La guerra in Siria, dalle tensioni tra clan agli interessi geopolitici

La guerra siriana, che ha avuto inizio nel marzo del 2011, è uno dei conflitti più complessi e devastanti del XXI secolo. Le sue radici affondano in una serie di cause politiche, sociali ed economiche, che sono sfociate in un’escalation di violenza che ha coinvolto non solo il Paese, ma anche attori internazionali e regionali. Per questo, oggi non ha più senso definirla una “guerra civile”. Le cause del conflitto Le cause della guerra siriana si intrecciano tra loro. Un elemento centrale è l’insoddisfazione popolare accumulata negli anni di regime autoritario sotto Bashar al-Assad, salito al potere nel 2000 dopo la morte del padre Hafez al-Assad. Sebbene inizialmente visto come una figura giovane e potenzialmente riformista, Assad ha rapidamente consolidato un regime repressivo, con una limitata apertura politica e una crescente disuguaglianza economica. Nel contesto delle primavere arabe del 2011, in cui i popoli del mondo arabo chiedevano maggiore democrazia e giustizia sociale, anche la Siria ha visto una serie di manifestazioni pacifiche. Tuttavia, la risposta violenta del governo di Assad alle proteste è stata brutale: l’uso di forze di sicurezza contro i manifestanti ha scatenato una spirale di violenza che ha rapidamente degenerato in un conflitto armato su vasta scala. Le tensioni settarie tra le diverse comunità religiose e etniche del Paese hanno giocato un ruolo importante nell’escalation del conflitto. Mentre la maggioranza della popolazione siriana è sunnita, il regime di Assad è sostenuto dalla minoranza alawita, una setta sciita, e ciò ha contribuito a polarizzare ulteriormente la società. Le richieste di maggiore autonomia da parte delle minoranze, in particolare i curdi, hanno aggiunto un ulteriore strato di complessità alla guerra. L’escalation del conflitto Ciò che era iniziato come una serie di manifestazioni popolari è rapidamente evoluto in una guerra civile su vasta scala, con l’intervento di gruppi armati e organizzazioni ribelli. Alcuni di questi gruppi erano motivati da ideologie democratiche e moderate, ma molti altri erano legati a ideologie islamiste radicali, come il Gruppo Stato Islamico e al-Qaeda, che hanno guadagnato terreno nel caos del conflitto. Nel 2012, la Siria si trovava divisa tra le forze governative, che controllavano la capitale Damasco e altre aree strategiche, e le forze ribelli, che occupavano varie regioni del Paese. Le battaglie urbane, gli assedi, e l’uso di armi chimiche sono diventati tratti distintivi del conflitto. La guerra ha attirato l’attenzione internazionale, con potenze regionali e globali che si sono schierate da una parte o dall’altra. L’intervento internazionale L’intervento internazionale ha avuto un impatto enorme sul corso del conflitto. La Russia, alleata del regime di Assad, ha fornito supporto militare diretto, inclusi raid aerei, e ha giocato un ruolo cruciale nel sostenere il governo siriano. L’Iran, attraverso le sue forze Quds e milizie alleate, ha anche fornito un supporto significativo a Bashar al-Assad, mentre il Libano, tramite il gruppo Hezbollah, ha contribuito con combattenti sul campo. Dall’altra parte, gli Stati Uniti e diverse potenze occidentali hanno sostenuto vari gruppi ribelli, sebbene l’approccio degli Stati Uniti sia stato influenzato dalla lotta contro l’ISIS. L’Occidente ha sostenuto le forze curde, che hanno preso parte alla guerra contro l’ISIS nel nord-est della Siria, ma ha anche fatto i conti con le implicazioni della politica turca, che vede i curdi come una minaccia legata al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Nel 2014, l’ISIS ha dichiarato la creazione di un califfato che si estendeva su ampie aree della Siria e dell’Iraq. Questo ha attirato ulteriori potenze internazionali, tra cui la coalizione a guida statunitense, che ha avviato operazioni militari per contrastare l’avanzata dell’organizzazione jihadista. Gli effetti umanitari Gli effetti della guerra civile siriana sono devastanti. La guerra ha causato una morte stimata di oltre 500.000 persone, con milioni di feriti e mutilati. Più di metà della popolazione siriana, che ammontava a circa 22 milioni di persone prima del conflitto, è stata costretta a lasciare le proprie case, dando vita a uno degli esodi più grandi dalla Seconda Guerra Mondiale. Attualmente, circa 5 milioni di rifugiati siriani vivono nei Paesi vicini, mentre milioni sono sfollati all’interno della Siria. Le città siriane sono state in gran parte distrutte. Damasco, Aleppo, Homs e altre città storiche sono state teatro di pesanti bombardamenti, assedi e devastazioni. L’infrastruttura sanitaria e educativa è collassata, lasciando le nuove generazioni prive di opportunità fondamentali. La violenza sessuale, il reclutamento forzato di bambini soldato e l’uso di armi chimiche sono stati utilizzati come strumenti di guerra. La situazione attuale Nonostante l’apparente vittoria del regime di Assad, che ha riconquistato gran parte del territorio, la Siria continua a essere divisa tra aree controllate dal governo, dai ribelli jihadisti, dai curdi e da altre fazioni. La provincia di Idlib, nell’ovest del Paese, è l’ultimo grande bastione dei gruppi ribelli e continua ad essere teatro di scontri. In particolare, lo abbiamo visto in questi giorni, il gruppo HTS, Hayat Tahrir al Sham, eredi di Al Quaida, sta guidando la riconquista di vaste aree di territorio, delle città di Aleppo e Hama, che sono insieme a Damasco e Homs i quattro centro urbani più popolosi del Paese. Nel frattempo, le potenze internazionali continuano a perseguire i propri interessi nella regione, con la Turchia che si oppone ai curdi e gli Stati Uniti che mantengono una presenza militare nel nord-est. La Russia e l’Iran continuano a sostenere Assad, mentre la comunità internazionale è divisa se non inerte su come affrontare la questione della ricostruzione e della riconciliazione in Siria.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

La guerra in Siria, dalle tensioni tra clan agli interessi geopolitici