “guerrafondaia” e di provocare la Federazione Russa. “I documenti rumeni declassificati sostengono che influencer pagati, insieme a membri di gruppi estremisti di destra e persone con legami con la criminalità organizzata, hanno promosso la candidatura di Georgescu online”, nota Politico.eu. "Le attività degli account sospetti avrebbero potuto essere coordinate da un attore statale", suggerisce un documento del Sri pubblicato sul sito della presidenza rumena, in cui il nome della potenza che avrebbe condizionato le elezioni non è menzionato, ma è chiaramente intuibile: la Russia di Vladimir Putin. Un’ulteriore dimostrazione della possibile mano di Mosca è data da un’ informativa compilata dal ministero degli Interni della Romania, in cui si afferma che diverse quanto opache società di digital marketing, spesso vere e proprie entità fantasma, avrebbero offerto a diversi influencer di sponsorizzare a pagamento la candidatura di Georgescu, pagando per ogni post un valore equivalente di 80 euro ogni 20mila follower su TikTok e le altre principali piattaforme. Un’analoga manovra è stata denunciata nel recente voto moldavo dal governo della presidente Maia Sandu come prova dell’infiltrazione di Mosca. Un salto nel buio per il Paese? Come prevedibile, la decisione della Corte Costituzionale è stata accolta in maniera contrastata. Il primo ministro Marcel Ciolacu, esponente del Partito Socialdemocratico eliminato al primo turno presidenziale, ha approvato la decisione del tribunale supremo di Bucarest, mentre Georgescu ha denunciato un vero e proprio “colpo di Stato”, così come George Simion, leader del partito di estrema destra Aur che al primo turno è arrivato quarto col 14% e al ballottaggio avrebbe sostenuto il vincitore del primo turno. Durissima anche Lasconi, che sperava di attrarre su di sé i consensi dei moderati, secondo cui “ lo Stato rumeno ha calpestato la democrazia”. Lasconi da una prospettiva centrista, Georgescu da destra sono concordi nel respingere la decisione della Corte Costituzionale ritenendola funzionale a rafforzare il potere del Psd di Ciolacu e del Partito Nazional-Liberale di orientamento conservatore di Iohannis. I due partiti erano stati i grandi sconfitti al primo turno delle presidenziali e delle parlamentari di domenica scorsa. Annullando il voto presidenziale la Corte Costituzionale ha creato un precedente politico importante, contro cui si sono espressi diversi candidati che hanno raccolto, al primo turno, oltre il 55% dei consensi complessivi. La sentenza dell’intelligence gettano un’ombra sinistra sul sistema politico rumeno e mostrano quanto le democrazie europee siano vulnerabili ai nuovi tipi di “guerra ibrida” e propaganda dei regimi autocratici. Lo scenario che si apre è quello di una grande incertezza: a decidere la data delle nuove elezioni sarà il governo di Ciolacu. Il mandato di Iohannis scade il 21 dicembre e non è chiaro chi debba prendere le redini del Paese dopo quel giorno. Comunque vada per la Romania è un salto nel buio mentre la replica delle presidenziali si preannuncia tesa e velenosa.