Cosa è successo in Corea del Sud?

Per diverse ore ieri in Corea del Sud la democrazia ha traballato ma non è crollata. La decisione del presidente Yoon Suk Yeol di imporre la legge marziale, poi ritirata dopo un voto-lampo del Parlamento di Seul ha gettato il paese nel caos per diverse ore, mostrando l’ampiezza delle tensioni politiche interne al Paese. Tensioni che da tempo covavano sotto le ceneri del dibattito istituzionale sudcoreano e che vedevano il presidente esponente del Partito conservatore Ppp confrontarsi con l’opposizione del Partito Democratico che ad aprile ha conquistato la maggioranza dei seggi nell’Assemblea monocamerale di Seul. Per settimane Yoon ha rinfacciato all’opposizione l’ostruzionismo sulla legge di bilancio, alle riforme della sanità e del mercato del lavoro promosse dai conservatori, un atteggiamento di netta ostilità nei suoi confronti e, soprattutto, una volontà sospetta di dialogare con il Nord e fare della distensione con Pyongyang un perno della politica estera di Seul. Un braccio di ferro intenso ma che non faceva presagire un fallo di reazione tanto grave in un Paese chiave per l’economia e gli scenari strategici dell’Asia pacifica. E infatti, quando Yoon ha proclamato la legge marziale per “stroncare le attività filo-nordcoreane” e “proteggere la Costituzione” che riteneva minacciata dall’opposizione, la mossa ha colto tutti di sorpresa. Parlando al Paese nella sera coreana di martedì Yoon ha affidato al generale dell'esercito Park An-soo il compito di applicare la legge marziale: quest’ultimo ha decretato l’arresto immediato per coloro che “diffondono fake news” e vietato "tutte le attività politiche", sospendendo le riunioni dei partiti l’attività dei sindacati e le manifestazioni dei cittadini. La reazione democratica La mossa ha trovato una netta opposizione. Il Partito Democratico e lo stesso Ppp hanno fatto muro comune contro la decisione del presidente di imporre la legge marziale e votato per la sua immediata abrogazione in un Parlamento pieno di militari. Il leader politico del partito del presidente, Choo Kyung Ho, ha dichiarato di non essere a conoscenza delle intenzioni di Yoon e ha definito “uno sbaglio” imporre la legge marziale. I media, guidati dalla principale testata sudcoreana, il Chosun Iblo, hanno mantenuto una copertura indipendente sui fatti della giornata e riportato che decine di migliaia di persone sono scese in piazza protestando contro Yoon. Il presidente, nella mattinata del 4 dicembre, ha ceduto alle pressioni. Ora affronta la reale possibilità di una procedura di impeachment che nei prossimi giorni potrebbe dimetterlo dall’incarico iniziato nel 2022. La rapida conclusione del tentativo di golpe da parte di Yoon lascia molti interrogativi aperti. Primo fra tutti perché il capo di Stato di una potenza economica globale, a ordinamento democratico, membro del G20 e con un importante capitale in termini di soft power abbia compiuto una mossa tanto improvvisa. I media sudcoreani ipotizzano un ruolo del ministro della Difesa Kim Yong-hyun. Kim, ricorda il Korea Herald, “è un ex generale dell'esercito a tre stelle“ che “ha svolto un ruolo di primo piano nel trasferimento dell'ufficio presidenziale nell'edificio del Ministero della Difesa Nazionale a Yongsan e in seguito è stato nominato direttore del Servizio di sicurezza presidenziale” prima dell’ascesa a ministro avvenuta a settembre. I dubbi sulle motivazioni In ogni caso la decisione del presidente non appare giustificabile. Se da un lato, non c’erano prove che esponenti dell’opposizione tramassero ai danni della sicurezza nazionale, dall’altro, appare sempre più probabile che il presidente abbia giocato la carta della legge marziale per tagliare fuori le opposizioni e far avanzare un’agenda di governo finora in difficoltà, valsa a Yoon un record negativo di popolarità, inferiore al 20%. Guido Alberto Casanova di Ispi sottolinea che la mossa di Yoon è difficile da comprendere anche alla luce del fatto che “il presidente e il suo partito avevano cercato di rafforzare il dialogo con l'opposizione per permettere l'approvazione di quelle misure necessarie per il bene del paese”. Un dialogo che evidentemente non deve aver soddisfatto le aspettative del presidente, che dunque è ricorso a una soluzione estrema come la legge marziale per provare a sopraffare l'opposizione. Ne è emersa una manovra al tempo stesso, “autoritaria e amatoriale" nota Casanova: “Autoritaria per la violazione dei diritti fondamentali che Yoon ha provato a imporre e "amatoriale perché il presidente si è lanciato in questa follia completamente impreparato e, a quanto risulta, su semplice consiglio del ministro della difesa e nessun consenso nel governo". Malconsigliato, in guerra aperta con l’opposizione e desideroso di imporre l’autorità della sua carica, Yoon si è scontrato con gli anticorpi democratici della Corea del Sud. Ed è finito sotto scacco: una lezione importante sulla tenuta di sistemi democratici che, messi alla prova, devono mostrare di saper reggere nella loro interezza. In Corea del Sud è stato così. E ora, in un contesto che ha spesso visto gli ex presidenti affrontare problemi giudiziari dopo la fine dei loro mandati Yoon, “si è giocato la carriera politica - conclude Casanova – e forse molto di più”.

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